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Sconsigliato presentare SCIA su immobili con sanatorie o condoni pendenti

O meglio: molto sconsigliato mettere le mani su immobili la cui consistenza legittima non è ben chiara

Cari colleghi tecnici, sappiate che presentare pratiche edilizie su questo tipo di immobili è come giocare alla roulette russa.

C’è infatti il serio rischio che la procedura di sanatoria o condono non vada a buon fine per diversi motivi, primo tra tutti la sopravvenienza di vincoli , o il diniego dei pareri o nulla osta comunque denominati.

Alcuni esempi: ne parlo in un video pubblicato su YouTube (clicca qui), però ammettiamo che per una qualche ragione sia stato imposto un nuovo vincolo paesaggistico con un bel decreto ministeriale, per notevole interesse pubblico.

Magari l’edificio, una villetta unifamiliare, realizzata negli anni ’70, oggetto di domanda di condono presentata nel 1986, integrata coi necessari documenti negli anni novanta, si vede applicare appunto questo vincolo sopravvenuto.

Ammettiamo che a lor signori della competente soprintendenza neghino il parere favorevole, questo condono non s’ha da rilasciare.

Ecco: ammettiamo che il proprietario del fabbricato non ancora sanato o condonato voglia fondere le due unità immobiliari al suo interno, regolarmente accatastate.

Il professionista a cui viene proposto tale incarico deve essere consapevole che l’intervento di per sé, pur essendo pienamente conforme alla disciplina edilizia e urbanistica vigente alla presentazione, rischia di perpetuare l’abuso nell’abuso.

Come già scritto in un precedente articolo “abusi abusivi su case abusive“, presentare pratiche edilizie su immobili che ancora si trovano in “zona grigia” dal punto di vista di legittimazione urbanistica, comporta un rischio enorme.

L’elevata incertezza che il condono/sanatoria sia rilasciato nei termini ed efficacia di legge può significare anche la reazione a catena che le pratiche successive siano inefficaci.

Praticamente come effettuare una revisione ad un’automobile non immatricolata.

Fintanto che la procedura non sia completata e concretizzata con l’effettivo rilascio del Permesso di Costruire, permane l’originaria natura abusiva delle opere (Cass. Pen. III n. 30168 del 15 giugno 2017)

Ciò vale a prescindere dalla tipologia di abuso, sia oggetto di domanda di condono sia di sanatoria.

La presenza dell’abuso edilizio, piccolo o grande che sia, interrompe la continuità tra lo stato attuale e il previgente stato di legittimità.

Se l’oggetto dell’abuso riguarda interventi edilizi “pesanti” come nuova costruzione o ristrutturazione edilizia, effettuati perfino in difformità agli strumenti urbanistici, gli interventi edilizi successivi afferiscono ad uno stato non ancora oggettivamente perfezionato, sufficiente a creare i presupposti di perpetuazione dell’abuso.

La giurisprudenza ha sempre escluso la possibilità eseguire interventi soggetti a DIA (ora SCIA) su manufatti abusivi che non siano stati sanati né condonati, chiarendo che non è applicabile il regime della DIA/SCIA su tali manufatti, in quanto gli interventi ulteriori sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente (Cass. Pen. III n. 30168 del 15 giugno 2017,  n. 38495/2016, n. 8865/2016, n. 51427/2014, n. 51427 del 16/10/2014, n. 2112/2008, n. 1810/2008, n. 45070/2008, n. 21490/2006).

Le opere aggiuntive ad immobili abusivi costituiscono estensione dell’abuso edilizio (approfondimento).

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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