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Le istanze di condono edilizio, ancora non definite, sono suscettibili di essere assoggettate a nuovi vincoli, qualificabili come sopravvenuti rispetto all’esecuzione dell’opera stessa, anche nei casi in cui questa sia stata realizzata in epoca remota. Si è già detto in precedenti articoli che l’apposizione del vincolo in epoca successiva all’esecuzione dell’abuso rende necessario intraprendere la relativa procedura di richiesta di parere, nulla osta o atto di assenso, comunque denominato, da parte dell’ente preposto alla tutela del vincolo.
In ambito paesaggistico, la procedura attualmente applicata è quella dell’autorizzazione paesaggistica postuma ai sensi dell’articolo 146 del D.Lgs. 42/2004, senza tuttavia incorrere nel divieto previsto per le nuove costruzioni o per gli aumenti di volume o superficie. Tuttavia, la sopravvenienza del vincolo, pur sottoponendo l’abuso edilizio e l’immobile alla relativa forma di parere, impone anche l’obbligo di versare importi a titolo di sanzioni pecuniarie o di risarcimento del danno ambientale, come previsto dall’articolo 167, comma 5, del D.Lgs. 42/2004? Secondo un nuovo orientamento giurisprudenziale, la risposta è negativa, in quanto si afferma che:
«il nulla-osta dell’autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all’ultimazione dell’opera abusiva. Tuttavia, nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell’autore dell’abuso edilizio» (C.C. n. 75/2022, C.G.A.R.S. n. 19/2024).
Il ragionamento sotteso a tale decisione, pienamente condivisibile da parte dello scrivente, è che al momento del compimento dell’opera si configurava soltanto un illecito edilizio, ma non anche un illecito paesaggistico (ragionamento che può essere esteso anche ad altri ambiti normativi e vincolistici). Il suddetto orientamento trae fondamento dall’articolo 1 della legge n. 689/1981, il quale dispone che: «nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati.».
Essendo l’ingiunzione di pagamento impugnata una vera e propria sanzione, sarebbe illegittima qualsiasi attività riparatoria, in quanto, con il rilascio della compatibilità paesaggistica, è stato riconosciuto che l’opera arreca un lieve pregiudizio, valutato unicamente sulla base di un vincolo imposto successivamente alla realizzazione dell’abuso.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE
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