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Fiscalizzazione Abusi Edilizi

Convertire abusi edilizi in sanzione pecuniaria richiede l’oggettiva indemolibilità e pregiudizio delle porzioni regolari dell’immobile

L’attuale normativa urbanistico edilizia prevede una difficile possibilità di mantenere illeciti edilizi di tipo insanabile, mediante pagamento di sanzione pecuniaria. Questa modalità e procedura soprannominata “fiscalizzazione” non comporta alcun tipo di regolarizzazione “piena” per questi illeciti edilizi insanabili:

Intanto è utile rammentare che la fiscalizzazione dell’abuso edilizio, si formalizza dopo l’ordinanza di demolizione quale presupposto; per dirla meglio, la fiscalizzazione è un atto consequenziale all’ordinanza di demolizione e alla presa d’atto dell’impossibilità della sua demolizione senza pregiudizio delle parti legittime.

L’effettivo pregiudizio di demolibilità alle parti legittime costituisce autonoma fase successiva al procedimento sanzionatorio, e può essere compartecipata/rchiesta anche dal soggetto privato che ha interesse a dimostrare tale condizione.

La Fiscalizzazione può avere luogo in presenza congiunta delle condizioni:

Infatti se l’abuso è insanabile e indemolibile, ma non risulta anche pregiudizievole delle parti legittime, non resta che la strada della rimessa in pristino e demolizione degli abusi.

Spieghiamo quando e come dimostrare il pregiudizio statico delle parti legittime.

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Tipologie di fiscalizzazioni illeciti edilizi

Esistono diverse possibili tipologie di fiscalizzazione le quali richiedono puntuale valutazione dei singoli casi in base al DPR 380/01:

Anche in questo post devo rammentare che la fiscalizzazione ha molti limiti e controindicazioni, ne indico i principali:

Per cui è opportuno considerare la procedura di fiscalizzazione come una procedura residuale molto risicata.

Il paradosso della fiscalizzazione e “vincoli nascenti”

In un precedente approfondimento si è ragionato sul l’ipotetico quanto paradossale “vincolo di immutabilità” degli abusi fiscalizzati.

Dopo aver pagato una pesante sanzione pecuniaria a fiscalizzazione si aprono due scenari:

1. mantengo la porzione abusiva, ma in quanto tale non posso trasformarla (vedi soprastante principio Cassazione): quindi si traduce come un “vincolo di intoccabilità” eterno, non potendo fare neanche manutenzioni?

2. se faccio una opera di manutenzione straordinaria sulla parte abusiva, il Comune può emettere nuovamente un altro ordine di demolizione su di essa, già colpita da precedente ordine di demolizione fiscalizzato?

Entrambi gli scenari presentano paradossi per evidenti motivi.

Nel primo caso si va a imporre indirettamente una specie di “vincolo” sulla porzione abusiva, un vincolo pesante che arriva a impedire qualsiasi trasformazione, anche quelle manutentive. Che facciamo tra cento anni, lasciamo crollare il tetto per incuria a causa del divieto surrettizio di opere?

In termini polemici si può anche sostenere che ciò produrrebbe perfino effetti semi-espropriativi sulla porzione abusiva: infatti è stata versata una sanzione pecuniaria che spesso (per non dire sempre) supera il valore dell’opera stessa; in alcune Regioni i criteri di calcolo sono addirittura maggiorati rispetto al DPR 380/01, rendendo davvero antieconomica la fiscalizzazione.

Nel secondo caso si arriva alla riedizione o riemissione di un identico provvedimento repressivo sullo stesso oggetto, sul quale ci sono diversi argomenti per chiederne l’annullamento per duplicazione; inoltre, la possibile riemissione del provvedimento sanzionatorio repressivo porterebbe anche agli effetti del primo scenario, cioè un “vincolo di intoccabilità”.

Pregiudizio statico e inadeguabilità

Per il legislatore l’unico rimedio per il ripristino dell’equilibrio urbanistico e della legalità violati è l’eliminazione dell’opera abusiva (cfr. Cons. di Stato n. 4418/2018, n. 1484/2017).

Il Consiglio di Stato si è già espresso sulla sanzione pecuniaria di “fiscalizzazione” ex art. 34 c.2 DPR 380/01, affermando che costituisce una deroga alla regola generale della demolizione negli illeciti edilizi prevista dal precedente comma 1, non trovando applicazione invece nei casi di totale difformità dal permesso ex art. 31 DPR 380/01.

Discorso diverso invece per le altre tipologie di illeciti edilizi non demolibili e fiscalizzabili già menzionati sopra.

Molto spesso viene individuato il pregiudizio statico e strutturale quale impedimento alla demolizione e rimessa in pristino dell’immobile, proprio perchè incidente sulla sicurezza statica, strutturale e antisismica della costruzione. Ecco perchè per prassi la valutazione di impossibilità tecnica alla demolizione, basata per motivi strutturali, è quella più ricorrente.

E’ anche vero che la rimessa in pristino può risultare fattibile mediante lavori che ripristinano lo stato originario e legittimato dell’immobile senza incidere su elementi strutturali rilevanti (Cons. di Stato n. 4418/2018).

Sempre il Consiglio di Stato ha affermato che “può essere applicata solo qualora sia oggettivamente impossibile effettuare la demolizione delle parti difformi senza incidere sulla stabilità dell’intero edificio” (cfr. Cons. Stato n. 1925/2020, n. 8835/2019, n. 6658/2018).

Non ricorrono quindi i presupposti per la fiscalizzazione quando sia stata accertata la praticabilità di un intervento di rinforzo delle parti strutturali dell’edificio, in grado di consentire la demolizione delle opere abusive e scongiurando rischi di pregiudizio alle parti legittime.

In altre parole, la fattibilità di un intervento strutturale sulle parti legittime dell’edificio, atto a renderlo strutturalmente adeguato e conforme alla normativa tecnica, elimina il requisito di pregiudizio sulle parti legittime; di conseguenza elimina la seconda condizione necessaria per mantenere gli abusi con fiscalizzazione.

Esempio: la realizzazione di un piano aggiuntivo rispetto ai due sottostanti piani regolarmente autorizzato con titolo abilitativo.

Questo è il principio di massima, sul quale esprimo diverse riserve: in questo modo si intenderebbe giustificare una parziale demolizione e rimessa in pristino dell’edificio, anche abbastanza onerosa e disagevole, condizionata alla contestuale esecuzione di interventi di adeguamento.

E come tutti gli interventi di adeguamento sismico e strutturale, si devono applicare le normative tecniche e urbanistiche vigenti, rendendo necessario il deposito delle relative di deposito/autorizzazione sismica all’ex Genio Civile nonchè al Comune (Permesso o SCIA).

E quindi come la mettiamo oggi con l’obbligatoria attestazione di Stato Legittimo su immobile in simili condizioni? O meglio, sarebbe come effettuare un ripristino fedele dello Stato Legittimo dell’immobile, impostato come una sanatoria edilizia condizionata ad ulteriori opere di demolizione (parti insanabili) e consolidamento parti legittime. Che però non è ammessa nell’attuale ordinamento.

Mi sfugge qualcosa nel Testo Unico Edilizia, o si è di fronte ad un altro paradosso del DPR 380/01.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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