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Alcune tipologie di illeciti edilizi potrebbero essere escluse dal condono per tutelare i diritti civilistici di terzi
Tra i numerosi benefici ammessi dalla procedura di condono vi è la regolarizzazione di abusi edilizi effettuati in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia, senza prevedere particolari distinzioni o limiti e, pertanto, neppure verso il regime delle cosiddette distanze legali (ad esempio tra costruzioni o dai confini). Per quanto riguarda, invece, le distanze meramente civilistiche, le norme sui condoni fanno salvi i diritti di terzi (ad esempio, distanze minime delle luci e vedute).
Si è portati a pensare che il rilascio della concessione edilizia in sanatoria, tramite procedura di condono, possa regolarizzare qualsiasi profilo di irregolarità, incluso il mancato rispetto delle distanze legali, tra cui la più temuta dei dieci metri, stabilita ai sensi dell’articolo 9 del D.M. 1444/68. Nell’ambito delle distanze legali, è necessario rimarcare che il nostro ordinamento distingue due regimi, interconnessi tra loro:
- Amministrativo-urbanistico, inerente al rispetto delle distanze previste da norme edificatorie ai fini del rilascio dei titoli abilitativi, fatto salvo diritti civilistici di terzi;
- Civilistico, finalizzato a regolare le distanze nei rapporti tra vicini e frontisti, secondo quanto disposto dal Codice Civile.
Sul punto è invece opportuno segnalare l’esistenza dell’orientamento giurisprudenziale «secondo cui gli abusi in materia di distanze non sono condonabili», ovvero contrario alla condonabilità delle opere effettuate in contrasto alle regole sulle distanze (T.A.R. Venezia 1458/2023, C.G.A.R.S. n. 207/2014). A prescindere dalla circostanza che vanno preservati i diritti dei terzi confinanti pregiudicati dall’illecito edilizio, pur potendo gli stessi trovare tutela in sede civile, è necessario comunque garantire il rispetto delle distanze minime di cui al D.M. n. 1444 del 1968 – le cui disposizioni, aventi natura pubblicistica, sono inderogabili – in quanto le stesse hanno lo scopo di assicurare le necessarie condizioni di salubrità dei fabbricati sotto il profilo igienico-sanitario, mediante l’eliminazione di intercapedini nocive tra gli stessi (cfr. T.A.R. Palermo n. 3740/2022, T.A.R. Lombardia n. 594/2020, T.A.R. Napoli n. 1458/2011).

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Tra le motivazioni rinvenibili nelle pronunce, emerge la tutela dei possibili limiti sulle distanze derivanti dall’esistenza di diritti soggettivi dei terzi, ritenendo corretto il divieto di rilascio del titolo edilizio potenzialmente lesivo dei diritti di terzi. La sanatoria del manufatto in violazione delle distanze, è suscettibile di essere considerata fonte di danni in quanto concausa dell’illecito civile; cosicché l’amministrazione, da un lato, sarebbe obbligata dalla norma attributiva del potere al rilascio del titolo abilitativo e, d’altro lato, rischierebbe di dover rispondere di tale comportamento a titolo di responsabilità civile; di qui la ritenuta esclusione – da parte della giurisprudenza – della condonabilità di opere abusive eseguite in violazione delle distanze legali, trattandosi di ipotesi esulante dalla norma attributiva del potere di sanatoria (TAR Napoli, n. 369/2013, Lombardia n. 4524/2010). La condonabilità delle opere lesive delle distanze dai confini e dagli edifici limitrofi, va esclusa, anche, e soprattutto, perché la disciplina urbanistica locale in materia di distanze non è derogabile, essendo diretta non già alla tutela di interessi privati, bensì alla tutela di interessi generali e pubblici in materia urbanistica (TAR Venezia n. 1458/2023, TAR Salerno n. 3312/2022).
Da quanto sopra traspare l’evidente timore di una possibile azione giudiziaria nei confronti del Comune che ha rilasciato la concessione in sanatoria, da parte del soggetto terzo, con conseguente richiesta di danni: il baricentro del problema, quindi, è la sussistenza di un diritto civilistico a mantenere la costruzione abusiva a distanza inferiore a quella prescritta dalla normativa. Sarebbe opportuno esaminare la questione degli abusi in relazione alla loro incidenza sui diritti civilistici, soprattutto in base alla possibile formazione dell’usucapione:
- Abusi recenti, realizzati meno di vent’anni prima del deposito dell’istanza, per i quali è giustificato sollevare le possibili lesioni dei diritti di natura civilistica;
- Abusi consolidati, ovvero quelli effettuati oltre vent’anni prima del deposito dell’istanza (es. domanda presentata il 6 luglio 1986: l’abuso dovrebbe risalire ad almeno prima del 6 luglio 1966).
Pur rispettando l’orientamento giurisprudenziale già esaminato, per gli illeciti edilizi recenti il problema potrebbe forse essere superato mediante un formale accordo stipulato con il soggetto terzo (frontista o confinante), mentre per quelli consolidati, dimostrando l’intervenuta usucapione del diritto. Considerando che le ultime domande di condono sono state presentate tra il 1985 e il 2004, relativamente ad abusi edilizi realizzati anche decenni prima, appare necessario porsi il problema, onde evitare i possibili rischi di annullamento o impugnativa dei titoli edilizi rilasciati col condono; il legislatore avrebbe dovuto, semmai, definire meglio anche il consolidamento delle distanze legali in ambito civilistico, correlando quest’ultimo all’avvenuta usucapione.
L’intera questione trattata in questo articolo appare anche congruente con l’impossibilità di mantenere edifici a distanza inferiore a quelle inderogabili mediante la fiscalizzazione: questo strumento è stato ritenuto insufficiente per derogare le distanze minime tra costruzioni.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE
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