Costruzioni e interventi esonerati dal titolo abilitativo richiedono dimostrazione epoca e consistenza
La natura precaria della costruzione è un dato materiale e funzionale, la conferma dal Consiglio di Stato
Realizzare manufatti con elementi precari e facilmente amovibili non significa realizzare un manufatto rientranti in edilizia libera.
Intanto non è corretto ragionare che la somma di opere astrattamente libere possa portare automaticamente ad un organismo edilizio altrettanto libero da permesso di costruire, SCIA o CILA.
Per individuare il regime abilitativo applicabile si considera l’attività edificatoria senza separare parti o fasi operative; il Consiglio di Stato con sentenza n. 496/2022 ha confermato che per valutare l’incidenza sull’assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, “va compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l’impatto effettivo complessivo. I molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, dunque, in maniera frazionata”.
Vediamo allora le modalità e criteri normativi per individuare i manufatti precari, premettendo che farò riferimento al Testo Unico Edilizia DPR 380/01 e consigliando la consultazione delle normative regionali.
Indice
- La natura precaria della costruzione è un dato materiale e funzionale, la conferma dal Consiglio di Stato
- Definizione manufatti precari nel DPR 380/01
- Il concetto di precarietà
- Precarietà fondata sulla temporaneità funzionale
- Facile amovibilità, criterio poco definito
- Stagionalità non equivale a precarietà automatica
- Conclusioni e consigli
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Definizione manufatti precari nel DPR 380/01
L’articolo 3, comma 1, lett. e.1 del DPR n. 380/2001 definisce quali “interventi di nuova costruzione” richiedono il Permesso di Costruire. Diciamo che nel T.U.E. non esiste una categoria automatica e libera di manufatti precari, ad eccezione di quelli veramente irrilevanti descritti nel Glossario dell’Edilizia Libera.
Diciamo che nel T.U.E., al successivo punto e.5 comma 1 articolo 3, si capisce quali manufatti precari potrebbero essere qualificati come manufatti precari “veri e propri”, e di conseguenza quelli esclusi dal regime più favorevole.
e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti;
Il predetto riferimento e.5 contiene un lungo elenco di manufatti leggeri anche prefabbricati, rientranti nel regime di nuove costruzioni assoggettate al Permesso di Costruire, rispetto ai (pochi) casi esclusi: se ci facciamo caso, tra i vari requisiti esiste ne viene posto uno necessario, ovvero l’eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee.
Un’altra categoria di opere e manufatti precari “a tempo determinato” risulta inquadrata nell’articolo 6 comma 2 lettera e-bis) del DPR 380/01; essi sono qualificati tali nel rispetto di due condizioni essenziali, ovvero che sia:
- realizzato ed espressamente condizionato alla perentoria rimozione entro il termine di legge (180 gg)
- stato informato il Comune previa apposita Comunicazione di avvio lavori (C.A.L);
La definizione normativa infatti dice che sono:
le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale (portata a centottanta giorni dall’articolo 10 c.1 lettera c) D.L. 76/2020).
Chiaramente, la mancata rimozione di questi manufatti allo spirare del termine previsto integra abuso edilizio e sanzione penale, per il fatto che il manufatto da asseritamente precario passa ad essere una nuova costruzione ex lege, e pertanto sanzionabile dagli articoli 31 e 44 DPR 380/01 (Cass. Pen. n. 846/2020, n. 400/2019, n. 39677/2018).
Da quanto sopra, ciò che rileva ai fini della configurabilità di manufatto precario è la connotazione “funzionale”, intesa come destinazione ad esigenze non temporanee.
Il concetto di precarietà
Realizzare un manufatto di sana pianta con elementi, materiali e strutture visivamente precarie non significa aver ottenuto una costruzione da considerare legittima; al contrario è da valutare se piuttosto tale costruzione non costituisca abuso edilizio, sanzionabile ai sensi dell’articolo 31 DPR 380/01, perchè costituente un vero e proprio volume edilizio.
Anche nei casi di materiali utilizzati per la realizzazione della struttura e la sua prospettata facile amovibilità sono circostanze irrilevanti per qualificare la natura precaria dell’opera: dal punto di vista prettamente edilizio, è consolidato l’orientamento in base al quale si deve seguire “non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale”.
Per cui se un’opera è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee, essa non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando le opere medesime sono state realizzate con materiali facilmente amovibili (Cons. di Stato n. 1994/2023, n. 1291/2016).
Anche dal punto di vista paesaggistico non possono essere considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo e l’alterazione del territorio non può essere considerata né temporanea né precaria né irrilevante (Cons. di Stato n. 1994/2023, n. 10847/2022, n. 4481/2018, n. 4116/2015).
Precarietà fondata sulla temporaneità funzionale
La natura precaria dell’opera edilizia non deriva dalla tipologia dei materiali impiegati o dalla sua facile amovibilità; quel che conta è la oggettiva temporaneità e contingenza delle esigenze che l’opera è destinata a soddisfare, come espressamente indicato nella sentenza di Cass. Pen. III n. 36605 del 24 luglio 2017.
La natura precaria dell’opera edilizia poggia sulla base funzionale e non meramente costruttiva, per questo detiene uno specifico regime edilizio. L’oggettiva destinazione dell’opera atta a soddisfare esigenze non provvisorie, con utilizzo non temporanea né contingente, è il criterio da sempre utilizzato dalla giurisprudenza per distinguere l’assoggettamento dell’opera edilizia a regime concessorio (oggi permesso di costruire) da quella realizzabile liberamente (Edilizia libera), a prescindere dall’incorporamento al suolo o dai materiali utilizzati (Cass. Pen. III n. 966 del 26/11/2014).
La consistenza del manufatto è da considerare precario soltanto quando ha una destinazione d’uso temporanea, e non quando invece sono in situ da venti anni. Secondo consolidato orientamento del Consiglio di Stato “la smontabilità e la natura precaria d’una costruzione non sono sinonimi, poiché la precarietà è un dato non già materiale, ma funzionale. Infatti, temporanea e precaria è solo quella struttura che, per sua oggettiva finalità, reca in sé visibili i caratteri della durata limitata in un breve lasso di tempo, a nulla rilevando la destinazione intenzionale del proprietario; quindi, perché una struttura sia qualificata come precaria, è necessario che sia destinata ad un uso specifico e temporalmente limitato del bene …” (Cons. di Stato n. 7338/2022, n. 5911/2021)
Ovviamente, sul caso delle case mobili, serre fisse e dehors vale assolutamente lo stesso discorso di non temporaneità e non-stagionalità.
Facile amovibilità, criterio poco definito
La definizione di “facile amovibilità” di un’opera edilizia, in assenza di una definizione legislativa di carattere generale, va estrapolata dalla giurisprudenza amministrativa (TAR Puglia (BA) Sez. III n. 1639 del 10 dicembre 2019).
Inutile ribadire che una definizione di amovibilità, eventualmente “facile”, possa provenire da quanto diversamente integrato dalle norme regionali e discipline comunali.
Una nozione di facile amovibilità:
- non può essere differenziata in ragione della proprietà pubblica o privata dell’area sulla quale l’opera stessa è destinata ad essere realizzata;
- non trova applicazione automatica neppure in ambito territoriale di rilevanza pubblicistica, come le aree con vincolo paesaggistico: in esse si sovrappone una specifica disciplina di semplificazione, cioè il D.P.R. 31/2017;
- non sempre può essere sovrapponibile a quella di precarietà;
Stagionalità non equivale a precarietà automatica
Il carattere stagionale dell’attività non implica di per sé la precarietà del manufatto stesso (Cass. Pen. III n. 36107/2016, n. 34763/2011, n. 13705/2006).
Il criterio o parametro dell’uso stagionale è in grado di superare o sovrapporsi al criterio di precarietà: se da una parte l’uso e l’esistenza di un’opera/manufatto è legato al carattere temporaneo legato ad un breve periodo come una stagione, ciò non significa che possa significare da solo la possibilità di qualificarlo come edilizia libera, esclusa da nuova costruzione.
La prima cosa che viene in mente sono le opere, elementi e manufatti utilizzati davvero per la stagione estiva, come negli stabilimenti balneari o in tutti quei comparti edilizi collegati a turismo, attività ricettive e simili.
Altro esempio potrebbero essere i manufatti leggeri e prefabbricati ad uso ristorante, con l’installazione ripetibile ogni anno in determinate stagioni, con smontaggio e rimontaggio periodico. E’ anche vero che la reiterazione di questa fase potrebbe facilmente superare il limite dell’edilizia libera.
Caratteristiche strutturali precarie, poco importa
Il carattere precario dell’opera e del manufatto non può derivare solamente dalle caratteristiche di facile rimovibilità o mancato ancoraggio al suolo; in tal senso si esprime la giurisprudenza, ad esempio Cass. Pen. III n. 36605/2017, n. 22054/2009, e Cons. di Stato VI n. 1619/2016.
Poco importa che gli elementi e le caratteristiche costruttive del manufatto siano di tipo leggero, privo di fondazioni e semplicemente appoggiati al suolo, e neppure che siano anche prefabbricati: questo criterio appare chiaramente indicato all’inizio della definizione ex articolo 3 comma 1 lettera e.5 DPR 380/01.
A questo punto occorre prendere in considerazione quei manufatti aventi carattere precario ed posti in essere durante alcuni periodi dell’anno, i cosiddetti manufatti stagionali. Ci si deve quindi porre l’interrogativo se i questi siano interamente ricompresi nella categoria di quelli precari ovvero temporanei.
Conclusioni e consigli
Non è per niente facile stabilire delle conclusioni e trovare un limite chiaro tra i manufatti precari inquadrabili in edilizia libera e quelli comunque rientranti in regime di nuova costruzione.
In particolar modo si può consigliare di far riferimento alle norme regionali, certamente usando un occhio critico perchè la legislazione regionale potrebbe aver involontariamente superato dei parametri di incostituzionalità (fintanto non vi sia stata la pronuncia).
Per cui anche in questo caso si consiglia di rivolgersi ad un professionista Tecnico e di valutare bene la disciplina urbanistico edilizia, dovendo sempre valutare caso per caso.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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