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Interventi demolitori non preordinati a riedificazione sono esclusi dal rilascio del titolo abilitativo concessorio

In questo caso stiamo parlando di demolizioni “volontarie” compiute senza ordinanze di rimessa in pristino.

Molto spesso i committenti chiedono la demolizione di manufatti di modesta entità, privi di caratteri storici o valori di tutela, magari pure in condizione di avanzato degrado.

Si tratta di casi in cui il committente, chiede di rinunciare volontariamente a volumetrie legittimate da titoli abilitativi oppure costruiti in epoca anteriore al rilascio dell’idoneo titolo.

Possono pure presentarsi casi in cui il committente esiga la demolizione di manufatti, o porzioni di essi, realizzati in difformità o assenza di opportuno titolo abilitativo.

In questi casi è opportuno distinguere i due principali filoni “demolitori”:

  1. manufatti regolarmente legittimati da licenze, concessioni o permessi;
  2. manufatti abusivi o difformi, privi dei suddetti titoli edificatori;

La demolizione di manufatti legittimati è ammessa, a certe condizioni.

La prima cosa da verificare è se questi volumi e manufatti sia assoggettata a vincoli o gradi di tutela che ne impediscano trasformazioni o demolizioni, ad esempio i vincoli di natura storica, artistica, archeologica, architettonica, e similari, vincoli cioè che impongono il sacro santo dovere di perfetta conservazione.

Mica penserete di demolire come se nulla fosse un edificio del calibro di Palazzo Vecchio a Firenze?

Escluso tutte le fattispecie di vincolo o gradi di tutela imposti da qualsiasi normativa/disciplina nazionale, regionale o locale, passiamo al nocciolo della questione.

Per demolire un manufatto legittimato, è necessario ottenere il permesso di costruire?

I principi che regolamentano le trasformazioni edilizie e urbanistiche del territorio sono indicati nel Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01, all’articolo 3 comma 1 lettera E, dove sono indicati in via esemplificativa alcune ipotesi di interventi comportanti “nuova costruzione”.

L’impostazione voluta dal legislatore, vigente allo stato attuale, è quella di regolamentare tutti gli interventi comportanti trasformazione permanente del suolo; lo scopo è di evitare che il suolo stesso sia oggetto di modificazioni incontrollate e di evitare gli effetti connessi coi carichi urbanistici e insediativi al contesto circostante.

In tal senso, la disciplina in materia urbanistica porta ad «escludere che interventi di mera demolizione di opere già esistenti (ovvero, interventi di demolizione a cui non faccia seguito alcuna ricostruzione), versanti, tra l’altro, in condizioni ormai “fatiscenti” nonché prive di un qualsiasi valore sotto ulteriori profili (quale – ad esempio – quello storico e/o artistico), come nell’ipotesi in trattazione, possano essere annoverati tra gli interventi imponenti il previo rilascio del permesso di costruire e, ancora, tra quelli soggetti al previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte dell’autorità competente, attesa la piena idoneità di essi a garantire proprio la salvaguardia dello stato dei luoghi, così come oggetto di tutela da parte del legislatore.» (TAR Lazio II-bis n. 3416 del 27 marzo 2018).

Prima di proseguire, segnalo questo video sul mio canale YouTube:

La demolizione di edifici esistenti non è edilizia libera, quanto meno richiede CILA

Con l’affermazione del principio espresso dal TAR non emerge che la demolizione di tali manufatti sia libera e indiscriminata, tutt’altro.

In edilizia esiste da anni il principio di residualità, cioè il principio che assoggetta certi interventi edilizi ad una procedura qualora non riconducibile in altre.

Se gli interventi demolitori non ricadono in permesso di costruire, dopo il cosiddetto Decreto ‘SCIA 2’ (D.Lgs. 222/2016) essi non sono neppure inquadrabili nella SCIA; non essendo neppure individuati nel regime della cosiddetta “edilizia libera” come ribadito anche dal relativo recente Glossario, la demolizione di manufatti esistenti deve ricadere per residualità nella CILA.

Infatti, senza la presentazione di alcun titolo o pratica edilizia, si rischia la creazione di una incongruenza con gli atti depositati in merito, in particolare i futuri aventi causa rischiano di trovarsi un titolo abilitativo regolare senza continuità con l’effettivo stato dei luoghi.

Demolire manufatti abusivi o difformi è diverso.

In questo caso si pensi ai manufatti privi dei necessari titoli e mai sanati o condonati, e che per qualche motivo siano giunti indenni fino ai giorni nostri.

Nel momento in cui il committente o titolare di proprietà decida di regolarizzare mediante loro demolizione, si pongono alcune ipotesi.

Se sono state emanate ordinanze di rimessa in pristino e demolizione da parte della competente autorità, è necessario adempiere (e nei termini temporali previsti dagli stessi provvedimenti, e comunque prima possibile anche dopo la loro scadenza).

In tal caso, essendoci procedure sanzionatorie avviate, ci saranno conseguenze anche sul versante penale, per il quale il procedimento andrà avanti nei modi e termini previsti dalla legge; infatti, nel solo ambito edilizio, la demolizione dell’opera contestata può non essere sufficiente a chiudere istantaneamente il procedimento.

Invece, quando i manufatti illeciti non siano stati ancora accertati oppure oggetto di contestazioni/ordinanze, si pone un problema di approccio.

Essendo abusivi o privi di titolo, non possono rimanervi in essere, e fin qui non ci piove; tuttavia procedere con la loro demolizione spontanea espone il proprietario ai rischi e obblighi di sicurezza del cantiere (D.Lgs. 81/2008), oltre alle possibili segnalazioni alla A.C. da parte dei vicini o soggetti contro-interessati che vedono un cantiere senza cartello con pratiche edilizie.

Tuttavia, essendo appunto abusivi, è consigliabile presentare una Comunicazione Inizio Lavori Asseverata (video tutorial CILA) al comune sottolineando l’abusività delle opere soggette a demolizione?

Si tratterebbe praticamente di autodenuncia, con tutte le conseguenze che ne possono derivare anche sul versante penale, magari prescrittibile perchè compiuto da tempo immemorabile o da soggetti terzi.

Infine, resta il fatto che volumi abusivi possono essere stati già accertati con fotogrammetrie o “immobili fantasma”.

Interventi comportanti trasformazione permanente del suolo inedificato non possono sparire così senza lasciare traccia, infatti negli ultimi anni numerose banche dati hanno iniziato a telerilevare con fotogrammetrie lo stato dei luoghi e dei suoli in Italia.

Si rammenta l’annoso filone degli immobili fantasma (ne parlo in questo post), cioè della categoria degli immobili censiti d’ufficio al Catasto Fabbricati in quanto sconosciuti a tale ufficio, cioè mai accatastati.

Tale condizione, molto spesso corrisponde ad abusività dell’opera stessa oppure a manufatti con domande di condono ancora pendenti.

Non mi meraviglierebbe affatto la contestazione di “demolizione abusiva di opera abusiva”, visto l’andazzo generale.

Consigliare la demolizione “in sordina” dei manufatti abusivi senza titoli edilizi e neppure una CILA, diviene un dilemma: consigliare quindi al proprietario una demolizione spontanea da farsi senza alcun titolo, oppure puntare a far emettere al Comune apposita ordinanza, con conseguenze annesse?

Anche in Paesaggistica le cose non sono semplici.

Anche nella paesaggistica il nodo è stato affrontato col DPR 31/2017, il quale negli Allegati A e B ha regolamentato i casi di demolizione non preordinati alla ricostruzione.

Ad esempio, sono assoggettati a procedimento di autorizzazione paesaggistica semplificata (voce B.15. Al… B DPR 31/2017) gli interventi di demolizione senza ricostruzione di edifici, e manufatti edilizi in genere, privi di interesse architettonico, storico o testimoniale.

Restano esclusi da preventive richieste di autorizzazione paesaggistica le demolizioni e rimessioni in pristino dello stato dei luoghi conseguenti a provvedimenti repressivi di abusi, come disposto dalla voce A.30 Allegato A DPR 31/2017.

Quindi, il quadro può complicarsi sotto altri punti di vista.

Consiglio la visione di questo video sulle sanatorie edilizie (Commenta iscrivendoti al canale)

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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