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Nelle compravendite occorre indicare tutti gli interventi sostanziali effettuati sull’immobile.

L’attuale ordinamento intende impedire la circolazione degli immobili abusivi attraverso il filtro della regolarità urbanistica.

Ci sono due scopi che il legislatore intende perseguire:

  1. ostacolare il fenomeno dell’abusivismo edilizio per tutelare l’interesse pubblico all’ordinata trasformazione e assetto del territorio;
  2. tutelare l’acquirente del bene immobile per evitare a questi ulteriori conseguenze.

In sostanza la leva della commerciabilità condizionata alla legittimazione urbanistica diventa forte e in grado di limitare il libero trasferimento degli immobili negli atti tra vivi.

Discorsino a parte meriterebbero invece le esecuzioni immobiliari, su cui ho molto da dire. Prossimamente, però.

Partiamo invece dall’odierna formulazione dell’art. 46 del DPR 380/01, il Testo Unico per l’Edilizia, e del complementare articolo 40 della L. 47/85.

Questi due  articoli riguardano la libera commerciabilità degli immobili per edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata:

  • dopo il 17 marzo 1985: articolo 46 DPR 380/01;
  • anteriore al 17 marzo 1985: articolo 40 L. 47/85.

Esistono quindi due regimi differenziati di commerciabilità degli immobili.

Entrambi hanno in comune il preminente scopo di costituire un filtro agli abusi.

Ma ciò non vale solo sul piano formale, cioè puntando solo alla indicazione degli estremi di licenze edilizie, concessioni edilizie, concessioni edilizie in sanatoria, permessi di costruire e permessi di costruire in sanatoria.

La disposizione piuttosto prende in considerazione la natura degli interventi edilizi ritenuti abusivi qualora effettuati in assenza o difformità dei relativi titoli abilitativi.

Tra l’altro il comma 5-bis dell’art. 46 del TUE rimarca lo stesso concetto estendendo l’applicabilità delle precedenti disposizioni per gli interventi realizzati con “Super-DIA” cioè la ex Denuncia di Inizio Attività ex art. 22 comma 3 del TUE, poi anche quelli compiuto con “Super-SCIA” cioè SCIA alternativa al Permesso di Costruire, norma da ultimo modificata col Decreto Lgs. 222/2016 ‘SCIA 2’ con l’art. 3, comma 1, lettera u.

Anche gli interventi compiuti con Super-DIA e Super-SCIA incidono sulla commerciabilità.

La lettura combinata di questi due suddetti articoli evidenzia come il legislatore punti soprattutto a frenare e filtrare la commerciabilità degli immobili sui quali sono state compiute opere edilizie illecite di livello “grave”, quelle che sono penalmente rilevanti.

Negli atti notarili infatti si può imbattersi nella formula con cui il venditore dichiara che, successivamente all’originario (primo) titolo abilitativo di permesso, concessione o licenza del fabbricato, non sono stati compiuti ulteriori interventi che avrebbero necessitato tali titoli abilitativi.

La stessa formula si trova spesso conseguente alla arci nota dichiarazione Ante ’67 negli atti notarili.

A prescindere dalla formulazione di tale dichiarazione in atto notarile, il senso evidente della norma e l’ambito di efficacia non è soltanto circoscritto alla costruzione originaria, ma anche a tutti quegli interventi successivi ad essa comportanti trasformazione sostanziale/significativa, e quindi tutti quelli che per natura e loro esecuzione richiedono un idonei titolo abilitativo “rilevante”, come appunto il permesso di costruire (Cass. Pen. III n. 1165/2017).

Una lettura in senso contrario renderebbe inutile lo scopo delle disposizioni normative, in quanto considerare solamente la semplice regolarità originaria dell’immobile non porterebbe a disincentivare illeciti interventi rilevanti sull’immobile, in particolare tutti quelli che modificanti l’originaria consistenza superanti e comprendenti la categoria di ristrutturazione edilizia “pesante” (Cass. Pen. III n. 1165/2017).

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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