La giurisprudenza ha elaborato principi utili per quantificare il contributo di costruzione
La nuova definizione del 2013 non assume effetti sananti per casi realizzati anteriormente alla modifica legislativa
Il Decreto “Del Fare” nel 2013 tolse i limiti di sagoma alla categoria di ristrutturazione edilizia ad eccezione per immobili vincolati.
La nozione di ristrutturazione edilizia fu modificata e “alleggerita” con l’art. 30 del D.L. 69/2013, convertito in legge n. 98/2013, in particolare nel delimitare superiormente l’intervento alla demolizione e ricostruzione a parità di volume senza obbligo di sagoma, disposizione non applicabile agli immobili vincolati dal Codice dei Beni culturali.
[FOCUS: Ristrutturazione edilizia senza vincoli di sagoma]
Se operatori e professionisti hanno ritenuto che questa modifica abbia effetto sanante per gli interventi compiuti anteriormente all’entrata in vigore della L. 98/2013, si sono sbagliati.
L’innovazione normativa, nella forma approvata e tutt’oggi vigente, non riporta dizioni o riferimenti di retroattività, e l’attuale definizione della ristrutturazione edilizia assume efficacia per gli interventi compiuti a valle della L. 98/2013 (TAR Veneto Sez. I n. 824 del 24 luglio 2018).
L’obbiettivo di questa innovazione normativa era semplificare il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente
Agevolare la ristrutturazione edilizia era lo scopo principale, per cui era necessario alzare l’asticella o lo spartiacque divisorio con gli interventi qualificabili come nuova costruzione. Infatti, prima della L. 98/2013 era ricompreso nell’ambito della ristrutturazione edilizia l’intervento di demolizione e ricostruzione aventi stessa:
La L. 98/2013 provvide alla eliminazione del parametro della sagoma, che effettivamente limitava le possibilità di intervento, lasciando soltanto quello della volumetria, come si può leggere nella versione vigente ad oggi nell’articolo 3 comma 1 lettera D del D.P.R. 380/01.
Leggendolo ad anni di distanza, possiamo affermare che il nuovo spartiacque sia inquadrabile col superamento o meno del carico urbanistico, misurabile appunto con la volumetria.
Si, lo ammetto, è uno scambio di termini volutamente non corretto, perchè sappiamo bene come la definizione di carico urbanistico faccia riferimento a molti altri parametri.
Retroattività in presenza di semplificazioni e snellimenti non prevista dal TUE
L’applicazione retroattiva di norme più favorevoli sarebbe davvero utile da entrambe le parti, sia per la Pubblica Amministrazione sia per il cittadino, in quanto ci sarebbe il beneficio di aumentare l’efficacia dell’azione amministrativa e riduzione dei contenziosi.
Tuttavia, nell’attuale ordinamento la retroattività non è un principio applicabile automaticamente, piuttosto ha bisogno di un’espressa indicazione nel relativo provvedimento normativo.
A volte penso che il legislatore non voglia/possa inserire clausole di retroattività perchè potrebbe temere l’accusa di agevolare abusi, illeciti e difformità, o peggio ancora temendo di appoggiare politiche di condono edilizio “implicite”.
Comprensibile questo ragionamento, visto che il concetto di condono sta diventando sempre più ostico da parte dell’opinione pubblica, tuttavia in una situazione di inefficienza repressiva occorre iniziare a riflettere se cambiare leve o meno. Ad esempio oggi Edilportale ha pubblicato un rapporto circa gli abbattimenti degli abusi edilizi, tanto per acquisire le dimensioni del problema.
In conclusione, è consigliato evitare l’affidamento nella “retroattività in buona fede” per opere precedenti.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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