La giurisprudenza ha elaborato principi utili per quantificare il contributo di costruzione
Nel corso degli anni la categoria di intervento è stata modificata più volte, incidendo sulla riconduzione dell’ipotesi di reato edilizio.
La ristrutturazione edilizia può essere con Permesso di Costruire o SCIA in base alla specifica configurazione dell’intervento.
Norme regionali a parte, il Testo Unico per l’edilizia D.P.R. 380/01 contempla la ristrutturazione edilizia nell’articolo 3 comma 1 lettera D e articolo 10 comma 1 lettera C.
Nel primo è prevista una definizione generale, nel secondo invece è contemplata una sottocategoria di ristrutturazione cosiddetta “Pesante”, cioè soggetta a Permesso di Costruire (art. 10 c.1 lett. C del DPR 380/01).
Di conseguenza, ai sensi dell’art. 44 comma 1 lettera B del TUE, le opere rientranti in ristrutturazione edilizia “pesante” compiute in assenza o difformità dal Permesso di Costruire sono sanzionate penalmente con l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 5.164 a 51.645 euro.
Prima delle modifiche avvenute con Decreto “Sblocca Italia” (poi L. 164/2014), la definizione di ristrutturazione edilizia “pesante”, soggetta cioè a PdC, era assai più ampia.
TUTTO SULLA RISTRUTTURAZIONE PESANTE
In passato era assai più probabile ricadere nella categoria di ristrutturazione edilizia pesante.
Riporto la definizione vigente prima delle modifiche apportate dalla L. 164/2014:
Art. 10 c.1 lett. c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unita’ immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso.
Il limite tra ristrutturazione edilizia pesante e leggera col tempo è stato alleggerito con l’art. 17 comma 1 lett. d) del D.L. 133/2014, conv. con modiff. nella L. 164/2014.
Dopo tali modifiche la definizione di ristrutturazione edilizia pesante è divenuta la seguente:
c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni.
Rispetto alla previgente definizione sono avvenute queste modifiche:
- rimosso il criterio di aumento di unità immobiliari, modifiche di sagoma e di superficie;
- resta invariato quello di modifica della volumetria, oltre a quello dei prospetti e dei cambi di destinazione d’uso nelle zone omogenee A;
- resta il criterio di modifica di sagoma per gli immobili soggetti ai vincolo del Codice dei Beni culturali D.Lgs. 42/2004;
ARTICOLI SU “RISTRUTTURAZIONI EDILIZIE”
La modifica della definizione ha avuto effetti sul piano penale e amministrativo
E’ avvenuto una sorta di reazione a catena: semplificando la definizione di ristrutturazione edilizia pesante, soggetta a PdC, le sanzioni penali ex art. 44 TUE hanno subito una riduzione applicativa.
Di conseguenza, per certe ristrutturazioni edilizie compiute in maniera illecita prima della L. 164/2014 si apre la strada di un regime penale più favorevole.
Trovo utile riportare un passaggio della sentenza di Cass. Pen. III n. 14725 del 4 aprile 2019, specifico per quanto sopra:
Nel sanzionare penalmente l’esecuzione di lavori in assenza del permesso di costruire, di fatti, la norma incriminatrice di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. 380 del 2001 richiama implicitamente proprio l’art. 10, comma 1, del testo unico (rubricato interventi subordinati a permesso di costruire), che vale dunque ad integrare il precetto penale nella sua essenziale struttura, individuando le opere che necessitano di tale titolo abilitativo. Va pertanto applicato il principio secondo cui, in tema di successione di leggi penali, la modificazione della norma extrapenale richiamata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso se tale norma è integratrice di quella penale (Sez. U, n. 2451 del 27/09/2007, dep. 2008, Magera, Rv. 238197; Sez. 3, n. 15481 del 11/01/2011, Guttà e a., Rv. 250119; Sez. 3, n. 28681 del 27/01/2017, Peverelli, Rv. 270335). Nel caso di specie, di fatti, non v’è dubbio che il citato art. 10, comma 1, lett. c), d.P.R. 380 del 2001 integri il precetto penale di cui al successivo art. 44, comma 1, lett. b), incidendo sulla struttura essenziale del reato e quindi sulla fattispecie tipica, sì che il principio di retroattività della norma favorevole, affermato dall’art. 2, comma quarto, cod. pen., si applica anche in caso di successione nel tempo di norme extrapenali integratrici aventi tali caratteristiche (cfr. Sez. 5, n. 11905 del 16/11/2015, dep. 2016, Branchi e aa., Rv. 266474; Sez. 2, n. 46669 del 23/11/2011, De Masi e aa., Rv. 252194).
In conclusione, deve affermarsi il principio secondo cui, la modifica dell’art. 10, comma 1, lett. c), d.P.R. 380 del 2001, operata con art. 17, comma 1, lett. d), d.l. 12 settembre 2014, n. 133, conv., con modiff., nella l. 11 novembre 2014, n. 164, che ha escluso dagli interventi di ristrutturazione edilizia subordinati a permesso di costruire quelli che comportino aumento di unità immobiliari o di superfici utili, osta alla riconduzione di tali ipotesi al reato di costruzione sine titulo di cui all’art. 44, comma 1, lett. b), d.P.R. 380 del 2001 e deve trovare applicazione retroattiva, ai sensi dell’art. 2, quarto comma, cod. pen., quale norma extrapenale più favorevole integratrice del precetto.
Quindi, si applica il “Favor Rei” per queste fattispecie.
Ma c’è poco da stare allegri: un regime penale più favorevole non comporta alcun vantaggio o prescrizione sul versante amministrativo. Resta infatti il problema che in caso di sanatoria l’Accertamento di conformità, occorrerà verificare la doppia conformità nei confronti delle disposizioni/prescrizioni di strumenti urbanistici, norme regionali o regolamenti edilizi vigenti all’epoca.
In particolare mi riferisco alle possibili condizioni e limiti di intervento legati appunto alle definizioni allora vigenti. Consiglio di non abbassare la guardia in tal senso.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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