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Secondo il D.Lgs. 42/2004 devono essere tutelati fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario.

Si tratta di una lettura in senso residuale, e comporta prudenza per chi interviene su queste aree

L’Italia è caratterizzata da città che vantano ciascuno storia secolare, addirittura millenaria.

In esse ci sono particolari porzioni di insediamento di alta valenza storica, culturale, artistica e architettonica, e sono i contesti chiamati “Centro storico”.

Si tratta delle famose “Zone A” previste dal D.M. 1444/68, che ormai troviamo specificatamente rappresentate negli elaborati dei Piani Regolatori e strumenti urbanistici di vario tipo.

In un precedente articolo è stato trattato simile argomento, dove la sfumatura è un’altra: la perimetrazione dell’intera area di centro storico non è automaticamente vincolata.

In questo post invece si fa riferimento ai soli spazi pubblici, quali vie e piazze. C’è una netta differenza.

A quanto pare il Codice dei Beni Culturali D.Lgs. 42/2004 ha rinvigorito la valenza culturale di questi spazi pubblici, e lo ha fatto ai sensi del comma 1 e del comma 4, lettera g), dell’articolo 10 del Codice stesso.

Stiamo parlando della parte II del Codice, cioè quella impropriamente detta per gli immobili vincolati “alle Belle Arti”. Più correttamente si deve dire dei beni culturali, da tenere distinta dalla parte III dei vincoli paesaggistici.

Riporto a piene mani un passo importante dalla sentenza del TAR Veneto III n. 927 del 8 ottobre 2018:

7. Come affermato dalla giurisprudenza (Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 5934/14; ord. n. 3804/2013; sent. n. 4010/ 2013; sent. n. 4497/2013; sent. n. 482/2011) le pubbliche piazze, vie, strade, e altri spazi urbani, laddove rientranti nell’ambito dei Centri Storici, ai sensi del comma 1 e del comma 4, lettera g), dell’articolo 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (recante “Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137”, di seguito “Codice”), sono qualificabili come “beni culturali” indipendentemente dall’adozione di una dichiarazione di interesse storico-artistico ai sensi degli articoli 12 e 13 del Codice. Tali beni appartenenti a soggetti pubblici sono, quindi, da considerare beni culturali ope legis, rispetto ai quali trovano necessaria applicazione le norme di tutela di cui alla parte II del Codice fino a quando non intervenga una espressa verifica di interesse in senso contrario ex art.12 (Cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 5934/14 citata e, da ultimo, Tar Salerno, Sez. I, sent. n. 517/2016 secondo cui “il sistema di tutela dei beni in discorso (ovvero delle pubbliche vie, strade ed altri spazi aperti urbani, la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni) è imperniato su una presunzione normativa di interesse culturale, sufficiente a determinarne la sottoposizione al regime di tutela di cui alla Parte II del Codice e suscettibile di neutralizzazione solo a seguito dello svolgimento del procedimento di verifica del suddetto interesse, demandato alla competente amministrazione, e del suo eventuale esito negativo.”; nonchè Tar Lazio, sez. II, sent. n. 1233/2017 dove si si legge “Il Collegio osserva che l’area in questione ricade nell’ambito della Città Storica per cui, ai sensi dell’art. 10, c. 4, lett. g) del D.Lgs n. 42 del 2004, essa è soggetta a disposizioni di tutela fino alla effettuazione della verifica di interesse”).
7.1. Pertanto, il vincolo di tutela sui beni in parola è assunto ope legis e può essere eliminato solo a seguito di apposita verifica di interesse ex art. 12 del Codice. Verifica che ha lo scopo di accertare se l’interesse culturale del bene presunto dalla legge sussista effettivamente e, in caso negativo, di rimuovere la qualifica di bene culturale e che non è legata, come vorrebbe il ricorrente, esclusivamente all’esecuzione di opere o lavori ai sensi dell’art.21 del Codice.

La fattispecie trattata dalla sentenza riguardava il diniego opposto alla domanda di occupazione di area pubblica per un plateatico da parte di un soggetto.

Si forma il diniego perchè la domanda era sprovvista di apposita autorizzazione da parte della competente Sovrintendenza dei Beni culturali.

I centri storici sono agglomerati urbani di pregio storico, artistico e ambientale.

Questo tipo di vincolo si applica fino alla rimozione espressa avvenuta con verifica ex art. 12 del Codice

A quanto pare il Codice dei Beni culturali ha disposto per gli spazi pubblici dei centri storici un grado di tutela automatica, valido fino a valutazione espressa contraria.

Ed ecco che allora è raccomandata la prudenza quando si operano interventi edilizi su questi spazi.

E per le modifiche di prospetto per edifici situati in fregio a questi spazi?

Mi trovo in difficoltà ad esprimermi.

Se lo spazio pubblico è vincolato come bene culturale fino a nuovo ordine, è da capire se le facciate frontistanti incidano come valore culturale connesso.

Ovvero, al netto che i prospetti dei centri storici siano altamente monitorati e coperti da restrizioni di intervento, mi domando: il valore di bene culturale della strada è connesso soltanto allo spazio calpestato, oppure si estende anche alle quinte sceniche circostanti?

Sarebbe da approfondire il tema. Nel dubbio preferisco consigliare prudenza e di effettuare le dovute verifiche.

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