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La coibentazione degli edifici prospicenti su spazi pubblici non è stata regolamentata lasciando ai Comuni il problema

L’accelerazione improvvisa all’efficientamento energetico delle costruzioni è stata data dal Superbonus e bonus minori, supportati dall’idea di fare interventi pressoché gratuiti; anche perchè quando si interviene sugli intonaci di una facciata, è divenuto obbligatorio adeguarsi alle direttive di risparmio energetico.

E’ vero che la posa del cappotto termico nelle costruzioni è stata supportata da particolari deroghe alle distanze legali tra costruzioni e dai confini, ma a livello nazionale il legislatore non si è posto il problema degli edifici in fregio a marciapiedi e strade pubbliche.

Per cappotto termico si deve intendere la posa in opera di elementi coibentanti sulle facciate e coperture degli edifici, allo scopo di ridurre le dispersioni energetiche, ed ecco perchè va soprattutto installato sulle superfici lorde disperdenti. Inoltre, la posa di cappotti termici di spessore notevole potrebbe perfino incidere negativamente sui rapporti illuminotecnici negli ambienti abitativi interni.

Alcuni hanno ovviato al problema scegliendo i “nanocappotti”, cioè isolanti termici a bassissimo spessore che promettono miracolose prestazioni e trasmittanze termiche, su quali in diversi nutrono dubbi in merito.

Poi c’è chi ha scelto per i cappotti interni perdendo spazi in alcune stanze, per cercare di non fare ponteggio o evitare l’occupazione permanente di spazi pubblici sul filo facciata.

Altri invece hanno scelto la posa in opera dei cappotti termici esterni con gli spessori superiori ai 10 cm, come derivanti dal calcolo delle trasmittanze minime, vedasi D.Lgs. 192/05 e relative norme termotecniche. In certi casi la posa di questi notevoli extraspessori pone l’interrogativo se siano necessario aggiornare le planimetrie catastali.

Pertanto si vedono in giro varie tipologie di edifici con facciate “coperte” da cappotti e isolanti termici di notevoli spessore in EPS, sughero, polistirolo, lane minerali, legno mineralizzato, e tanti altri. In diversi casi la posa dei cappotti termici è avvenuta “nascondendo” i cavi elettrici e telefonici della rete pubblica, rispetto allo spostamento sul nuovo filo di facciata; chissà se in futuro si rivelerà una scelta vincente.

Finché il notevole spessore va a coprire spazi e resedi privati è un discorso: d’altronde occorre sacrificare un po’ di spazio per installare il cappotto, e per queste ipotesi sono concesse alcune forme di deroga alle distanze legali speciali per Superbonus e a regime per il resto.

La questione diventa spinosa quando i cappotti termici vanno a coprire o a sporgere su spazi esterni pubblici come marciapiedi, strade o altro.

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Cappotto termico sopra marciapiede pubblico e strade

In certi casi alcuni interventi non potevano far altro che installare il cappotto anche al piano terra, al di sopra di spazi pubblici come i marciapiedi.

Con questa modalità si è assistito alla riduzione di certi marciapiedi stretti, o delle strade; su questo aspetto non esiste una normativa generale nazionale, cosa che invece doveva essere fatta già col Superbonus.

A questo vuoto normativo alcuni Comuni hanno provveduto ad approvare appositi regolamenti, per due motivi:

  • evitare o limitare l’occupazione permanente di spazi pubblici, senza alcun titolo, da parte di privati o condomini;
  • mantenere l’accessibilità degli spazi pubblici ai soggetti diversamente abili, prevedendo larghezze minime dei marciapiedi;
  • farsi pagare la tassa di occupazione di suolo pubblico;

Ricordiamoci però che quella esigua striscia (esempio 12 cm) di marciapiede occupato rimane di proprietà pubblica, dalle stelle agli inferi.

Sui cappotti termici vedi anche:

La questione potrebbe diventare diversa per quei cappotti esterni realizzati “a sbalzo” dai piani superiori al primo, ancorché regolamentati dal Comune: infatti i regolamenti edilizi ammettono normalmente elementi a sbalzo come quelli decorativi, gronde o balconi aggettanti.
Depone in senso contrario, il fatto che il cappotto occupante esterno possa configurare un avanzamento del corpo di fabbrica, sagoma e della facciata, andando ben oltre le modeste eccezioni tipicamente riservate a tipici elementi decorativi e aggettanti. Chissà come verrà metabolizzata questa cosa.

Ovviamente si assiste già ad alcuni paradossi: si installa il cappotto termico per risparmio energetico, per pagare la tassa di occupazione pubblica a tempo indeterminato.

Proprio perchè tale regolamentazione è stata lasciata in mano agli Enti locali, si sono viste le proposte più variegate:

  1. consentire il cappotto “a sbalzo” sui piani superiori al primo, vietandolo al piano terra, facendolo partire dall’intradosso del solaio di calpestio del primo piano.
  2. consentire il cappotto anche sul marciapiede, condizionato all’allargamento del medesimo (non sto scherzando);

Alcuni Comuni hanno anche previsto una “tolleranza” di pochissimi cm per l’occupazione di marciapiedi e spazi pubblici col cappotto, dispensandoli da qualunque adempimento, costi e autorizzazioni di ogni tipo. Hanno usato il buon senso, direi, ma sappiamo bene che il rispetto delle trasmittanze minime di legge richiedono spessori che superano “i pochissimi cm” di tolleranza.

In questi casi la norma nazionale poteva e doveva trovare un valido compromesso per tutelare i vari interessi contrapposti di risparmio energetico e accessibilità pubblica: consentire soltanto alle facciate su spazi pubblici il rispetto di trasmittanze ridotte (50% ?), e di consentire l’occupazione dei marciapiedi a titolo gratuito con altre condizioni di contorno.

Magari una norma correttiva, e pure con effetto retroattivo, non ci starebbe male.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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