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Coibentare facciate con servitù di elettrodotti richiede accorgimenti per evitare ponti termici e rischi elettrici

Normalmente le facciate prospicenti spazi pubblici ospitano cavi elettrici, posizioni come servitù impiantistiche per distribuire l’energia elettrica tra le varie costruzioni: finché si tratta di tinteggiare la facciata non ci sono particolari difficoltà, ma quando si sceglie di installare un cappotto isolante termico saltano fuori alcune criticità.

Meglio incassarle sottotraccia “annegandole” dentro il cappotto termico, o meglio farle spostare al gestore sul nuovo profilo della facciata avanzato mediamente di 12 cm? Problema divenuto all’ordine del giorno nelle migliaia di interventi Ecobonus.

Partiamo dall’inquadramento giuridico di questa cavetteria elettrica aerea situata sulle facciate, a volte sotto gronda, sotto marcapiani oppure a qualsiasi quota. Poi lo stesso discorso si applica anche gli impianti e cavetterie telefoniche e di fibre ottiche, quest’ultimi meno problematici perchè meno rischiosi di una matassa di cavi elettrici (ometto distinzioni tra bassa tensione e media per brevità).

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Intanto questi cavi elettrici sono stati collocati sulle facciate a titolo di servitù di elettrodotto, disciplinato con l’articolo 122 R.D. 1775/1933 tuttora vigente, aggiungendo che nei regolamenti edilizi comunali troviamo spesso riportata analoga disciplina.

Una volta costituita la servitù di elettrodotto con apposizione dei cavi elettrici, nascono diritti e doveri da entrambe le parti, come statuisce lo stesso articolo 122 citato e che riporto integralmente:

L’imposizione della servitù di elettrodotto non determina alcuna perdita di proprietà o di possesso del fondo servente.
Le imposte prediali e gli altri pesi inerenti al fondo rimangono in tutto a carico del proprietario di esso.
Il proprietario non può in alcun modo diminuire l’uso della servitù o renderlo Più incomodo. Del pari l’utente non può fare cosa alcuna che aggravi la servitù.
Tuttavia, salvo le diverse pattuizioni che si siano stipulate all’atto della costituzione della servitù, il proprietario ha facoltà di eseguire sul suo fondo qualunque innovazione, costruzione o impianto, ancorché essi obblighino l’esercente dell’elettrodotto a rimuovere o collocare diversamente le condutture e gli appoggi, senza che per ciò sia tenuto ad alcun indennizzo o rimborso a favore dell’esercente medesimo.
In tali casi, il proprietario deve offrire all’esercente, in quanto sia possibile, altro luogo adatto all’esercizio della servitù.
Il cambiamento di luogo per l’esercizio della servitù può essere parimenti richiesto dall’utente, se questo provi che esso riesce per lui di notevole vantaggio e non di danno al fondo.

Fin qui niente di strano: i problemi nascono quando si intende effettuare innovazioni all’edificio come la posa del cappotto termico.

La predetta norma prevede come regola generale che il proprietario del fondo servente (es. costruzione) possa effettuare qualunque intervento innovativo, di costruzione o impianto, anche se tali interventi comportano obbligo del gestore elettrodotto a rimuovere o collegare diversamente la cavetteria, senza dover pagare niente al gestore. Lo scopo è quello di evitare che la presenza dei cavi elettrici della rete pubblica possa configurarsi in un vincolo rigido, dovendo invece trovare un giusto equilibrio tra due interessi privato e pubblico.

Tuttavia quella stessa norma inizia proprio con eccezione alla regola: “salvo le diverse pattuizioni che si siano stipulate all’atto della costituzione della servitù“.
Ciò significa che sarà necessario dover consultare e ricercare appunto gli (eventuali) atti costitutivi di queste servitù, di cui probabilmente si è persa memoria dopo decenni, perchè costituiti e accettati all’atto di richiesta di allaccio elettrico all’edificio.

Ed è per questo che molti gestori si sono dotati di appositi regolamenti di disciplina della propria rete di distribuzione elettrica a quali occorre fare riferimento soprattutto per installare cappotti e isolanti termici sulle facciate.

Cavi elettrici da inglobare nel cappotto o spostamento esterno

Tra le due ipotesi è preferibile lo spostamento in facciata post cappotto per evidenti vantaggi sul profilo di sicurezza e accessibilità manutentiva, quali:

  • evitare un ponte termico lineare di un certo livello, ovviamente evitando pure una traccia muraria orizzontale capace di ridurre le prestazioni antisismiche della parete muraria.
  • riduzione rischio elettrico per abbassamento capacità isolamento, anche transitoria, o esposizione a sovratensioni, scariche fulmini, eccetera;
  • riduzione rischio in caso di futuro inserimento tasselli altri impianti (tubazioni idriche, fibre ottiche, ecc)
  • rapida ispezione e intervento sostitutivo da parte del gestore in caso di potenziamento rete o normale sostituzione cavetteria (niente è eterno);
  • riduzione rischio incendio del cappotto termico stesso, soprattutto quando non la cavetteria non viene inserita in idoneo corrugato integro e continuo (cioè senza “tagliuzzarlo” da cima a fondo per evitare comunque di sfilare tutta la cavetteria e ripassarla, e tanto vale spostarla fuori)
  • riduzione rischi nei casi di futura usura del cappotto termico o dei sistemi architettonici protettivi
  • ce ne sono altri, ma sono sufficienti questi motivi.

Questi tipi di rischi devono essere valutati fin dal progetto ai fini della valutazione di sicurezza D.Lgs. 81/2008, non tanto per il cantiere stesso, ma anche per il famoso obbligatorio Fascicolo dell’opera previsto dal medesimo decreto (un elaborato tecnico che accompagna l’opera per tutta la sua esistenza).

Nella mia pagina Facebook c’è stato un acceso dibattimento sulla questione, dove i vari tecnici si sono divisi tra favorevoli e contrari al mantenimento dei cavi elettrici nella posizione di partenza, “annegandoli” nel cappotto con varie soluzioni a mio avviso discutibili per le anzidette criticità.

Premesso che le soluzioni alternative allo spostamento esterno al cappotto sono da valutare secondo le indicazioni e prescrizioni contenute nei vari regolamenti dei gestori, ho letto come vari tecnici abbiano suggerito o difeso soluzioni atte a mantenere i cavi elettrici nella posizione originaria (e pure telefonici) mediante:

  • semplice occultamento con vari sistemi architettonici (che non condivido) dentro intercapedine ottenuta distaccando le lastre di cappotto termico attorno alla cavetteria e chiusura con lastre metalliche (rame o acciaio inox), cartongessi da esterni, griglie areate, ecc, il tutto confidando sulla capacità isolante o doppiamente isolata della cavetteria;
  • inserimento in guaine/corrugati lungo l’intero tratto dei cavi: come già detto prima, la corretta posa del corrugato deve avvenire in maniera continua lungo l’intero tratto, senza giunzioni o tagli laterali, fino ad essere visibile esternamente al cappotto quando “affiora”; poi si porrà il problema del passaggio d’aria e collegamento esterno del cappotto, partendo da un diametro 40 mm, utile per ospitare insetti, polveri urbane e altro.

Le principali giustificazioni del mantenimento “incassato” della cavetteria in posizione iniziale riguarda la difficoltà di spostamento verso il nuovo profilo avanzato della facciata post cappotto dovute a:

  • costi richiesti dal gestore per lo spostamento transitorio in sicurezza durante il cantiere, e posa finale sul cappotto finito;
  • tempistiche lunghe per l’intervento;

Al netto delle proprie considerazioni personali/professionali e sulle scelte tecniche, direi che non sia buona idea “incapsulare” la cavetteria senza aver prima consultato i vari regolamenti di settore e soprattutto senza essersi formalmente messi in contatto col gestore,

Immagino che il gestore non sarà molto contento di trovare “inscatolati” gli impianti a sua insaputa, soprattutto quando scoprirà certi interventi contrari ai propri regolamenti e per effettuare interventi come quelli d’urgenza; non credo pure che salterà di gioia qualora dovesse procedere al potenziamento della rete, ad esempio per l’impossibilità tecnica dovuta a sottodimensionamento degli eventuali corrugati o impossibilità di passaggio nuovi cavi dentro l’intercapedine lasciata a disposizione.

Come correttamente citato da un collega Tecnico nella discussione su Facebook, “il vero problema è la fretta di cantiere e la mancata pianificazione progettuale di esso che impedisce l’avviamento della procedura di spostamento esterno“.

E lo ha detto con parole molto gentili, bisogna dirlo.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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