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L’attività repressiva degli illeciti edilizi ha natura vincolata e non richiede comunicazione di avvio del procedimenti

Una volta ricevuto il sopralluogo da parte dei competenti organi per accertare l’esecuzione di illeciti edilizi, ha inizio il procedimento repressivo e sanzionatorio in base alla tipologia degli stessi e anche della rilevanza penale.

In ambito edilizio siamo nell’ambito degli articoli 27 e 31 del DPR 380/01, ai quali però ricordiamoci di affiancare le restanti discipline sanzionatorie e repressive previste dalle altre norme di settore aventi incidenza urbanistico edilizia (vedi paesaggistica, antisismica, eccetera).

Detto questo, una volta effettuato l’accertamento degli abusi la P.A. competente deve attivare la relativa procedura che porterà all’emissione dell’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino, a prescindere che siano già compiuti o in corso di esecuzione. Resta fatta salva la possibilità, ove ci siano tutti i presupposti, di poter regolarizzare gli illeciti accertati.

La vera domanda a cui vorrei dare una risposta è la seguente: è obbligatorio effettuare la comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio/repressivo al soggetto interessato, ai sensi degli articoli 7 e 8 Legge 241/90?

Risposta negativa: ce lo spiega la giurisprudenza amministrativa.

Vantaggi dell’avvio del procedimento sugli abusi accertati

L’avvio del procedimento consente di aprire una fase partecipativa del soggetto interessato e futuro destinatario dei provvedimenti repressivi e sanzionatori: la comunicazione di avvio procedimentale e la relativa (eventuale) partecipazione del soggetto potrebbe consentire la produzione di memorie e chiarimenti di quanto emerge dai verbali di accertamento effettuato.

Non è una cattiva idea avviare comunque un attività partecipativa e chiarificatrice col soggetto destinatario del prossimo ordine di demolizione: se fatta correttamente, potrebbe consentire l’individuazione di quegli elementi o fatti su cui la P.A. magari ha fatto valutazioni errate, o di ridurne una parte.

L’avvio del procedimento “partecipativo” consentirebbe di aggiustare quei possibili “abbagli” di valutazione effettuati in un ambito difficile, come la valutazione dello Stato Legittimo.
Infatti, ormai la ricerca dello Stato Legittimo dell’immobile non è solo un affare del privato proprietario, ma anche della P.A.

Per esempio ipotizziamo che durante l’accertamento dell’abuso un Comune non abbia svolto gli adeguati accertamenti “profondi” sullo Stato Legittimo, oppure non abbia verificato le aerofotogrammetrie comprovanti l’esistenza dell’immobile ad una certa epoca, e via dicendo.

Se ci pensiamo bene, questa prima fase “riflessiva”, svolta congiuntamente tra soggetto interessato ed ente pubblico, potrebbe evitare in tutto o in parte la discussione dei vari punti di contestazione in ambito giudiziario e ricorso amministrativo.

Consiglio di Stato conferma natura superflua della comunicazione avvio del procedimento

Detto questo, si sa, al verbale di accertamento dell’abuso la normativa fa conseguire obbligatoriamente il provvedimento di ordinanza demolitoria e rimessa in pristino. E’ definita come attività procedurale vincolata e tassativa, che non richiede una particolare valutazione di interesse pubblico o comparazione con interessi privati: è sufficiente l’accertamento della legalità violata e del ripristino dell’ordinato assetto del territorio.

Infatti l‘ordinanza di demolizione costituisce espressione di un potere vincolato e doveroso in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, rispetto al quale non è richiesto alcun apporto partecipativo del privato (vedi Consiglio di Stato n. 9335/2023, n. 5455/2023, n. 6181/2021)

In tal senso vedi anche Consiglio di Stato n. 3707/2022, secondo cui: “l’attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l’ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell’art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso”; cfr., inoltre, Consiglio di Stato, sez. II, 1 settembre 2021, n. 6181: “al sussistere di opere abusive la pubblica amministrazione ha il dovere di adottare l’ordine di demolizione; per questo motivo, avendo tale provvedimento natura vincolata, non è neanche necessario che venga preceduto da comunicazione di avvio del procedimento”).

Per giurisprudenza consolidata, l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento inteso alla repressione di abusi edilizi non vizia il provvedimento adottato laddove lo stesso risulti adeguatamente motivato in riferimento alla realizzazione di opere in assenza di titolo e con il richiamo alla normativa violata, non occorrendo alcuna specifica valutazione dell’interesse pubblico sotteso e della relativa comparazione con gli interessi privati coinvolti né la comunicazione del preavviso di rigetto (Cons. di Stato n. 5455/2023).

Infine, l’ordinanza di demolizione e rimessa in pristino concerne un procedimento vincolato, per cui troverebbe applicazione l’art. 21-octies, comma 2, della L. n. 241/1990, premesso che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato, atteso anche che, secondo la costante e condivisibile giurisprudenza di questo Consiglio, le garanzie procedimentali non possono ridursi a mero rituale formalistico, con la conseguenza che, nella prospettiva del buon andamento dell’azione amministrativa, il privato non può limitarsi a denunciare la lesione delle pretese partecipative, ma è anche tenuto ad indicare o allegare, specificamente, gli elementi, fattuali o valutativi, che, se introdotti in fase procedimentale, avrebbero potuto influire sul contenuto finale del provvedimento (Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 novembre 2022, n. 9541; Id., Sez. VI, 27 ottobre 2022, n. 9183; Id., Sez. VI, 27 aprile 2020, n. 2676; Id., Sez. VI, 29 febbraio 2019, n. 1405).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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