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La sanatoria edilizia non chiude automaticamente il processo penale, occorre verificarne la correttezza

Lo spunto per questo articolo l’ho avuto conversando col Geom. G. Silvestri, che ringrazio e saluto per aver portato a farci fare riflessioni su temi ancora controversi.

Le Procure hanno una procedura per avviare l’abbattimento di quei fabbricati colpiti dalla sanzione amministrativa aggiuntiva (o accessoria) di demolizione, emessa assieme alla sentenza di condanna penale verso il responsabile dell’abuso o proprietario.

SANZIONE ACCESSORIA DI DEMOLIZIONE IN AMBITO PENALE

La sanzione accessoria della demolizione del fabbricato abusivo può essere pronunciata nei confronti del proprietario o comunque di colui che materialmente dispone delle opere e che, pertanto, può provvedere all’adempimento, non potendosi la sua efficacia estendere nei confronti dei soggetti ad altro titolo coinvolti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, per i quali la possibilità di adempiere sarebbe necessariamente subordinata alla volontà del proprietario, avendo costoro concorso alla realizzazione dell’abuso in virtù di un rapporto obbligatorio (vuoi di appalto, vuoi di prestazione d’opera, vuoi di lavoro dipendente o di altra tipologia) corrente con il titolare del diritto reale o del potere di fatto sul terreno o sull’immobile preesistente, che attesa la sua natura personale, è del tutto autonomo da quello che lega il proprietario o committente all’area su cui l’opera viene realizzata (Cass. Pen. n. 41586/2021).

ORDINE DI DEMOLIZIONE: Approfondimenti

Stiamo parlando di quella categoria di illeciti edilizi “gravi”, cioè gli abusi edilizi e che per definizione hanno rilevanza penale (es. art. 44 DPR 380/01).

Al netto della possibile prescrizione del solo aspetto penale, la sanzione demolitoria amministrativa accessoria rimane eseguibile anche a distanza di moltissimi anni, in quanto non è soggetta alla prescrizione prevista per:

  • il regime penale;
  • le sanzioni pecuniarie;

Inoltre la sanzione amministrativa demolitoria, ovvero “condanna accessoria”, configura sanzione amministrativa di carattere ripristinatorio e non possiede natura punitiva verso la persona (anche se sussiste una sottesa finalità punitiva). L’ordine demolitorio accessorio colpisce l’oggetto cioè l’abuso edilizio, e non la persona, in quanto finalizzato a tutelare l’interesse collettivo dell’assetto territoriale.

Per dirla meglio con le parole della Cassazione Penale: <<l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, avendo natura di sanzione amministrativa di carattere reale a contenuto ripristinatorio, conserva la sua efficacia nei confronti di chiunque vanti su di esso un diritto reale o personale di godimento, potendo essere revocato solo nel caso in cui siano emanati, dall’ente pubblico cui è affidato il governo del territorio, provvedimenti amministrativi con esso assolutamente incompatibili (Cass. Pen. n. 42699/2015).>>

La natura o carattere reale della sanzione demolitoria accessoria, seguendo appunto l’immobile, si applica anche nei confronti dei proprietari diversi dall’effettivo responsabile dell’abuso, anche nei casi in cui la compravendita o trasferimento sia avvenuto anteriormente all’emissione dell’ordine stesso; in questi casi l’acquirente o proprietario estraneo all’abuso potrà rivalersi in sede civile nei confronti del venditore (Cass. Pen. 42632/2021, n. 45848/2019, n. 47281/2009).

Un altro aspetto importante riguarda la possibilità della revoca o sospensione dell’ordine demolitorio accessorio: anche se introdotta nella sentenza penale, la sua riconosciuta natura amministrativa la sottrae dalla regola del giudicato penale.

Altra cosa: la demolizione dell’abuso edilizio non estingue gli aspetti penali del reato edilizio.

Quindi l’esecuzione dell’ordinanza di demolizione può essere fermata dalla presenza di un atto amministrativo (es: Condono edilizio, o sanatoria edilizia) che si ponga in contrasto con tale demolizione, in quanto l’abuso edilizio risulta regolarizzato sul versante amministrativo.
Tale sospensione o revoca del procedimento di demolizione viene dichiarata in gergo “incidente di esecuzione”.

Sanatoria edilizia rilasciata, resta l’incognita della valutazione del giudice penale

Fatta la dovuta premessa, occorre dibattere sul contraddittorio che molto spesso si instaura tra Procure ed Enti comunali a seguito del rilascio del Permesso di Costruire in Sanatoria (o condoni), che di fatto impedirebbero l’esecuzione delle demolizioni.

Esiste la possibilità di “corto circuito” quando le Procure dichiarano illegittimi i titoli abilitativi rilasciati e procedimenti edilizi a seguito di una valutazione di legittimità del giudice di esecuzione, e di conseguenza a procedere alle demolizioni degli abusi.

Questo può/deve avvenire in base agli articoli 36 e 45 del DPR 380/01, i quali prevedono la dichiarazione di estinzione dei reati contravvenzionali previsti nei reati edilizi in caso di loro regolarizzazione (sanatoria edilizia con accertamento di conformità).

In base ad essi il giudice penale ha il potere-dovere di verificare la legittimità del permesso di costruire rilasciato in sanatoria ed accertare che l’opera realizzata sia conforme alla disciplina urbanistico edilizia (vedi Cass. Pen. n. 39753/2021, n. 56678/2018, n. 12869/2009).

Riporto anche la massima della sentenza di Cass. Penale n. 39753/2021:

Ai fini dell’integrazione dei reati di cui all’art. 44, comma 1, lett. b) e c), d.P.R. 380/2001, fatta salva la necessità di ravvisare in capo all’agente il necessario elemento soggettivo quantomeno colposo, la contravvenzione di esecuzione di lavori sine titulo sussiste anche quando il titolo, pur apparentemente formato, sia (oltre che inefficace, inesistente o illecito) illegittimo per contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia sostanziale di fonte normativa o risultante dalla pianificazione. Da ciò consegue il potere-dovere del giudice penale di valutare la conformità al modello legale del titolo edilizio (apparentemente) formatosi in relazione ad un’attività di trasformazione del suolo per poter affermare che questa si sia svolta in forza del necessario presupposto di legalità sostanziale; ciò in base al fondamentale principio contenuto nella disposizione generale secondo cui il permesso di costruire deve essere rilasciato «in conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente» (art. 12, comma 1, d.P.R. 380/2001), ribadito in termini ancor più estesi – quanto alla doverosa osservanza della disciplina normativa di fonte primaria e secondaria – dall’articolo successivo («il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o responsabile dello sportello unico nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti urbanistici»: art. 13, comma 1, d.P.R. 380/2001)

La valutazione di legittimità da parte del giudice penale riguarda anche i condoni rilasciati.

Prima di proseguire, rammento la differenza tra Condono e Sanatoria edilizia in questo post.

Anche nell’ambito del rilascio delle sanatorie del Condono Edilizio, il giudice penale mantiene i poteri di valutazione analoghi a quelli descritti precedentemente. Certamente anche questa valutazione da effettuare nell’ambito del condono edilizio è suscettibile di cambio di orientamento sulla corretta interpretazione: prendiamo ad esempio i limiti volumetrici di accesso ai vari tipi di Condono edilizio, e di come debbano essere considerate più istanze presentate da soggetti diverti riguardanti il medesimo edificio.

Proviamo a sintetizzare la questione spinosa e ancora irrisolta.

Innanzitutto i condoni edilizi nascono per esigenze di natura economica e di stabilità finanziaria, con l’obbiettivo di ricavare introiti, altrimenti non reperibili, oblando reati di natura penale a fronte del pagamento di determinate somme.

Usando una metafora, si “monetizza” il peggioramento dell’assetto del territorio e la diversa attuazione dello strumento urbanistico.

Nel corso degli anni sono stati emanati tre provvedimenti di condono edilizio o di sanatoria edilizia straordinaria:

1) Legge 47/85, senza alcun limite volumetrico e di superficie, quindi ritenuto il più permissivo di tutti;

2) Legge 724/94, con limiti volumetrici di 750 mc. per ogni singola richiesta di natura abitativa e senza limitazioni per immobili non residenziali;

3) Legge 326/03, con limiti volumetrici di 750 mc. per ogni singola richiesta di natura abitativa e con limite massimo di 3000 mc.; oppure in alternativa ampliamenti di edifici esistente entro il 30%;

Si può notare che si è passati da un condono “tombale” senza limiti con L. 47/1985, al Terzo Condono L. 326/2003 fortemente limitato per certi aspetti vincolistici sia nché volumetrici (massimo di 3.000 metri cubi per edifici di natura residenziale con ulteriore limite di 750 per singola richiesta); nel mezzo vi è inserito il condono L. 724/1994 che limita soltanto la volumetria massima per singola istanza.

Appare evidente come il legislatore, pur dovendo risanare le finanze pubbliche, abbia gradualmente limitato le maglie di accessibilità al condono edilizio.

Infine, occorre ricordare che per ogni provvedimento di Condono edilizio è stata emanata altrettanta Circolare del Ministero Lavori Pubblici ( non uno qualunque), con cui hanno cercato di chiarire metodi applicativi e limiti di accesso.

  1. Condono L. 47/85:
    Circolare Ministeriale LL. PP. n. 3357/25 del 30 Luglio 1985
    Circolare Min. LLPP 18/07/1986 n. 3466/25 – Opere interne realizzate prima della L. 47/1985
  2. Condono L. 724/94: Circolare Ministero dei Lavori Pubblici n° n. 2241 del 17/61995
  3. Condono L. 326/03: Circolare Ministero delle infrastrutture e dei trasporti Circolare n. n. 2699 del 7 dicembre 2005

Effetti delle verifiche di legittimità del Giudice Penale sull’intervenuta regolarizzazione amministrativa

La verifica di legittimità delle istanze di condono/sanatorie compete alla Pubblica Amministrazione.

Tuttavia la corretta applicazione della procedura di regolarizzazione (ad esempio dei limiti volumetrici 750 metri cubi, o i soggetti legittimati) spesso può essere letta dai giudici come artificio per aggirare la normativa, con o senza episodi di corruzione.

Infatti potrebbero verificarsi eventuali abusi, errori ed omissioni nel procedimento di regolarizzazione, che sia condono o sanatoria edilizia.

E appunto, potrebbe nascere il corto circuito sulla corretta interpretazione normativa dei limiti volumetrici e sui soggetti legittimati a chiedere il condono.

In primis la questione fu affrontata dalla “Corte Costituzionale”(Sentenza 302 anno 1996) con cui fu eccepita la costituzionalità dell’art. 39 legge 724/94 dal Pretore di Roma in un giudizio riguardante l’estinzione dei reati per sopraggiunto condono edilizio.

In quella Sentenza furono chiaramentespecificati termini e condizioni di accesso al condono, e da allora il dubbio non è stato sciolto neanche a livello normativo.

Da una parte si sono manifestati diversi casi in cui le sentenze penali si orientano prevalentemente a respingere gli incidenti di esecuzione proposti, nonostante i Permessi in Sanatoria e condoni rilasciati con la solita interpretazione, ritenendo cioè che più istanze di condono sullo stesso edificio portino ad aggirare i limiti volumetrici della norma (es. L. 724/94 e L. 326/03).

Dall’altra parte alcuni comuni sono portati a fare “auto protezione” rallentando il rilascio dei condoni edilizi.

A questo punto: se un giudice penale dichiara illegittimi i condoni rilasciati in sede di incidente di esecuzione, non dovrebbe conseguire anche l’apertura di un fascicolo per abuso d’ufficio contro la struttura comunale che ha rilasciato il titolo edilizio?

Ci sarebbe molto da scrivere su una problematica reale che in alcuni casi consente “scappatoie” alla vera speculazione edilizia (più domande da soggetti diversi ma legittimati) e punisce la costruzione di carattere familiare (diverse domande fatte dai fratelli germani, ma l’abuso è considerato unico commesso dal padre e pertanto fittizio frazionamento delle domande).

Diciamo che a questo punto sia necessario un chiarimento legislativo.

Mantenere o togliere al Giudice penale il potere di verifica di legittimità dei titoli rilasciati

A prima vista potrebbe sembrare persino un passaggio di verifica “doppione” a quello “in teoria” già svolto in sede di istruttoria dalla P.A., ritenendo sufficiente il rilascio formale del titolo edilizio legittimante ex post (condono o sanatoria). Tra l’altro il potere/dovere di verifica non è circoscritto solo ai titoli “pesanti” (Condono o Sanatoria art. 36 TUE), ma anche verso le procedure di regolarizzazione senza rilascio espresso della P.A., vedasi SCIA in sanatoria ex art. 37 DPR 380/01 (Cass. Pen. n. 12466/2021).

Riflessione personale: se da molti anni il legislatore mantiene a favore del giudice penale il potere/dovere di sindacare la correttezza della procedura di regolarizzazione, una ragione ci sarà.

A ben vedere, di ragioni ve ne sono a centinaia o perfino migliaia: è sufficiente consultare le diverse sentenze di Cassazione Penale emesse ogni anno, facendo presagire un numero maggiore di esse in primo e secondo grado.

Probabilmente il legislatore, conoscendo questi dati e “certe abitudini frequenti” da entrambe le parti opposte, ritiene di non potersi fidare scegliendo di mantenere un ulteriore filtro di controllo giudiziario forte, capace da solo di validare tutta la procedura di regolarizzazione. In sostanza spetta al giudice penale di porre la parola “fine” alla regolarizzazione dell’abuso edilizio.

Più chiaramente, intendo dire che se ci sono tante sentenze penali che annullano e dichiarano illegittimi i permessi di costruire in sanatoria o condoni edilizi rilasciati, forse forse ci dovremmo fare altre domande, tipo “qual è il livello medio della P.A. e dei professionisti tecnici coinvolti, e come mai tanti titoli edilizi rilasciati in maniera illegittima?”.

Corruzione, negligenza o imperizia?

Non mi pronuncio, ma le statistiche a quanto pare indicano che il problema c’è.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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