In giurisprudenza amministrativa convivono più orientamenti circa l'ammissibilità di sanatoria strutturale
La possibilità di fiscalizzare la sanzione demolitoria deve essere valutata dalla PA in fase esecutiva e successiva all’ordine di demolizione
Possono presentarsi casi in cui la demolizione di abusi edilizi e difformità sia oggettivamente impossibile e quindi monetizzarne la remissione.
L’argomento di questo post riguarda le sole casistiche di opere compiute in parziali difformità dal permesso di costruire e/o SCIA alternativa al Permesso di Costruire, come previsto dall’art. 34 del D.P.R. 380/01, che riportiamo per esteso e che non ha riportato modifiche neppure dopo l’emanazione dell’importante D.Lgs. 222/2016:
Art. 34 – Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
1. Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell’abuso.
2. Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell’opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.
2-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01 eseguiti in parziale difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività.
2-ter. Ai fini dell’applicazione del presente articolo, non si ha parziale difformità del titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali.
Limiti e ambito applicativo dell’art. 34 TUE su parziali difformità.
La prima difficoltà riguarda l’individuazione poco netta che separa la distinzione di parziali difformità dall’ipotesi di totale difformità da PdC, per quest’ultima rinvenibile quanto meno alle variazioni essenziali richiamate dall’art. 31 e 32 del Testo Unico.
Le opere compiute in parziali difformità al PdC possono essere qualificate tali solo sul presupposto di essere state compiute in difformità durante un intervento legittimato da un Permesso di Costruire rilasciato.
Non sono inquadrabili nella categoria di parziali difformità dal PdC le opere compiute in assenza di titolo abilitativo, aspetto che la Pubblica Amministrazione dovrà valutare caso per caso per distinguere se effettivamente siano state compiute al di fuori del Permesso di Costruire, ovvero in un tempo o fase distinta e successiva.
Con la procedura di regolarizzazione in riferimento all’art. 34 del TUE non può sanare due autonomi interventi edilizi, di cui uno pregresso sorretto da permesso di costruire e l’altro successivo privo di alcun titolo (Cons. di Stato VI n. 2325/2016, n. 5472/2017).
Un esempio potrebbe essere l’ampliamento avvenuto nel 2015 di un fabbricato, quest’ultimo edificato con regolare permesso di costruire del 1998: in tal caso si ha un abuso edilizio o illecito postumo e distinto da quello che concretamente poteva essere compiuto nel corso della prima edificazione originaria.
Spetta all’A.C. valutare la possibilità di sostituire la demolizione e fiscalizzarne la rimessa in pristino.
Nel solo ambito edilizio, le parziali difformità dal PdC si suddividono in due tipologie:
- rimovibili;
- non demolibili perchè pregiudizievoli per la parte compiuta in conformità;
La valutazione dell’effettiva impossibilità di demolire la parziale difformità non è una regola, ma una eccezione da valutare caso per caso; l’onere di valutazione spetta in capo all’Amministrazione Comunale competente, cioè al Comune.
L’irrogazione della sanzione pecuniaria non deve essere effettuata prima dell’emanazione dell’ordinanza di demolizione, bensì dopo l’emanazione di essa: infatti la valutazione del sanzionamento sostitutivo alla demolizione decorre dall’avvenuta constatazione dell’effettiva impossibilità di ripristinare.
Anche se scritto meglio nell’art. 33 comma 2 del TUE, relativo alle ristrutturazioni edilizie “pesanti” compiute in assenza o difformità dal Permesso di Costruire, pure nell’art. 34 TUE sulle parziali difformità dal PdC si rinviene la stessa radice di accertamento da parte della PA di questa impossibilità.
Nell’art. 33 c.2 TUE si legge infatti che «Qualora, sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile,(eccetera)».
Mentre nell’art. 34 c.2 TUE statuisce che «Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità (eccetera)»
Da una lettura congiunta, anche non rigorosa, emerge che non è possibile emettere subito la sanzione pecuniaria, detta anche “fiscalizzazione” per mancata demolizione.
Al contrario, la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, nello specifico disciplinata dall’art. 34 del D.P.R. n. 380 del 2001, deve essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione (Cons. di Stato, Sez. VI n. 5472/2017, n. 2001/2013).
Prima di proseguire, ti suggerisco l’apposito video YouTube “Come evitare la demolizione degli abusi edilizi”.
Il sanzionamento pecuniario conseguente solo a Ordine di demolizione.
Altro aspetto assai importante da sottolineare e diffondere: il pagamento di questa somma a titolo di sanzione non comporta affatto alcuna regolarizzazione, condono o sanatoria.
A livello nazionale l’art. 34 del TUE dispone che debba essere calcolata sulla sola parte di opere realizzata in difformità dal permesso di costruire come segue:
- uso residenziale: doppio del costo di produzione stabilito in base alla L. 392/1978 (ricordate la legge sull’Equo canone?);
- uso diverso da residenziale: doppio del valore venale determinato a cura dell’agenzia del territorio (ex Catasto e oggi Agenzia Entrate);
In tutto questo preme sottolineare che ci sono aspetti settoriali da tenere sempre in priorità, come appunto gli aspetti strutturali antisismici e paesaggistici: questi potrebbero comunque essere aspetti tali da impedire comunque la possibilità di sanzionare in via pecuniaria.
Poniamo il caso di un fabbricato realizzato col permesso di costruire rilasciato nel 2015 e durante il quale sono state compiute parziali difformità consistenti in aumento di volume, perciò non sanabili in nessuna ipotesi sotto il profilo paesaggistico.
Ci salutiamo col suggerimento del video su come condonare un immobile:
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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