Comune non può imporre termini più breve per integrare la domanda di condono con altri documenti

La permanenza risulta da atti amministrativi, dall’ultimazione e utilizzazione degli abusi edilizi
In assenza di prova diversa, a prescindere dagli interni, l’ultimazione esterna e utilizzazione dimostrano il carattere di permanenza
Generalmente un abuso edilizio viene (o deve essere) accertato dai competenti organi di vigilanza, in genere polizia municipale con agenti e ufficiali aventi funzione di polizia giudiziaria.
Una volta accertato con verbale l’abuso, tutto passa nelle mani del dirigente o il responsabile dell’ufficio tecnico comunale che deve adottare ed emanare i relativi provvedimenti di sospensione o remissione in pristino dello stato dei luoghi, oltre a comunicare eventuali informative ai competenti organi di vigilanza delle rispettive norme edilizie settoriali (Paesaggistiche, Genio Civile, ecc).
La sentenza di Cass. Pen. III n. 16463 del 31/03/2017 stabilisce che la cessazione della permanenza nella contravvenzione di costruzione abusiva oltre che dall’esistenza di un provvedimento autoritativo, amministrativo, civile o penale, o dalla cd. desistenza volontaria, deriva dalla ultimazione dell’opera, ivi comprese le rifiniture esterne ed interne.
Pertanto in assenza di una prova diversa, oltre ad una determinata data di accertamento amministrativo, si deve ritenere che la semplice utilizzazione dell’immobile e la sua ultimazione all’esterno, senza alcuna dimostrazione o necessità del completamento delle opere interne, comporti l’individuazione della permanenza del reato di abuso edilizio.

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Gli abusi edilizi sono reati di natura permanente e come tali cessano con la remissione in pristino
In materia di abusi edilizi si deve ritenere ultimato e compiuto solo l’edificio concretamente funzionale, in possesso di tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, di modo che anche il suo utilizzo effettivo, ancorché accompagnato dall’attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per ritenere sussistente l’ultimazione, in genere coincidente con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni.
Il DPR 380/01 prevede espressamente procedure e criteri di accertamenti dei reati di abusi edilizi.
I reati di abusi edilizi e di costruzione senza titolo abilitativo hanno carattere e natura permanente, e in tali casi è onere dell’accusa provare la prosecuzione dei lavori anche dopo la data di accertamento della violazione compiuto dagli organi competenti (Cass. Pen. III n. 16463/2017).
Chiaramente, la questione non presenta implicazioni e conseguenze solo sul piano puramente sanzionatorio amministrativo (ordinanze di rimessa in pristino), ma anche sul piano delle successive sanzioni pecuniarie per inottemperanza (leggi l’approfondimento qui) e soprattutto sul piano penale e della relativa prescrizione.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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