Il pregiudizio all'assetto del territorio causato da illeciti edilizi richiede analisi complessiva e non atomistica

Il principio della “doppia conformità” risulta finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della “disciplina urbanistica ed edilizia” nei due momenti relativi all’esecuzione dell’opera e alla presentazione dell’istanza di sanatoria.
Ponte dei sospiri, Venezia – p.g.c. di Serena di Paola, giornalista

Carlo Pagliai
Autore
Nell’attuale ordinamento esiste una sola casistica ordinaria per regolarizzare gli abusi edilizi, sottoposta a precisa condizione: la doppia conformità.
La sanatoria si distingue dal condono vero e proprio, ed è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi “formali”, ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, evidenziando la ragione ispiratrice di natura preventiva e deterrente, finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio.
La condizione di doppia e contemporanea conformità dell’abuso edilizio a due distinti momenti, ovvero epoca dell’abuso e deposito della domanda di sanatoria, non prevede deroga alcuna in quanto il legislatore con l’emanazione della L. 47/85 ha voluto escludere letture “sostanzialiste” della norma che consentissero possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, e conformi solo al momento della presentazione dell’istanza per l’accertamento di conformità (Cass. Pen. III n. 26425/2016).
La ragione profonda di questa scelta è inquadrabile nel rischio, ritenuto concreto, di “varianti urbanistiche ad personam”.
Il legislatore ha scelto di non lasciare aperti margini alla possibilità che di fronte a un abuso edilizio, anche di natura consistente, un Comune potesse legittimare post opera attraverso varianti al proprio strumento urbanistico o piano regolatore.
In effetti, ipotizzando una lettura dell’attuale articolo 36 del Testo Unico DPR 380/01 in assenza del requisito di doppia conformità, potrebbe davvero concretizzarsi la possibilità di sanare (senza condono) in ogni momento temporale e quando l’opera abusiva risulti non in contrasto alle norme e strumenti urbanistici vigenti alla stessa domanda.
La procedura di sanatoria rispettante il solo requisito di conformità al momento della domanda è stata inquadrata da un orientamento giurisprudenziale amministrativo nettamente minoritario come “Sanatoria giurisprudenziale o imperfetta“, posto che il Consiglio di Stato da alcuni anni tende a inibire questo istituto pretoriano (Cons. Stato V n. 1324/2014, n. 2755/2014).
Es. estremo: è stato costruito un palazzo di sette piani in un terreno situato in zona di saturazione; ad oggi il PRG avrebbe consentito quattro piani.
Tra un mese il comune potrebbe operare una variante al PRG innalzandovi l’indice urbanistico a… sette piani, guarda caso!
Il giorno successivo a questa variante l’esecutore del palazzo abusivo potrebbe vedersi riconoscere la sanatoria a suo favore.
Resta il fatto che buona parte del patrimonio edilizio esistente è stato oggetto di trasformazioni e modifiche edilizie non conformi, alle quali ben tre condoni edilizi (l’ultimo addirittura depotenziato) non hanno saputo dare risposta efficace.
La mia opinione è che la normativa urbanistica debba suddividere e ponderare meglio le tipologie di difformità edilizie, tenuto conto che:
- da una parte si vuole privilegiare il giusto principio della legalità evitando disparità tra comportamenti onesti/disonesti;
- da una parte si vuole semplificare e ridurre il contenzioso;
- da una parte si vuole evitare azioni eccessivamente repressive verso cittadini in assoluta buona fede;
Come nota a margine, però, si torna sempre a ribadire che la principale fonte dei problemi dell’abusivismo edilizio deriva da cultura scarsamente propensa al rispetto delle norme.
CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica negli atti notarili e commerciabilità degli immobili
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