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Le due procedure di sanatoria edilizia vigenti sono condizionate a diversi regimi di doppia conformità

di Carlo Pagliai e Fabio Squassoni

Dal 1985 e fino all’avvento del decreto-legge n. 69/2024, convertito in legge n. 105/2024, parlare di altre forme di sanatoria edilizia diverse da quella puramente formale era peccato grave. Ci hanno provato quasi tutte le regioni a introdurre norme speciali di sanatoria, attenuando il severo regime di doppia conformità temporale della disciplina urbanistica ed edilizia, all’epoca dell’abuso e al momento di presentare l’istanza.

Report: Doppia conformità diversificata

A partire dalla fine degli anni ’90 e fino alla prima decade dei 2.000 si erano timidamente pronunciate alcune sentenze che ammettevano la regolarizzazione degli abusi edilizi con la cosiddetta “sanatoria edilizia giurisprudenziale”, basata cioè sul requisito di singola conformità degli abusi alla odierna disciplina urbanistica ed edilizia, ovvero di contemporanea conformità alla:

  • disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione di richiesta di permesso in sanatoria;
  • disciplina edilizia vigente al momento della presentazione di richiesta di permesso in sanatoria.

Di più, per un certo periodo si è pensato che la sanatoria dell’opera conforme alle disposizioni sopravvenute fosse connaturata con i meccanismi del sistema amministrativo, sulla base del fatto che sembrava assurdo costringere alla demolizione opere che avrebbero potuto essere realizzate il giorno dopo tal quali, con il semplice ottenimento del permesso preventivo. Tutto questo, ovviamente, al netto degli aspetti penali dell’abuso, che la sanatoria giurisprudenziale non toccava neppure, agendo sui soli profili amministrativi. In altre parole, le sanzioni penali rimanevano, ma, se non altro, le opere si salvavano.

A poco a poco, quando la sanatoria giurisprudenziale è caduta in disgrazia, cominciando ad essere considerata al pari della bestemmia, alcune regioni hanno inserito nelle proprie legislazioni simili modalità di regolarizzazione: la più longeva è stata quella dell’Emilia Romagna con LR 23/2004, articolo 17 c.2, forse perché finora mai impugnata per vizio di costituzionalità.

Con l’entrata in vigore del decreto Salva Casa il vento è cambiato, seppur di poco, con l’inserimento della cosiddetta “sanatoria edilizia minore” nell’articolo 36-bis DPR 380/01; tale regime gode di una procedura virtualmente più semplificata, e soprattutto del requisito di “doppia conformità asincrona”, cioè un regime di doppia conformità dimezzato, ossia congiuntamente conforme:

  • alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione di richiesta di permesso in sanatoria o di SCIA in sanatoria;
  • ai soli requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente all’epoca dell’abuso (e non all’intera disciplina edilizia, ma a una sua parte).
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Sanatorie edilizie formali, sostanziali e miste

Se l’accertamento di conformità ex articolo 36 DPR 380/01 ha mantenuto il regime di sanatoria formale, riservato agli abusi altrettanto formali, la nuova SCIA in sanatoria e PdC in sanatoria ex articolo 36-bis TUE sono da considerarsi sanatorie semi-sostanziali e/o semi-formali, o meglio ancora sanatorie miste. Infatti, le opere illecite rientranti nell’articolo 36-bis potrebbero risultare sanabili anche se solo rispondenti alla doppia conformità “asincrona”, e pertanto risultare anche in contrasto e difformi ai due restanti requisiti di conformità alla:

  • Disciplina urbanistica vigente all’epoca dell’abuso;
  • Disciplina edilizia vigente all’istanza PdC o SCIA in sanatoria;

Lasciamo stare per un attimo le fattispecie coperte dall’art. 36 e soffermiamoci sui casi coperti dalla sanatoria minore ex art. 36 bis TUE, per le quali emergono alcune immediate considerazioni facendo una valutazione comparativa con la sanatoria giurisprudenziale:

  1. Nel caso in cui sia rilasciata sulla base della sola doppia conformità asincrona, la sanatoria ex art. 36 bis ammette la sanabilità di opere non conformi alla disciplina edilizia vigente al momento in cui si presenta l’istanza, mentre la sanatoria giurisprudenziale presupponeva la regolarità a tutta la normativa in vigore alla presentazione, edilizia compresa;
  2. La sanatoria ex art. 36 bis determina l’estinzione della sanzione penale correlata all’edificazione abusiva, mentre la sanatoria giurisprudenziale conserva gli effetti penali della violazione.
  3. La sanatoria giurisprudenziale è più rigorosa della sanatoria minore ex art. 36 bis rispetto ai casi da questa contemplati.

Sulla base di queste considerazioni possiamo fare una riflessione immediata: se con l’introduzione dell’art. 36 bis abbiamo permesso la sanabilità di immobili che non sarebbero stati sanabili con la sanatoria giurisprudenziale per quale motivo questa rimane inammissibile?

Nel quadro attuale la sanabilità delle opere conformi alla sola disciplina sopravvenuta, sia urbanistica, che edilizia, costituirebbe una ipotesi intermedia tra il rigore estremo dell’accertamento di conformità ex art. 36 TUE, applicabile ad abusi solo formali e che restino tali e la sanatoria minore ex art. 36 bis applicabile ad abusi sistematicamente in parte formali, ma in parte sostanziali e permetterebbe di gestire in modo razionale i casi nati come abusi sostanziali, ma che, con l’evoluzione normativa siano diventati meramente formali.

Chissà che tale forma di regolarizzazione possa trovare accesso nel percorso di Riforma del testo unico edilizia, che alcune parti politiche hanno annunciato alcuni mesi fa come avviato, e sul quale sembrerebbe tornato un certo silenzio.

Chi vivrà vedrà.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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