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Ennesima conferma di Cassazione che ritiene inammissibile sanare illeciti edilizi con singola conformità

Con sentenza di Cassazione Penale n. 43823/2023 è stato confermato per l’ennesima volta il requisito tassativo di doppia conformità, necessario per la SCIA in sanatoria e Accertamento di conformità, rispettivamente articoli 37 e 36 D.P.R. 380/01. Il sistema attualmente concepito non ammette deroghe in nessuna ipotesi, restando invece esclusa la doppia conformità nel regime della CILA tardiva.

Per sanatoria giurisprudenziale si intende quella ipotetica modalità atipica basata soltanto sulla singola conformità alla disciplina urbanistico edilizia vigente al momento dell’istanza, senza comprendere/rispettare anche quella vigente all’epoca dell’ultimazione dell’illecito.

La cosiddetta “sanatoria giurisprudenziale”, non trova applicazione poiché l’unico strumento per regolarizzare gli immobili è l’accertamento di conformità secondo l’art. 36 del DPR 380/2001. Tale accertamento è ottenibile solo se l’intervento rispetta la disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione che della presentazione della domanda, per cui SERVE la doppia conformità nelle due forme di sanatoria edilizia ammesse nel T.U.E.

In passato invece si era formato un orientamento della giurisprudenza amministrativa ammetteva l’applicazione della sanatoria giurisprudenziale o “imperfetta”, anche se in modo incerto e ondivago. Nel corso del tempo, l’orientamento della giurisprudenza amministrativa e, soprattutto, quello costituzionale hanno progressivamente escluso e precluso l’uso della sanatoria giurisprudenziale (Consiglio di Stato n. 5708/2023, n. 5327/2017, n. 3018/2017, n. 3194/2016; Consiglio di Stato VI, 5 giugno 2015 n. 2784; Corte Costituzionale, 29 maggio 2013, n. 101).

Tale opzione non si pone in contrasto con alcun principio costituzionale, essendosi al riguardo già pronunciata la Corte Costituzionale stabilendo che costituisce principio fondamentale nella materia del governo del territorio la verifica della “doppia conformità”, in quanto adempimento “finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità” (così la sentenza Corte Cost., 8 novembre 2017, n. 232; cfr. anche Corte Cost., 21 aprile 2021, n. 77, “costituisce principio fondamentale della materia governo del territorio la verifica della cosiddetta “doppia conformità” di cui al menzionato art. 36 t.u. edilizia, in base al quale «il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda». Si tratta, infatti, di un adempimento finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità” (sentenza n. 232 del 2017; nello stesso senso, sentenze n. 107 del 2017 e n. 101 del 2013).

Accertamento di Conformità e Limiti delle Sanatorie edilizie

L’accertamento di conformità è uno strumento per la conservazione di opere già realizzate, garantendo la doppia conformità alla disciplina urbanistico edilizia senza considerare interventi futuri e finalizzati a conformarsi. In ambito edilizio, non era possibile rilasciare una concessione edilizia in sanatoria secondo gli articoli 13 e 22 della Legge 47/1985, come allo stesso modo per il vigente accertamento di conformità ora trasposta negli articoli 36 e 45 del D.P.R. 380/2001.

Lo stesso criterio trova automatica estensione alla SCIA in sanatoria prevista dall’articolo 37 comma 4 DPR 380/01, anch’essa fondata sul presupposto essenziale di doppia conformità verso la disciplina urbanistico edilizia vigente all’epoca dell’illecito e al suo deposito al S.U.E. In questa fattispecie esiste una speciale e particolare procedura in deroga, che permette di “fiscalizzare” l’illecito con singola conformità ad oggi.

In mancanza di queste condizioni, la sanatoria giurisprudenziale diventa un atto atipico con effetti provvedimentali posti al di fuori di ogni previsione normativa. Ciò contrasta con il principio di legalità dell’azione amministrativa e con il carattere tipico dei poteri dell’amministrazione, non surrogabili da un giudice, rischiando la violazione del principio di separazione dei poteri e l’invadenza in sfere riservate alla Pubblica Amministrazione stessa (Consiglio di Stato n. 3018/2017, n. 3194/2016, n. 2784/2015; n. 4552/2015).

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La legittimazione postuma di opere originariamente abusive è esclusa, e la sanatoria giurisprudenziale non può essere applicata in assenza di una base normativa specifica. Questo principio è stato confermato da recenti decisioni del Consiglio di Stato (Sezione VI, 19 agosto 2022, n. 7291; Sezione VI, 19 agosto 2021, n. 5948; Sezione VI, 17/2/2021, n. 1457; 4/1/2021; Sezione IV, sentenza n. 1874 del 21 marzo 2019; Sezione VI, sentenza n. 5319 del 11 settembre 2018; Sezione VI, sentenza n. 2496 del 24 aprile 2018; Sezione VI, sentenza n. 1087 del 20 febbraio 2018; Sezione VI, sentenza n. 3018 del 21 giugno 2017; Sezione VI, sentenza n. 3194 del 18 luglio 2016).

In conclusione, è ribadito il principio che i provvedimenti di sanatoria giurisprudenziale o “atipica”, che non rispettano la doppia conformità, sono illegittimi. Il giudice penale non può attribuirvi alcun effetto, né estinguere il reato urbanistico, né evitare l’ordine di demolizione dell’opera abusiva, come previsto dall’art. 31, comma 9 D.P.R. 380/01.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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