Introdotta possibilità di ridurre altezze minime fino a 2,40 m mediante ristrutturazione
Non è attribuito alcun effetto di sanatoria automatica gli illeciti già presenti, il Comune conserva i poteri repressivi e sanzionatori.
Con sentenza n. 25830/2023 la Cassazione Civile è tornata a confermare il principio per cui il rilascio del certificato di Abitabilità da parte del Comune non sana o regolarizza un bel niente del profilo urbanistico edilizio (e per analogia anche verso l’Agibilità).
E’ brutto a dirsi, perchè nella fattispecie il principio è stato ribadito in una causa civile per irregolarità assai datate (immobile costruito con licenza del 1971) e sulle quali comunque la P.A. ha provveduto nel 1980 a rilasciare il certificato di abitabilità allora previsto; oggi invece si procede a far attestare le condizioni di Agibilità da un Tecnico abilitato con la Segnalazione Certificata di Agibilità, introdotta nell’articolo 24 DPR 380/01 dal D.Lgs. 222/2016.
Detto questo, la fattispecie oggetto della predetta sentenza riguardava una compravendita stipulata nel 2003 di immobile risultato poi viziato da irregolarità edilizie tali da incidere anche sui requisiti di Abitabilità: nell’immobile, licenziato nel 1971, è stata riscontrata una altezza interna di 2,47 metri rispetto a quella licenza di 2,60 metri (prevista dall’allora vigente regolamento edilizio comunale e anteriormente al D.M. 5 luglio 1975).
Gli argomenti posti a difesa della contestazione non sono stati sufficienti per attribuire valore sanante al rilascio di Certificato di Abitabilità in presenza certa di irregolarità edilizie.
Sappiamo bene che una bella fetta di immobili in Italia sia dotata di Abitabilità/agibilità rilasciata a suo tempo, anche in presenza di irregolarità di vario tipo.
Sappiamo pure bene che la giurisprudenza civile, penale e amministrativa non riconosce alcun effetto sanante edilizio a questo tipo di certificazioni rilasciate dalla P.A., che aveva il potere/dovere di accertare anche la conformità dell’opera al progetto approvato (vedi articoli 219 e seguenti del R.D. 1265/34).
Abitabilità rilasciata non costituisce sanatoria edilizia automatica
Tuttavia il loro rilascio non esclude il potere sanzionatorio della P.A. a posteriori e ad anni di distanza, dovendo applicare regimi repressivi assai più severi di quelli del passato; ciò vale anche per quelle irregolarità “apparentemente” di modesta entità, magari allora ritenute comunemente tollerate e che invece agli occhi della nostra normativa vigente sono fuori tolleranza edilizia art. 34-bis DPR 380/01.
Pensiamo a una finestra spostata di 20 cm rispetto alla licenza edilizia rilasciata: se nel 1971 andavi in Comune a chiedere una licenza in variante probabilmente venivi guardato “storto”, per essere volgare.
Il Consiglio di Stato ha confermato la distinzione tra le funzioni dei titoli abilitativi edilizi e del certificato di abitabilità:
“Il permesso di costruire ed il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi, non sovrapponibili fra loro, in quanto il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile sia stato realizzato secondo le norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti, mentre il titolo edilizio è finalizzato all’accertamento del rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche. Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell’oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l’edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili” (Cons. di Stato n. 2550/2023, n. 3666/2021, n. 5319/2020, n. 8180/2019).
Cassazione, la P.A. conserva potere sanzionatoria anche con rilascio di abitabilità
La predetta senza di Cassazione Civile n. 25830/2023 non ha giustificato alcun effetto sanante al rilascio dell’abitabilità, considerato che la P.A. (il Comune) conserva il suo potere sanzionatorio e repressivo quando vi sia una irregolarità sanzionabile.
Non sussiste alcun tipo di legittimo affidamento verso i proprietari e acquirenti successivi neppure motivando una inattività della P.A. per mancata verifica/accertamento di questi illeciti, considerato che il rilascio dell’abitabilità contemplava allora, come ancora oggi, il riscontro della conformità dell’opera al progetto (fin dal R.D. 1265/1934).
La stessa Cassazione ha richiamato il principio stabilito già dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 9/2017, confermando che il decorso del tempo non possa incidere sull’ineludibile doverosità degli atti volto a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della relativa sanzione.
Con tale chiarimento l’Adunanza plenaria ha chiarito che: “l’inerzia nell’adozione degli atti di repressione dell’abuso non è foriera d’affidamento alcuno sulla legittimità dell’opus in capo al proprietario dell’abuso, poiché … questi non è destinatario di un atto amministrativo favorevole, idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata”
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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