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Riflessioni critiche sulla nuova Legge urbanistica toscana: Legittimazione e sanzioni

Avendo seguito con attenzione il processo evolutivo della norma, ritengo di iniziare la disamina critica da un argomento notevole che tiene banco ormai in ogni pratica edilizia e trasferimento di proprietà: la Legittimazione urbanistica degli immobili, spesso connessa alla relativa Legittimazione edilizia.

Il Legislatore toscano nel 2005 ricalcò la linea repressiva del T.U. DPR 380/01 (di seguito Testo Unico) verso gli abusi edilizi di parziali difformità al Permesso di Costruire rispetto al tuttora vigente, in particolare per i casi in cui la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, applicando la sanzione <<pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere>>.[1]
Questa casistica vigeva, sia per il Testo Unico che per la L.R. 1/05 indipendentemente dall’epoca di abuso e dall’ambito territoriale.

Gli ex Artt. 139 e 149 della L.R. 1/2005, titolati rispettivamente “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire” ed  “Accertamento di conformità“, non sono scomparsi ma sostituiti dagli art. 206 “Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire” e 209 “Accertamento di conformità”, rimasti pressoché immutati.
Le sanzioni di cui agli art. 207 e 208 sono integrative e non sostitutive degli art. 139 e 140 della precedente legge.
Rimane, in sostanza, la possibilità, laddove sia presente la doppia conformità alle discipline urbanistica ed edilizia, vigenti al momento della realizzazione della abuso e al momento della presentazione della domanda, di ottenere il permesso di costruire o l’attestazione di conformità a sanatoria.
In presenza dei presupposti di cui sopra, l’istanza di sanatoria può essere proposta anche ad avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria sostitutiva della rimessa in pristino di cui all’art. 207 e 208 (vedi art. 209 c. 1 ultimo periodo).

L’applicazione del regime sanzionatorio e repressivo ex LR 01/2005 , ottimo nella sua “ratio”, si è rivelato contraddittoria fin dai tempi della L. 47/85, in quanto puniva eccessivamente anche una famiglia di reati edilizi di natura e contesto non equiparabili a quelli post 17 marzo 1985, per entità e periodizzazione; su questo aspetto purtroppo in questa sede non possiamo dilungarci.
Ad esempio, è ricorrente il caso in cui la sagoma degli edifici sia lievemente diversa rispetto alle dimensioni planivolumetriche del progetto iniziale; in base al nuovo concetto di “Conformità urbanistica” forzatamente amplificato con l’introduzione delle SCIA e negli atti di compravendita, nel patrimonio edilizio esistente (soprattutto anteriore al 1985) emergono sempre più irregolarità sulle sagome volumetriche, vuoi per approssimazione di cantiere ma anche dei controllori deputati in fase di rilascio di Agibilità/Abitabilità.
Tuttavia il problema c’è, e in base al contesto normativo vigente, va affrontato, anche se lo scrivente esprime molte riserve se non addirittura ritiene vi siano possibili rischi di parziale incostituzionalità di questa parte rispetto al T.U. DPR 380/2001.

Fino a ieri la normativa vigente (T.U. e L.R. 01/2005) non lasciavano chance.
Per queste specifica famiglia di reato la nuova L.R. 65/2014 diversifica l’entità della sanzione in funzione dell’epoca di abuso e dell’ambito territoriale, introducendo gli articoli 207 e 208.
In estrema sintesi, rimane immutata l’applicazione dell’ex art. 139 L.R. 1/05 per tutte le parziali difformità ma decorrenti dal 17 marzo 1985, il tutto travasato nel nuovo Art. 206:

<<Qualora, sulla base di motivato e preventivo accertamento eseguito o verificato dall’ufficio tecnico comunale, la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il comune applica una sanzione pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione delle opere, valutato dall’ufficio tecnico comunale, e, comunque, in misura non inferiore ad euro 516,00.>>

L’INNOVAZIONE.
La nuova L.R. 65/2014 introduce due articoli, il 207 e 208 che dispongono le sanzioni per opere e interventi edilizi abusivi rispettivamente anteriori al 01 settembre 1967al 17 marzo 1985.
Soprattutto il primo, il n° 207, somiglia vagamente all’Art. 48 della Legge regionale ligure n° 16/2008, che si riporta nelle note [2], precisando che quest’ultima era fondata su presupposti diversi quali l’esistenza dell’Abitabilità/Agibilità.

Art. 207  – Sanzioni per opere ed interventi edilizi abusivi anteriori al 1° settembre 1967

Esso condiziona (giustamente) la sussistenza di interesse pubblico rispetto alla sanabilità, diversificando i seguenti casi:

1)       Abusi ultimati in data anteriore al 01 settembre 1967, in assenza di titolo abilitativo o in difformità dal medesimo, ricadenti all’epoca della realizzazione all’esterno della perimetrazione dei centri abitati. Queste consistenze nella nuova norma sono definite legittime dal punto di vista urbanistico-edilizio.
Si tratta di una norma di enorme portata.
Infatti sembra sposare la tesi di residualità positiva scaturente dall’analisi comparativa tra la stesura iniziale dell’ex Art. 31 della Legge Fondamentale 1150/42 e quello modificato dalla Legge “Ponte” n. 765/1967.
Ovvero: la Fondamentale statuiva l’obbligo di licenza edilizia nei centri abitati et nelle zone di espansione individuate dai PRG e PdF e Regolamenti edilizi.
E in tutto il restante territorio comunale, ancorché dotato di PRG, c’era o non c’era obbligo di licenza ?
Il nuovo Art. 207 vuole infatti risolvere un’ampia casistica di abusi/difformità, tuttavia con questa stesura si apre un nuovo capitolo.
Come si applica tale assunto nei Comuni dotati di PRG adottati/approvati prima della Legge Ponte 1967
Tale norma viene introdotta specificatamente per risolvere tale dicotomia o intende ribadire un concetto già noto per i Comuni sprovvisti di PRG ?
Nel primo caso, ben venga. Nel secondo caso, è acqua cotta.

Tale aspetto è stato anche trattato in un precedente articolo →

PROBATORIETA’.
L’Art. 207 sembra mettere a carico l’onere della prova legittimante, infatti il comma 5 statuisce che l’avvenuta ultimazione dell’abuso rientrante nel periodo <<nonchè la collocazione dei medesimi in relazione alla perimetrazione dei centri abitati, sono comprovate dal proprietario>> mediante adeguata documentazione probatoria quali foto aeree, documenti catastali e comunque escludendo (finalmente ? ) le prove testimoniali.

2)       Abusi ultimati in data anteriore al 01 settembre 1967, in assenza di titolo abilitativo o in difformità dal medesimo, ricadenti all’epoca all’interno della perimetrazione dei centri abitati;
Il tutto è così articolato:

2.a)     opere ed interventi in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali (Non essendoci doppia conformità, a quale strumento urbanistico si deve riferirsi? io ritengo quello attualmente vigente), il comune applica una sanzione pecuniaria pari all’incremento di valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione dell’opera, ridotto della metà (non si ha quindi il raddoppio dell’aumento del valore venale; rispetto al regime sanzionatorio ordinario la sanzione si riduce del 75%!). La sanzione oscilla da un minimo di euro 1.000,00 ad un massimo di euro 3.000,00. (Mi sembra un range ragionevole ed equo).
Oltre alla sanzione è prescritta la corresponsione dei contributi di cui al capo I, se dovuti;(Ma nel regime dei Condoni edilizi per le opere ante ’67 gli Oneri erano non dovuti ?).

2.b)     opere ed interventi conformi agli strumenti urbanistici comunali (Non essendoci doppia conformità, a quale strumento urbanistico si deve riferirsi? io ritengo quello attualmente vigente), il comune applica una sanzione pecuniaria non superiore ad euro 500,00, oltre ai contributi di cui al capo I, se dovuti.(idem per gli Oneri come sopra).

L’articolo 207 ribadisce inoltre che la corresponsione delle sanzioni non determina la legittimazione dell’abuso; ne evita solo la rimessa in pristino.
Infine, demanda al nuovo strumento urbanistico “Piano Operativo”, ovvero l’ex Reg. Urbanistico, la disciplina dei successivi  intervento ammissibili sulle consistenze edilizie sanate col detto articolo; in sua assenza, non sono consentiti interventi “sostanziali” quali demolizione e ricostruzione, mutamento della destinazione d’uso, aumento del numero delle unità immobiliari, incremento di superficie utile lorda o di volume.

Art. 208  –  Sanzioni per opere ed interventi edilizi abusivi anteriori al 17 marzo 1985

Anch’esso condiziona (giustamente) la sussistenza di interesse pubblico rispetto alla sanabilità, diversificando i seguenti casi non più su base territoriale:

2.a)     opere ed interventi realizzati in assenza di titolo abilitativo ed in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali (Non essendoci doppia conformità, a quale strumento urbanistico si deve riferirsi, a oggi o all’epoca di abuso?) applica una sanzione pecuniaria pari all’incremento di valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione dell’opera (non si ha quindi il raddoppio dell’aumento del valore venale). La sanzione oscilla da un minimo di euro 3.000,00 a un massimo di euro 9.000,00. Oltre alla sanzione, è prescritta la corresponsione dei contributi di cui al capo I, se dovuti;

2.b)      opere ed interventi realizzati in assenza di titolo abilitativo che risultino conformi agli strumenti urbanistici comunali (Non essendoci doppia conformità, a quale strumento urbanistico si deve riferirsi, a oggi o all’epoca di abuso?), si applica una sanzione pecuniaria da un minimo di euro 1.500,00 a un massimo di euro 4.500,00, oltre ai contributi di cui al capo I, se dovuti;
Domanda: nella presente casistica 2.d il calcolo della sanzione su cosa è commisurato visto l’assenza del calcolo legato all’incremento di valore venale come nel caso 2.a e 2.c.

2.c)       opere ed interventi realizzati in difformità dal titolo abilitativo ed in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali (Non essendoci doppia conformità, a quale strumento urbanistico si deve riferirsi, a oggi o all’epoca di abuso?) , si applica una sanzione pecuniaria pari all’incremento di valore venale dell’immobile (non si ha quindi il raddoppio dell’aumento del valore venale) conseguente alla realizzazione dell’opera, ridotto della metà, valutato dall’ufficio tecnico comunale. La sanzione varia da un minimo di euro  2.000,00 ad un massimo di euro 6.000,00. Oltre alla sanzione, è prescritta la corresponsione dei contributi di cui al capo I, se dovuti;

2.d)      opere ed interventi realizzati in difformità dal titolo abilitativo che risultino conformi agli strumenti urbanistici comunali (Non essendoci doppia conformità, a quale strumento urbanistico si deve riferirsi, a oggi o all’epoca di abuso?) si applica una sanzione pecuniaria non inferiore ad euro 1.000,00 e non superiore ad euro 3000,00, oltre ai contributi di cui al capo I, se dovuti.
Domanda: nella presente casistica 2.d il calcolo della sanzione su cosa è commisurato visto l’assenza del calcolo legato all’incremento di valore venale come nel caso 2.a e 2.c.

L’articolo 208 ribadisce inoltre che la corresponsione delle sanzioni non determina la legittimazione dell’abuso; ne evita solo la rimessa in pristino; ribadisce il criterio di Probatorietà dell’abuso sopra esposto.
Infine, demanda al nuovo strumento urbanistico “Piano Operativo”, ovvero l’ex Reg. Urbanistico, la disciplina dei successivi  intervento ammissibili sulle consistenze edilizie sanate col detto articolo; in sua assenza, non sono consentiti interventi “sostanziali” quali demolizione e ricostruzione, mutamento della destinazione d’uso, aumento del numero delle unità immobiliari, incremento di superficie utile lorda o di volume.

In tutte le ipotesi,sono comunque fatte salve le disposizioni relative a vincoli imposti da leggi statali o regionali a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesaggistici, ambientali, idrogeologici, nonché ogni altro vincolo che comporti l’inedificabilità delle aree.

In attesa di specifiche, si termina qui la presente analisi.

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CARLO PAGLIAI


Note e Riferimenti:
[1] L.R. 1/2005 Art. 139 C.2;

[2] Art. 48. (Opere in difformità da titoli edilizi rilasciati prima del 1° settembre 1967)
1. Le opere in difformità da licenza edilizia eseguite prima del 1° settembre 1967 od in corso di realizzazione a tale data non rientranti nella definizione delle opere interne di cui all’articolo 22, comma 2, purché già accatastate all’epoca di loro esecuzione e munite di certificato di abitabilità o di agibilità, sono regolarizzabili, sotto il profilo amministrativo, mediante invio al Comune, da parte del proprietario della costruzione o dell’unità immobiliare, di comunicazione corredata da relazione descrittiva delle opere realizzate e da dichiarazione asseverata sulla data di esecuzione delle medesime e sui dati catastali e di abitabilità o agibilità.
2. Ove le opere in difformità di cui al comma 1 concretino variazioni non già accatastate all’epoca della loro realizzazione o non risultanti dal certificato di abitabilità o agibilità sono regolarizzabili mediante invio al Comune di comunicazione di cui all’articolo 22, comma 3, lettere a), b) e c), preceduta dal versamento della somma di euro 516,00.
3. Ove le opere in difformità di cui al comma 2 concretino variazioni in aumento della superficie della costruzione o della unità immobiliare fino alla soglia di 10 metri quadrati, la somma da corrispondere è pari a euro 5.164,00. Ove le variazioni in aumento siano di entità superiore e sino alla soglia di 20 metri quadrati la somma da corrispondere è pari a euro 10.328,00. Nel caso di variazioni di maggiore estensione la somma da corrispondere è preventivamente determinata dal Comune, su richiesta dell’interessato, tra un minimo di euro 15.492,00 ed un massimo di euro 46.476,00, tenendo conto delle caratteristiche dimensionali e funzionali della porzione interessata.
4. Il Comune, ricevuta la comunicazione e la attestazione di versamento di cui ai commi 2 e 3, ove richiesto, certifica l’avvenuta presentazione.
5. Ove le opere di cui ai commi 1, 2 e 3 risultino realizzate in aree od edifici già soggetti al vincolo di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497 (Protezione delle bellezze naturali) in violazione dell’articolo 7 della medesima legge, sotto il profilo amministrativo il Comune, in applicazione dell’articolo 15 della stessa legge, impone il pagamento di una sanzione pari alla maggiore somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione.

[3] Art. 207 Sanzioni per opere ed interventi edilizi abusivi anteriori al 1° settembre 1967
1. Con riferimento alle opere ed interventi edilizi eseguiti ed ultimati in data anteriore al 1° settembre 1967, data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), in assenza di titolo abilitativo o in difformità dal medesimo, ricadenti all’epoca all’interno della perimetrazione dei centri abitati, il comune valuta prioritariamente la sussistenza dell’interesse pubblico al ripristino della legalità urbanistica violata mediante rimessione in pristino. Qualora il comune valuti che tale interesse sussista, applica, a seconda dei casi, le sanzioni di cui agli articoli 196, 199, 200 e 206.
2. Qualora per le opere ed interventi edilizi di cui al comma 1, il comune non ravvisi la sussistenza dell’interesse pubblico alla rimessione in pristino:
a) alle opere ed interventi in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali, il comune applica una sanzione pecuniaria pari all’incremento di valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione dell’opera, ridotto della metà. La sanzione non può essere in ogni caso inferiore ad euro 1.000,00, e non può essere superiore ad euro 3.000,00. Oltre alla sanzione è prescritta la corresponsione dei contributi di cui al capo I, se dovuti;
b) alle opere ed interventi conformi agli strumenti urbanistici comunali, il comune applica una sanzione pecuniaria non superiore ad euro 500,00, oltre ai contributi di cui al capo I, se dovuti.
3. La corresponsione delle somme di cui al comma 2, non determina la legittimazione dell’abuso.
4. Le opere ed interventi eseguiti ed ultimati in data anteriore al 1° settembre 1967 in assenza di titolo abilitativo o in difformità dal medesimo, qualora all’epoca della realizzazione risultavano ricadenti all’esterno della perimetrazione dei centri abitati, sono da considerarsi consistenze legittime dal punto di vista urbanistico-edilizio.
5. L’avvenuta ultimazione delle opere ed interventi entro il termine temporale specificato ai commi 1 e 4, nonché la collocazione dei medesimi in relazione alla perimetrazione dei centri abitati, sono comprovate dal proprietario o altro soggetto avente titolo mediante adeguata documentazione, quali riprese fotografi che, estratti cartografici, planimetrie catastali, documenti d’archivio, o altro mezzo idoneo. Non assumono valore di prova ai fini delle disposizioni di cui al presente articolo le prove testimoniali. Nel caso in cui il comune, anche alla luce delle risultanze istruttorie dei competenti uffici, ritenga che la documentazione prodotta dall’interessato contenga in tutto o in parte dati ed elementi non corrispondenti al vero e tali da determinare la violazione delle disposizioni di cui al presente articolo, ne dà contestuale notizia all’autorità giudiziaria.
6. Sono fatte salve le disposizioni relative a vincoli imposti da leggi statali e regionali a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesaggistici, ambientali, idrogeologici, nonché ogni altro vincolo che comporti l’inedificabilità delle aree.
7. Il piano operativo può assoggettare a specifica disciplina le consistenze edilizie oggetto delle sanzioni di cui al comma 2. In assenza di specifica disciplina su tali consistenze non sono consentiti interventi comportanti demolizione e ricostruzione, mutamento della destinazione d’uso, aumento del numero delle unità immobiliari, incremento di superficie utile lorda o di volume.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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