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Troppe pubblicità illudono di realizzare verande abusive accoppiando vetrate scorrevoli a pergotende o coperture simili
Con la bella stagione aumenta la voglia di godersi gli spazi esterni alla casa e del resede pertinenziale, e sui social si intensificano le sponsorizzate dove affermano che “non servono fastidiosi permessi” per realizzare manufatti soprannominati “pergola bioclimatica“. In queste pubblicità si vedono realizzate praticamente delle verande addossate a edifici e abitazioni esistente, o perfino libere su tutti i lati, con collocazione nel giardino, con tanto di climatizzazione estiva e invernale.
Premesso che la definizione di pergola bioclimatica non è contemplata nelle norme e interventi di edilizia libera nazionale (articolo 6 DPR 380/01 e nel Glossario Edilizia Libera 2018), sarà molto dura che la possiate trovare liberalizzata anche nelle norme regionali: l’asserita installazione libera di vetrate panoramiche scorrevoli (per chiudere totalmente tutti i lati) durante o dopo l’installazione di una pergotenda non configura edilizia libera.
Intanto non ha niente della pergola o pergolato, in quanto la giurisprudenza penale e amministrativa ha pacificamente affermato che debba avere caratteristiche modeste, e servire soltanto a sostenere piante rampicanti per ombreggiare spazi sottostanti.
Curiosa quanto furbastra la denominazione “bioclimatica”, in cui a livello di marketing veicolano aspetti di raffrescamento e climatizzazione invernale, o di schermatura solare. Il tutto, al solo scopo di consentire una migliore fruizione dello spazio esterno.
Di fatto viene realizzata una veranda fuori sagoma e al piano terra, la quale richiede permesso di costruire in quanto ampliamento o ristrutturazione pesante di elementi esistenti, la cui definizione invece è chiaramente descritta nel Regolamento Edilizio Tipo nazionale 2016, Allegato A voce n. 42:
Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili.
Come ho già detto a più riprese, la somma di interventi in edilizia libera non sempre offre come risultato un intervento complessivo in edilizia libera.
Ergo, unire una pergotenda (in edilizia libera) con le vetrate panoramiche amovibili VEPA (in edilizia libera SOLO su balconi aggettanti e logge rientranti ai piani superiori al primo) produce sì una pergola bioclimatica, secondo il vostro concetto, ma di fatto produce una veranda. E in quanto veranda, ciò richiede:
- permesso di costruire (per creazione superficie, ancorché accessoria).
- le necessarie autorizzazioni paesaggistiche
- comporta costruzione, quindi deve rispettare le distanze tra costruzioni e dai confini
- qualora climatizzata e raffrescata, quindi deve rispettare la normativa energetica D.Lgs. 192/05
- e tutte le altre normative di settore e speciali;
Inoltre il manufatto ottenuto col nome di “pergola bioclimatica” consente anche in via potenziale un utilizzo diverso da quello tipicamente ammesso dalla sola pergotenda, proprio perchè riparato/riparabile da agenti atmosferici; è possibile infatti svolgere al suo interno una destinazione d’uso accessoria o perfino abitabile in via permanente, utilizzabili cioè come salotto, soggiorno o sala pranzo. Tanto per capirsi, non è per niente diverso dai quei locali dehors o porticati chiusi con teloni antivento ad uso ristorazione/somministrazione.
E’ inutile poi che vi arrabbiate se vi arrivano ordinanze di demolizione, pesanti sanzioni, spiate dal vicino o che il Comune “ce l’ha con voi”: semplicemente le norme sono queste, e la giurisprudenza prende le sue posizioni, mentre molte persone credono soltanto a ciò che vogliono sentirsi dire, mentre il Tecnico professionista è “solo un ladro che vuole prendere soldi per i permessi“. Come ho già detto nel mio ultimo libro su Amazon, in Italia l’edilizia non è libera, se non per appoggiare i nanetti nel giardino, altrimenti la gens furbens realizzerebbe hangar ovunque.
Cambiando nome ai manufatti edilizi, non cambia l’abuso edilizio contestabile
Riprendo nuovamente la giurisprudenza formatasi sulla pergola bioclimatica, ad esempio Consiglio di Stato n. 9808/2023, relativa ad un manufatto correttamente qualificato come tettoia dal Comune in quanto munito di copertura composta da lamelle/alette mobili, orientabili e venduti come facilmente amovibili.
Nella fattispecie risultava l’impossibilità di apertura completa a cielo aperto della copertura mediante meccanismo retrattile scorrevole delle lamelle rigide, è stata qualificata come “tettoia”, proprio perchè esse possono essere solamente orientate e non “impacchettate”.
La predetta sentenza prosegue affermando che «perchè possa parlarsi di pergotenda, anche cd. bioclimatica, è necessario che l’opera, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non solamente non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili, ma deve anche trattarsi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, sostanzialmente idonea a supportare una “tenda”, anche in materiale plastico, ma a condizione che: – l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno; – la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all’estensione della stessa; – gli elementi di copertura e di chiusura (la “tenda”) siano non soltanto facilmente amovibili, ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell’edificio.» (vedi anche Cons. di Stato n. 5567/2023, n. 4472/2019, n. 1619/2016).
In altri termini, per avere una “pergotenda” e non già una “tettoia”, è necessario che l’eventuale copertura in materiale plastico sia completamente retrattile, ovvero “impacchettabile”, così da escludere la realizzazione di nuovo volume (sul punto, cfr. Cons. di Stato n. 9808/2024, n. 3393/2021, n. 840/2021).
Inoltre, secondo il richiamato e consolidato orientamento giurisprudenziale, alla luce delle incontrastate emergenze di fatto circa le ricordate caratteristiche strutturali del manufatto in questione, deve giudicarsi infondato, sia in considerazione del fatto che l’opera appare massiccia, con elementi portanti di foggia e dimensioni esorbitanti rispetto alla (pretesa) funzione di mero sostegno di una “tenda” (è quest’ultima, infatti, la principale componente della “pergotenda”), sia perché gli elementi di copertura e di chiusura ad alette orientabili sono risultati non facilmente amovibili né completamente retraibili.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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