Anche a distanza di anni la Denuncia di Inizio Attività potrebbe essere dichiarata inefficace e rendere abusive le opere compiute

La DIA ha avuto in passato diverse connotazioni di aspetto amministrativo e privatistico

Carlo Pagliai
Autore
La Denuncia di Inizio Attività edilizia aveva legittimazione differita, per effetto della quale l’attività denunciata poteva essere intrapresa solo dopo il decorso del termine di trenta giorni dalla comunicazione.
Poche settimana fa la procedura di DIA è andata definitivamente in pensione col Decreto ‘SCIA 2’.
In caso di DIA presentata in assenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, o peggio ancora di falsa attestazione del tecnico, l’amministrazione competente adottava motivati provvedimenti di divieto dell’esercizio dell’attività nel termine di trenta giorni, decorrente dalla comunicazione dell’avvenuto inizio dell’attività.
Decorso senza esito il termine per l’esercizio del potere inibitorio (trenta giorni), la pubblica amministrazione dispone del potere di autotutela (Video YouTube) ai sensi degli articoli 21 quinquies e 21 nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Cons. di Stato. Ad. plen. RG 01/2011).
Restano inoltre salve, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 241/1990, le misure sanzionatorie volte a reprimere le dichiarazioni false o mendaci nonché le trasformazioni edilizie svolte in contrasto con la normativa vigente; restano inoltre impregiudicate le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo previste dalla disciplina di settore.
In passato si è posto il problema dell’annullabilità della DIA su istanza di soggetti terzi.
Con l’introduzione della Segnalazione Certificata Inizio Attività per effetto della legge n. 122/2010 nonché la tematica dell’applicabilità di detto modello alla materia edilizia (tematica sulla quale è da ultimo intervenuto il legislatore con l’art. 5 del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito dalla legge 12 luglio 2011, n. 106), le problematiche e le relative soluzioni non possono non trovare fondamento in una ricostruzione degli istituti in questione (Cons. di Stato. Ad. plen. RG 01/2011).
Secondo un primo indirizzo (Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2558; 24 maggio 2010, n, 3263; 8 marzo 2011, n. 1423) la DIA non è uno strumento di liberalizzazione imperniato sull’abilitazione legale all’esercizio di attività affrancate dal regime autorizzatorio pubblicistico; piuttosto rappresenta un modulo di semplificazione procedimentale che consente al privato di conseguire, per effetto di un’informativa equiparabile ad una domanda, un titolo abilitativo costituito da un’autorizzazione implicita di natura provvedimentale che si perfeziona a seguito dell’infruttuoso decorso del termine previsto dalla legge per l’adozione del provvedimento di divieto.
Si tratta di una procedura a perfezionamento progressivo che, per effetto del susseguirsi dell’informativa del privato e del decorso del tempo per l’esercizio del potere inibitorio, culmina in un atto tacito di assenso, soggettivamente e oggettivamente amministrativo.
Adesso invece vige la SCIA, che ha un proprio regime.
CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica negli atti notarili e commerciabilità degli immobili
CONTATTI – NEWSLETTER – VIDEO
Articoli recenti
- Tettoia: permessi, edilizia libera e pertinenza
- Stato Legittimo, inammissibili deroghe o semplificazioni regionali
- Manufatti precari, tra Edilizia libera e Permesso di costruire
- Passo carrabile presuppone destinazione d’uso autorimessa
- Variazioni essenziali in Demolizione ricostruzione, effetti Superbonus
- Quando sono nulli gli atti notarili di compravendita (nullità formale)