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Imprevisti o errori possono comportare modifiche in corso d’opera al progetto approvato.

Esistono due tipologie di varianti, quelle in “senso proprio” e le varianti essenziali al progetto.

Questa distinzione ricalca quella tracciata nell’ambito dei reati edilizio e regime sanzionatorio, pertanto nel convalidarne lo schema si fa riferimento anche alla sentenza di Cass. Pen. III n. 34148 del 20 luglio 2018.

Il parametro discriminante le due tipologie consiste nella variazione sostanziale o meno dell’intervento rispetto al progetto approvato, o comunque allo stadio progettuale precedente.

Ho sottolineato quest’ultimo passaggio proprio perchè non è raro imbattersi in progetti e permessi edilizi contraddistinti da diverse varianti in corso d’opera e varianti finali, ne parlo anche in questo video gratuito.

Ho già trattato più volte il delicato tema delle varianti in corso d’opera (articoli sulle varianti), sulle quale sono giunto a formulare alcune riflessioni.

La presenza di molte varianti intermedie al progetto non costituisce un buon biglietto da visita.

Si ricorre alla variante in corso d’opera per esigenze tecniche, costruttive e di cantiere, causate da fattori imprevisti che emergono puntualmente in ogni cantiere.

Spesso sono fattori davvero imprevedibili, ma oggi in commercio esistono tecniche e strumenti diagnostici che permettono di verificare preventivamente la presenza di certi elementi in grado di ostacolare l’esecuzione di certe opere edilizie.

Sono strumenti di tipo non invasivo oppure semi-invasivo; tuttavia, proprio per non farsi cogliere da dubbi e rischi che normalmente possono capitare operando in un patrimonio edilizio vecchio e stratificato come quello italiano.

Oppure, le varianti possono essere effettuate anche per esigenze soggettive, cioè da parte di committente e/o impresa che decidono di apportare modifiche al progetto in quanto influenzate da impreviste risposte del mercato immobiliare locale (Es. richiesta taglio di unità immobiliari più piccole).

Certamente, consiglio di porre attenzione quando nell’intero ciclo produttivo edilizio si presenta una bella manciata di varianti consecutive.

Rendere più torbide le acque in certi casi è una tattica usata per disorientare l’ente preposto alla vigilanza e controllo degli interventi edilizi.

Una lunga catena di varianti, in certi casi potrebbe essere stata compiuta per “diluire” e aggirare il concetto/limite di variante essenziale al permesso di costruire approvato, o alla SCIA depositata.

In particolare potrebbe abusarsi di varianti al Permesso di Costruire mediante deposito di Segnalazione Certificata Inizio Attività (ordinaria) ai sensi dell’art. 22 del D.P.R. 380/01, riguardanti specificatamente: 

  • comma 2: varianti a PdC non incidenti su parametri urbanistici, volumetrie, destinazione d’uso, categoria edilizia, sagoma qualora vincolati al Codice dei Beni culturali, ecc;
  • comma 2-bis: varianti a PdC a fine lavori che non configurano una variazione essenziale;

A questo punto emerge chiaramente una specie di punto debole per entrambi le parti in gioco, cioè Pubblica Amministrazione e committente-costruttore. Il carattere di modifica sostanziale al progetto iniziale approvato con Permesso di Costruire rischia di diventare oggetto di valutazione discrezionale, con tutti i rischi che possono presentarsi per rispettive incertezze.

Per inciso, tra variante essenziale al progetto e variazione essenziale corre una discreta differenza sul versante sanzionatorio e repressivo, che ho illustrato in apposito articolo.

Anche in tema di repressione e vigilanza degli illeciti edilizi le variazioni delle caratteristiche globali dell’organismo edilizio sono di particolare rilevanza.

Il legislatore ha provveduto a regolamentare questo difficile nodo, individuando alcune variazioni parametriche con l’art. 32 del Testo Unico per l’Edilizia, cioè le variazioni essenziali.

Ed ecco quindi che si opera una distinzione basata sulla sostanzialità (Cass. Pen. 34148/2018):

  • varianti vere e proprie, non sostanziali: modifiche qualitativi e quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante, complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante;
  • varianti essenziali: ovvero quelle caratterizzate da incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dall’art. 32 del d. P.R. n. 380 del 2001, sono soggette al rilascio di permesso a costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello originario e per il quale valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante.

La principale criticità della variante è quella di essere necessaria proprio nel bel mezzo del cantiere, ecco quindi che si definisce “variante in corso d’opera”.

Apportare una variante essenziale al progetto significa rivedere l’intervento nel suo insieme, nelle sue finalità e perfino gli effetti derivanti dal differente carico urbanistico che potrebbe emergere dalla stessa operazione.

Suggerimenti consigliati per le varianti:

  1. pianificare fin dall’inizio il progetto e margini di “variabilità”;
  2. individuare con chiarezza i confini tra variante essenziale e non;
  3. evitare il ricorso eccessivo alla variante in generis;
  4. preferire il titolo rilasciato per le varianti più “incerte”;
  5. sospendere i lavori ove possibile per le varianti essenziali;

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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