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L’opera finita comprende anche le rifiniture interne ed esterne concluse

La costruzione di un edificio o la trasformazione di esso è un percorso lungo sia dal punto di vista amministrativo che esecutivo. La realizzazione dell’opera richiede infatti una serie di fasi conseguenziali come di seguito illustrate:

  1. progettazione preliminare e fattibilità
  2. progettazione definitiva ed esecutiva
  3. richiesta titolo abilitativo edilizio e necessari atti di assenso comunque denominati
  4. inizio lavori
  5. esecuzione lavori e necessarie varianti, anche ai predetti titoli abilitativi e settoriali
  6. conclusione lavori complessiva
  7. rilascio di collaudi, conformità impiantistiche e certificazioni varie
  8. dotazione agibilità (una volta anche abitabilità)

Nel caso di mancata conclusione dell’opera e intervento prospettato, è possibile che non si siano raggiunte neanche le condizioni di abitabilità e utilizzabilità dell’immobile.

Il concetto che segue vale sia per le nuove costruzioni realizzate per la prima volta, sia per tutti quegli interventi comportanti trasformazioni edilizie su costruzioni esistenti e tali da incidere sui requisiti di abitabilità e agibilità. In senso analogo si rilevano concetti simili anche per le opere oggetto di condono edilizio, dove i criteri per individuare il completamento dell’opera sono stati definiti con apposito regime speciale.

Quando si considera ultimato l’edificio

Premessa generale: col D.P.R. 380/01 la procedura di certificazione Agibilità ha assorbito anche quella previgente di abitabilità, e dal D.Lgs. 222/2016 è divenuta Segnalazione Certificata di Agibilità (storia normativa Agibilità).

Anche ai fini urbanistico edilizi, la giurisprudenza penale ha costantemente stabilito che:

ai fini del decorso del termine di prescrizione del reato, di cui all’art. 44, primo comma, lett. b), d.P.R. 380/2001, l’uso effettivo dell’immobile, accompagnato dall’attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente al fine di ritenere “ultimato” l’immobile abusivamente realizzato, coincidendo l’ultimazione con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi (Cass. Pen. n. 11393/2024, n. 46215/2018, n. 48002/2014, n. 39733/2011).

L’identificazione di questo termine è indispensabile non solo ai fini penali per accertare i reati edilizi, ma anche per individuare l’eventuale prosecuzione di lavori edilizi abusivamente realizzati, in quanto gli ulteriori interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall’opera principale alla quale strutturalmente ineriscono (Cass. Pen. n. 11393/2024, n. 30673/2021).

In ambito penale sono due nozioni da utilizzare per individuare il termine di cessazione del reato e permanenza dell’illecito edilizio, da cui poter calcolare anche la prescrizione.

Completamento edificio in ambito amministrativo

Di pari passo la nozione di completamento dell’edificio o dell’intervento trasformativo si ritrova anche in regime amministrativo e dei titoli edilizi. L’ultimazione lavori in senso oggettivo richiede l’effettiva utilizzabilità dell’immobile, dovendo garantire la piena funzionalità per cui è destinato: in altre parole non deve mancare niente, e deve consentire l’uso alla persona che intende usarlo da subito varcando la porta coi sacchi della spesa.

Intanto l’ultimazione opere è prevista obbligatoriamente per concludere in senso positivo l’iter procedimentale, per esempio oltre i termini triennali previsti da:

In entrambi i casi bisogna porsi il problema del mancato raggiungimento dei requisiti per dotare l’immobile della necessaria Agibilità e l’effettiva funzionalità, comprendendo anche le opere di urbanizzazione, l’allaccio ai servizi e utenze (senza attivare i contratti di fornitura, beninteso). Inoltre per entrambi è necessario depositare la fine lavori parziale, per attestare con data certa la situazione di parziale completamento.

Ci sarebbe da ragionare anche per i casi di mancato completamento delle opere rientranti in CILA, ma vorrei tenerli fuori dal presente post perchè non hanno un termine specifico di completamento, e comportano interventi edilizi di minore entità rispetto al completamento o ristrutturazione totale dell’immobile.

Anche ai fini catastali è necessario indicare una data di ultimazione lavori, dalla quale sono concessi trenta giorni per depositare l’accatastamento o la variazione senza sanzioni pecuniarie a carico del contribuente. La fine lavori catastali richiede l’avvenuta conclusione delle finiture, impianti e prosciugatura degli intonaci.

L’avvenuta conclusione di edificio, oppure il suo mancato completamento, è condizione importante anche per accedere a determinate agevolazioni fiscali come superbonus e bonus edilizi: infatti molte di esse fanno riferimento all’edificio esistente, e non al completamento della costruzione avvenuta “per la prima volta”.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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