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Essendo una comunicazione privata non scattano le stesse procedure repressive di SCIA e Permesso di costruire

Molti pensano che sia una procedura edilizia al pari delle “sorelle maggiori”, ed è sbagliato.

L’occasione è giusta per rispondere a una delle tante domande che ricevo frequentemente. Quindi rispondo con una FAQ, praticamente.

Partiamo da un presupposto: cosa è la CILA, e cosa succede se questa non rispetta le condizioni fondamentali.

Inventata a partire dal 2010, in particolare con l’art. 5 del Decreto Legge n. 40/2010, convertito in L. 73/2010. La Comunicazione di Inizio Lavori da allora ebbe vita, prevedendo l’affiancamento della versione Comunicazione Inizio Lavori Asseverata (CILA). In questa versione il professionista abilitato assume il ruolo di asseveratore, cioè di dichiarare severo e conforme gli interventi oggetto di comunicazione.

Il Decreto Legislativo 222/2016 ha modificato le procedure e categorie di intervento rientranti in CILA, ma posso riassumere che i fondamenti essenziali per la sua presentazione in comune non sono cambiati.

Prendo in considerazione quello principale che consiste nel rispetto della conformità per quanto segue, in base agli articoli 6 e 6-bis de. D.P.R. 380/01:

  • prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi;
  • disciplina urbanistico-edilizia vigente;
  • rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di  sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Per quanto scontato, rispettare la conformità delle opere a tutte le discipline, norme e regolamenti di ogni tipo non è proprio banale.

E in caso di mancato rispetto, la CILA salta per aria, con possibili effetti a catena.

La Cila è una semplice comunicazione, non è un procedimento amministrativo

Il regime della CILA è un sottoinsieme di quello dell’Edilizia Libera ex art. 6 del T.U.E. Diversamente da quanto previsto dalla SCIA, non prevede fasi di formazione del silenzio-assenso e provvedimenti inibitori.

Anzi, non è neppure un procedimento amministrativo come invece è la SCIA: infatti dopo pochi giorni alla presentazione di essa il Comune comunica il responsabile del procedimento.

La Comunicazione di Inizio Lavori asseverata è l’unica procedura rimasta rispetto alla versione priva di asseverazione (salvo la C.A.L. per casi rari e di urgenza).

Gli interventi edilizi soggetti a CILA non necessitano di un titolo espresso (Permesso di Costruire) o formatosi tacitamente come la SCIA (TAR Toscana n. 1625/2016).

Al contrario, si tratta solo di una comunicazione da parte del privato, con la quale egli avvisa il comune a titolo informativo. E tant’è che la famosa “Cila in sanatoria” o tardiva viene presentata per regolarizzare la mancata presentazione, sanzionando solo l’aspetto formale.

La CILA presentata dal privato non può essere oggetto di valutazione in termini di ammissibilità dal Comune.

Non esiste una procedura tipizzata che consente al Comune di intervenire sull’atto formale della CILA: gli interventi comunicati con essa possono finire in due scenari.

  • perfetta conformità a tutte le discipline, norme e regolamenti: CILA efficace, opere non sanzionabili;
  • contrasto anche lieve con qualsiasi disciplina, norma e regolamento: CILA inalterabile, ma opere sanzionabili e punibilità anche penale;

Il semplice contrasto, anche banale con una norma tecnica del Piano Regolatore comunale espone a enormi rischi il proprietario, anche nel futuro.

Non esiste alcuno scudo di silenzio-assenso e decorrenza dei termini da parte della PA per intervenire sugli aspetti formali e sostanziali della CILA (a dire il vero in molti casi non vale neppure per SCIA e PdC).

Se qualcuno si domanda cosa sia in effetti la CILA, si tratta di un semplice atto con natura privatistica, e come tale nonè  suscettibile di autonoma impugnazione (TAR Calabria n. 2052/2018).

Per il Consiglio di Stato la CILA è un istituto qualificato a metà strada tra l’attività edilizia libera e la SCIA (Cons. di Stato parere n. 1784/2016). L’alta corte amministrativa ha infatti statuito che la CILA ha funzione di rendere conosciuta alla PA opere di modesto impatto sul territorio.

Prima di proseguire condivido questo video:

Opere dichiarate in CILA: perfezione o abuso edilizio

Ci vado giù pesante sul punto: questo tipo di comunicazione non ammette errori o vie di mezzo. Non esistono infatti i tipici termini per effettuare richieste di integrazione o di inibire le opere, come siamo abituati da decenni con DIA (prima) e SCIA) poi.

Anche se apparentemente di modesta entità, l’opera dichiarata con CILA può sconfinare in un attimo nell’illecito o abuso edilizio, anche grave.

Nel caso in cui non sia stata rispettata la conformità a discipline, regolamenti e norme di ogni livello o settore, significa molto probabilmente che l’intervento:

  • è difettoso sul piano formale (es. mancanza autorizzazione paesaggistica);
  • contrasta con qualche disciplina, norma o regolamento dirsi voglia;

Nota bene: anche le carenze sul piano formale nella stragrande maggioranza dei casi assumono gravità significative.

In entrambe le ipotesi si aprono possibili scenari di contestazione previsti dal principio di vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia ex art. 27 del D.P.R. 380/01.

Esso contiene il principio essenziale che lascia immutato il potere sanzionatorio e di vigilanza nelle mani del Comune (Dirigente o responsabile ufficio tecnico) nei casi si difformità dalle norme urbanistiche, strumenti urbanistici e regolamenti.

In caso di accertamento ha il dovere di avviare le relative procedure di sanzionamento amministrativo, pecuniario e infine penale, in base ai relativi casi.

Opere non conformi a norme e presentate in CILA: può scatenarsi l’inferno.

Si, hai letto bene. L’opera “teoricamente” fattibile in CILA, se risultasse difforme alla disciplina urbanistico-edilizia, agli strumenti urbanistici (PRG, piani territoriali regionali, ecc) e regolamenti di vario tipo e livello, sconfina praticamente nell’illecito edilizio grave.

E siccome l’opera contrasta con tutte queste cose, neppure le procedure di Accertamento di conformità o SCIA in sanatoria potranno regolarizzare la situazione.

Anche la “semplice” dimenticanza” di un atto di assenso, nulla osta o autorizzazione comunque denominata può configurare facilmente un abuso edilizio grave, cioè penalmente perseguibile. Un reato edilizio, tanto per capirsi.

Dimenticare l’autorizzazione paesaggistica nella CILA espone alle sanzioni previste dalla stessa disciplina di settore.

Per cui, prima di presentare la CILA, meglio farla revisionare a qualcuno per ovvi motivi.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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