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Il Consiglio di Stato conferma divieto di modificare l’immobile irregolare, ma esiste un eccezione

Torno nuovamente sul tema della fattibilità degli interventi edilizi su immobili sprovvisti di regolare Stato Legittimo di conformità.

Pochi mesi fa ho affrontato lo stesso argomento prendendo spunto dalla giurisprudenza di Cassazione Penale, riguardante la possibilità o meno di effettuare ulteriori interventi su immobili in cui pendono illeciti di varia natura.

Il problema è diventato notevole soprattutto per quegli interventi e opere edilizie incentivate da vari bonus fiscali, su immobili dove sono presenti irregolarità e violazioni edilizie.
In particolare ciò che tiene sulle spine molte persone riguarda il Superbonus 110% e la possibile azione di revoca o decadenza dei benefici dall’Agenzia delle Entrate, una volta compiuta la cessione del credito o sconto in fattura.

A prescindere dai vari bonus fiscali normali o super, occorre suggerire una verifica preliminare complessiva del fabbricato, senza neppure dimenticare le parti condominiali perchè anch’esse concorrono allo Stato Legittimo dell’immobile.

Prima di analizzare la posizione della giurisprudenza amministrativa, riprendiamo anche quella penale già pubblicata in precedenza sul blog.

INDICE:

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Opere edilizie su immobili irregolari o con irregolarità: il punto della Cassazione Penale

Il principio si è consolidato da anni in giurisprudenza penale, e mi viene da pensare che abbia indotto il legislatore a formulare e inserire la definizione di Stato legittimo nell’articolo 9-bis del DPR 380/01. La questione trova conferma anche nel versante della giurisprudenza amministrativa, come vedremo tra poco.

Intanto riporto i principi consolidati con cui la Cassazione Penale stabilisce che il presupposto fondamentale di un qualsiasi intervento edilizio sia la piena legittimità.
Se dovessi dirlo in maniera impropria, sembra quasi che la presenza di irregolarità, illeciti e abusi edilizi sull’immobile costituisca una specie di vincolo che impedisce ulteriori interventi edilizi.

Per esempio, estrapolando dalla sentenza di Cass. Pen. n. 24478/2021, perfino la manutenzione ordinaria su immobile illegittimo è preclusa:

«Deve, infatti, confermarsi la giurisprudenza di questa Corte (Cassazione Penale, ndr) che in modo costante ha ritenuto configurabile la violazione dell’art. 44, d.P.R. 380 del 2001 per ogni intervento (anche di manutenzione ordinaria) su un immobile illegittimo: “In tema di reati edilizi, qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l’edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente” (Cass. Pen. n. 11788/2021, n. 27993/2020, n. 25985/2020, n. 48026/2019, n. 9648/2019, n. 51427/2014, n. 26367/2014).»

Nella stessa direzione esiste una versione simile presente nella sentenza di Cass. Penale n. 6604/2017, e scaturita dalla sentenza n. 40843/2005. La ristrutturazione effettuata su costruzione abusiva corrisponde ad ulteriore ripresa del reato edilizio:

«L’intervento di ristrutturazione di una costruzione originariamente abusiva costituisce ripresa dell’attività illecita, integrando un nuovo reato edilizio, in quanto allorché l’opera precedentemente realizzata perisce in tutto o in parte il proprietario non acquista il diritto di ricostruirla o comunque di ristrutturarla senza alcun titolo abilitativo anche se l’abuso non sia stato originariamente represso») secondo cui l’intervento su una costruzione illegittimamente realizzata, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce sempre ripresa dell’attività criminosa originaria integrante un nuovo reato simile a quello precedente, e non attività irrilevante sotto il profilo penale, si conclude nel senso che non si possono realizzare interventi di ristrutturazione o di manutenzione straordinaria su un manufatto abusivo, che non sia stato oggetto di sanatoria edilizia, e che tale ulteriore attività costruttiva va valutata in modo unitario rispetto alle opere precedentemente realizzata;»

Questi sono i principi di giurisprudenza penale; vediamo di seguito il versante amministrativo.

Possibile utilizzare la CILA su manufatti irregolari?

Ne avevo già parlato in precedenza sul blog: la consolidata giurisprudenza di Cassazione Penale ha escluso la possibilità eseguire interventi soggetti a DIA, SCIA, CILA su manufatti abusivi che non siano stati sanati né condonati (Cass. Pen. n. 41105/2018, n. 30673/2021, n. 30168/2017, n. 8865/2016, n. 51427/2014, n. 2112/2008, n. 1810/2008).

Per esempio, la  sentenza Cass. Pen. n. 41105/2018 ha considerato illegittime le opere eseguite con CILA nel 2017 su un immobile con domanda di condono pendente, tuttavia non condonabile perché costruito illegittimamente in area con vincolo cimiteriale (abuso insanabile e incondonabile per contrasto a vincolo assoluto).

Infatti è stato chiarito che non può applicarsi neanche il regime della DIA (e altri interventi minori) a lavori edilizi che interessino manufatti irregolari, in quanto gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche) ripetono le caratteristiche di illegittimità dell’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente.

Consiglio di Stato esclude opere su manufatti senza Stato Legittimo

L’orientamento formatosi in giurisprudenza amministrativa è praticamente identico a quello descritto precedentemente nel Penale. Molto spesso è derivato dalla possibilità di svolgere ulteriori interventi edilizi su immobili ove sono pendenti istanze di condono edilizio.

Ad esempio riporto un passaggio estratto dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4473/2021:

«è fermo in giurisprudenza l’avviso secondo cui, in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (pur se riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, della ristrutturazione o della costruzione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche d’illiceità dell’opera abusiva cui ineriscono strutturalmente, giacché la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum e men che mai a trasformare o ampliare i manufatti oggetto di siffatta richiesta, stante la permanenza dell’illecito fino alla sanatoria; ».

Oppure anche la sentenza Cons. di Stato n. 5550/2021 statuisce che:

« la presentazione della domanda di condono non autorizza certamente l’interessato a completare né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, i quali, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi».

Pensare che questo principio possa valere soltanto per gli immobili su cui pendono domande di condono edilizio inevase è sbagliato.

Al contrario, questo basilare principio di “Stato legittimo” va esteso anche per tutte le ipotesi di irregolarità presenti a prescindere da istanze di regolarizzazione dormienti.
Tradotto, esiste una specie di filtro o sbarramento a ulteriori interventi edilizi quando l’immobile presenti irregolarità di vario tipo.
Il principio era coerente anche con tutta la normativa sanzionatoria presente nel DPR 380/01, aspetto che poi è stato definitivamente conclamato con l’introduzione dello Stato Legittimo.

Soltanto la domanda di condono edilizio pendente può ammettere il completamento delle stesse opere

A parziale deroga di quanto espresso finora, esiste solo una possibilità di effettuare opere su immobile abusivo o con irregolarità: riguarda il caso di domanda di condono edilizio per opere nelle quali ai sensi dell’art. 31 L. 47/85 sia stato :

  • eseguito il rustico e copertura;
  • completate funzionalmente, relativamente alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza;

Stiamo parlando di interventi dove l’opera abusiva abbia comunque raggiunto tutti quei connotati funzionali, strutturali e architettonici, cioè compiute con avanzato stato di completamento.

Il successivo articolo 35 comma 13 L. 47/85, sulla base di diverse condizioni e presupposti, consentirebbe la possibilità di completare le opere abusive decorsi 120 giorni dalla presentazione della domanda di condono.
Certamente, il soggetto richiedente il condono dovrà far attestare lo stato dei luoghi dell’immobile per conclamare e certificare la configurazione dell’immobile e dell’abuso edilizio stesso: si tratta di cristallizzare una situazione in divenire, nonchè delle opere da effettuare a completamento. In questo modo si vuole tutelare la conoscibilità dello stato ante completamento alla Pubblica Amministrazione.

13. Decorsi centoventi giorni dalla presentazione della domanda e, comunque, dopo il versamento della seconda rata dell’oblazione, il presentatore dell’istanza di concessione o autorizzazione in sanatoria può completare sotto la propria responsabilità le opere di cui all’articolo 31 non comprese tra quelle indicate dall’articolo 33. A tal fine l’interessato notifica al comune il proprio intendimento, allegando perizia giurata ovvero documentazione avente data certa in ordine allo stato dei lavori abusivi, ed inizia i lavori non prima di trenta giorni dalla data della notificazione. L’avvenuto versamento della prima e della seconda rata, seguito da garanzia fideiussoria per il residuo, abilita gli istituti di credito a concedere mutui fondiari ed edilizi. I lavori per il completamento delle opere di cui all’articolo 32 possono essere eseguiti solo dopo che siano stati espressi i pareri delle competenti amministrazioni. I lavori per il completamento delle opere di cui al quarto comma dell’articolo 32 possono essere eseguiti solo dopo che sia stata dichiarata la disponibilità dell’ente proprietario a concedere l’uso del suolo.

Questa norma autorizza esclusivamente, quando sussistono i presupposti da essa indicati, la realizzazione di lavori di completamento con assunzione del rischio da parte di chi li effettua, nel caso di rigetto della domanda di condono.
Ecco perchè è più prudente aspettare l’esito favorevole del condono edilizio, prima di impegnare ulteriori costi di fronte al possibile diniego.

Inoltre si evince l’ammissibilità e la fattibilità per interventi tali da non comportare modifiche sostanziali, bensì il semplice completamento di una opera che si presenta in condizioni di rustico, prossimo al completamento.

Praticamente la disposizione degli articoli 31 e 35 L. 47/85 si occupa di interventi di rifinitura, e non di nuove e diverse opere rispetto a quelli oggetto della richiesta di sanatoria (Cons. di Stato n. 3943/2015).

Conclusioni e suggerimenti

In caso di immobili che presentino violazioni edilizie o irregolarità di vario tipo non è consigliato svolgere ulteriori interventi o modifiche. Ciò vale anche in presenza di domande di condono edilizio (e ovviamente di sanatoria edilizia).

So bene che esiste da poco tempo una procedura speciale che intende derogare l’attestazione dello Stato legittimo, cioè la Cila-Superbonus: tuttavia non mi convince molto l’apparato normativo fatto dal D.L. 77/2021, perchè finalizzato soltanto a proteggere la detrazione fiscale del solo Superbonus 110%. Ciò che mi lascia perplesso è che di fronte alla semplificazione formale del procedimento, rimane sul piatto la sostanza: si corre il rischio di aggiungere un ulteriore stadio di trasformazione all’immobile irregolare, propagando ancora l’illecito.

Speriamo bene che mi sia sbagliato.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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