Skip to content

Il DM 5 luglio 1975 impone un requisito minimo da rispettare per illuminare gli ambienti interni

Sintesi storica della normativa

La tecnologia e la tecnica costruttiva degli edifici hanno fatto passi da gigante, anche in ambito illuminotecnico. E quando si parla di questo aspetto il pensiero dei Tecnici abilitati, cittadini e Pubblica Amministrazione va subito all’articolo 5 del D.M. 5 luglio 1975 relativo al rapporto illuminante di 1/8 (un ottavo).

Per dirla meglio, si tratta del rapporto (in termini di frazione) tra la superficie finestrata apribile e quella del pavimento relativa a ciascuna stanza, che deve risultare pari o superiore ad 1/8, ovvero 0,125. Ho approfondito con l’Ing. C. Volontè quale esperta della materia, la quale mi ha “illuminato” molto e che ringrazio pubblicamente.

Per prima cosa dobbiamo fare riferimento alla nozione di “superficie di pavimento”, forse lievemente discordante dalla definizione di Superficie utile SU inserita nel Regolamento Edilizio Tipo nazionale (DPCM 20 ottobre 2016):

14 – Superficie utile (SU): Superficie di pavimento degli spazi di un edificio misurata al netto della superficie accessoria e di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre;

Questa annotazione per sottolineare che capitano situazioni in cui siano proprio gli sguinci delle finestre a “salvare” la superficie di una stanza (es muri molto spessi con la porta a filo esterno ti fanno perdere anche mezzo mq, la stessa però che potrebbe peggiorare il rapporto RAI, quindi attenzione a cosa si usa e a rendere omogenee le superfici).

Anche in questo caso devo ricordare che molte regioni si sono dotate di apposito regolamento edilizio tipo regionale, integrando e aggiungendo definizioni uniformi già inserite nel RET nazionale.

Scendiamo adesso nei dettagli e differenza tra Fattore Luce Diurna medio e rapporti illuminante 1/8 nelle verifiche igienico sanitarie per abitazioni.

Canale Telegram

Ricordati di seguirmi sul mio canale Telegram

SCOPO E FINALITA’ DEL RAPPORTO ILLUMINANTE NELLE ABITAZIONI

La finalità dell’intero articolo 5 del DM 5 luglio 1975 è di garantire idonei requisiti igienico-sanitari, e una sufficiente Abitabilità degli spazi per:

  • ricambio d’area adeguato (infatti c’è la superficie finestrata apribile)
  • sanificazione adeguata (illuminazione naturale diretta)

Art. 5.

Tutti i locali degli alloggi, eccettuati quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi, vani-scala e ripostigli debbono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla destinazione d’uso.

Per ciascun locale d’abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore al 2%, e comunque la superficie finestrata apribile non dovrà essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento.

Per gli edifici compresi nell’edilizia pubblica residenziale occorre assicurare, sulla base di quanto sopra disposto e dei risultati e sperimentazioni razionali, l’adozione di dimensioni unificate di finestre e, quindi, dei relativi infissi.

Da notare che la norma riporta il termine “APRIBILE”, ma spesso i tecnici usano quella architettonica, ovvero il “buco nel muro”, comprensivo quindi di telai fissi. Ho pure trovato regolamenti edilizi o igienico sanitari in cui veniva indicato il criterio più favorevole dell’intero foro comprensivo del telaio fisso.

L’art. 5 dell’anzidetto decreto ha reso incompatibile il previgente articolo 65 delle ormai datate Istruzioni Ministeriali del 20 giugno 1896, che indicavano determinate superfici minime finestrate ed illuminanti da rispettare in termini quantitativi, senza fare riferimento al F.L.D.m (fattore luce diurno medio):

Art.65. (divenuto incompatibile con l’art.5 del D.M. 5-7-1975)
Ogni ambiente che debba servire per abitazione dovrà avere almeno una finestra che si apra immediatamente all’aria libera. La superficie illuminante delle finestre sarà non minore di 1/10 della superficie della stanza e quando vi sia una sola apertura di finestra, questa non avrà una superficie minore di mq.2. Per le soffitte sarà tollerata un’ampiezza di luce delle finestre uguale almeno ad 1/15 della superficie del pavimento e di un minimo di mq.1,50.

Per concludere l’excursus normativo sui requisiti igienico sanitari prescritti dal D.M. 5 luglio 1975, è assai utile riportare il comma 2 dell’art. 10 L. 120/2020 (Decreto Semplificazioni 2020) con cui viene fatta una interpretazione autentica relativa ad alcuni requisiti dello stesso DM del 1975.

2. Nelle more dell’approvazione del decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 20, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, le disposizioni di cui al decreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975, si interpretano nel senso che i requisiti relativi all’altezza minima e i requisiti igienico-sanitari dei locali di abitazione ivi previsti non si considerano riferiti agli immobili che siano stati realizzati prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto e che siano ubicati nelle zone A o B, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili, in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali. Ai fini della presentazione e del rilascio dei titoli abilitativi per il recupero e la qualificazione edilizia dei medesimi immobili e della segnalazione certificata della loro agibilità, si fa riferimento alle dimensioni legittimamente preesistenti.

In altre parole viene indicato che i nuovi e più restrittivi requisiti introdotti dal D.M. del 1975 non si debbano considerare per gli edifici realizzati prima dell’entrata in vigore di esso, qualora ubicati nelle zone A o B del DM 1444/68 (perché invece si escludono quelli situati in altre zone, non è dato saperlo).

Rimane quindi comunque in vigore il rispetto dell’art. 65, attenzione per quegli edifici preesistenti, per cui non si dovrebbe ragionare così “siccome è arrivato il DM 5 luglio 75, allora “tana libera tutti”; non c’è stata in questo senso una abrogazione espressa.

Fattore Luce Diurno medio: definizione e norme

Intanto si deve premettere che le normative locali, regionali e regolamentari potrebbero aver già previsto da decenni ulteriori condizioni, requisiti e parametri ancora più prestazionali in tal senso (es. più classici: decurtazioni o riduzioni % dal conteggio della superficie finestrata delle parti basse delle porte finestre, o in caso di sporti oltre un certo limite), quindi dobbiamo fare salvo questa eventualità.

Detto ciò, partiamo dall’art. 5 del DM 5 luglio 1975, che impone il rispetto del requisito sanitario di adeguata illuminazione (ma anche di evidente aerazione) più performante rispetto all’omologa previgente versione delle Istruzioni Ministeriali 1896.

In prima battuta viene imposta la verifica del parametro illuminotecnico F.L.D.m. (Fattore Luce Diurno medio) pari ad almeno il 2%; a tale prescrizione si aggiunge in seconda battuta un meccanismo o clausola di chiusura, cioè il rapporto illuminante pari almeno ad 1/8 che conosciamo tutti.

Partiamo quindi dalla definizione del FLDm, facendo riferimento a quanto si può ricavare dalla regolamentazione italiana (Circ. LL.PP. n. 13011/1974, Circ. LL.PP. n. 3151/1967, ecc.) nonché dalla letteratura tecnica (cioè dagli insegnamenti della Fisica Tecnica universitaria), e nel proseguo si farà particolare riferimento soltanto alla destinazione d’uso residenziale.

Lo scopo del FLDm è garantire adeguate condizioni di illuminazione all’interno di spazi chiusi e finestrati indipendentemente dall’orientamento, dalle ore, giorni e periodi climatici dell’anno, tenendo però conto delle possibili ostruzioni di carattere permanente. Per definire meglio il FLD medio, è opportuno introdurre la definizione generale del FLD.

Il Fattore di Luce Diurna (FLD) è definito come il rapporto tra l’illuminamento misurato in un determinato punto all’interno della stanza e l’illuminamento misurato all’esterno disposto su una superficie orizzontale che vede l’intera volta celeste senza ostruzioni in condizioni di cielo aperto.

Poiché trattasi di un rapporto tra grandezze aventi unità di misura omogenee, esso produce un risultato adimensionale (cioè privo di unità di misura SI). La determinazione e calcolo di questo rapporto tiene conto di molte variabili e condizioni al contorno, vediamo le principali:

  • dimensioni, forme e distribuzione della forometria finestrata sull’edificio;
  • ostruzioni al suo intorno capaci di limitare la vista della volta celeste (edifici, manufatti, ecc);
  • caratteristiche materiche degli elementi trasparenti, e del relativo coefficiente di trasmissione luce naturale visibile;
  • dimensioni, forma e caratteristiche materiche/cromatiche dell’involucro interno della stanza (pavimento, soffitto, pareti, porte, eccetera), e delle conseguenti riflessioni della luce naturale al suo interno; sull’inserimento degli arredi interni nei calcoli c’è chi sostiene l’inutilità, a meno che non siano fissi e permanenti come cabine-armadio oppure armadi a muro.
  • scelta dell’altezza interna del piano di riferimento (solitamente 90 cm, cioè quella del piano di lavoro o utilizzazione dell’immobile, in quanto il FLD medio cambia valore in base ad esso);

Questi aspetti incidono sul calcolo del Fattore Luce Diurno “puntuale”, cioè riferito ad ogni punto interno. Tuttavia il DM 5 luglio 1975 richiede il valore medio del FLD relativo ad ogni stanza, affinché possa essere oggettivamente comparabile col valore minimo del 2% imposto per legge.

Il FLDm è definito medio: trattasi di FLD determinato con media ponderata sulla superficie interna dell’intera stanza/locale; sarebbe infatti inattendibile verificarlo relativamente ad un solo punto di calcolo, scelto in maniera discrezionale.

Prevalenza o doppia verifica con Fattore Luce Diurno medio e Rapporto 1/8?

Il D.M. 5 luglio 1975 con l’articolo 5 dispone in via principale la verifica del F.L.D.m. per ogni stanza abitabile (cioè dotata di finestra apribile), <<e comunque>> in subordine la verifica del rapporto di 1/8.

Quel “e comunque” inserito in norma può lasciar intendere diversi scenari interpretativi:

  1. Prevalenza del F.L.D.m sul tradizionale rapporto 1/8: la verifica soddisfatta del FLDm rende automaticamente soddisfatta o forse superfluea quella del rapporto 1/8;
  2. Doppia verifica di conformità da effettuarsi con FLDm e Rapporto illuminante;
  3. Assorbenza o inutilità della verifica FLDm quando il rapporto illuminante di 1/8 risulta verificato.

Di fatto è assai raro (perfino impossibile) riscontrare la verifica del Fattore Luce Diurno medio 2% nelle pratiche edilizie, soprattutto quelle del passato; la prassi adottata da ambo le parti (Pubblica Amministrazione, e Tecnici abilitati) ha ritenuto sufficiente limitare la verifica illuminotecnica al rapporto di 1/8, in quanto direttamente e facilmente verificabile da entrambe le parti. Ripeto, trattasi di una prassi.

Infatti per il calcolo del FLDm sono necessari diversi calcoli e verifiche di inquadramento da effettuare sempre di volta in volta, con l’ausilio di appositi software. Per cui la pratica tecnica ha preferito usare il sistema più semplice, tabellare e riscontrabile numericamente da ambo le parti.

In sintesi, la verifica con FLDm è basata su verifica tecnica puntuale da farsi stanza per stanza, edificio per edificio, zona per zona, e per questo va considerata come la più precisa e rispondente al reale illuminamento interno. D’altra parte, la verifica del solo rapporto illuminante di 1/8 è di tipo tabellare non tiene conto dell’effettive condizioni al contorno (ostruzioni, edifici, orientamento, ecc.); potrebbe presentarsi una situazione di verificato rapporto illuminante di 1/8 senza rispettare il FLDmedio, ma nella stragrande maggioranza dei casi il solo rispetto del rapporto 1/8 è sufficientemente sovradimensionato per rispettare il FLDm 2%.

Ci potrebbero però essere dei casi-limite in cui il rapporto illuminante di 1/8 di una finestra, che si affaccia ad un altro edificio ravvicinato (per esempio i classici 3 metri da Codice Civile), risulti rispettato ma oggettivamente poco illuminato, mentre dal calcolo FLDm questo “fattore ostruttivo” verrebbe considerato.

Conclusioni e consigli.

Bisogna differenziare i consigli in base a finalità di verifiche; quando si effettuano nuove costruzioni o ristrutturazioni sostanziali degli edifici (demo-ricostruzione) è caldamente consigliato avvalersi di software per verificare precisamente i rapporti illuminotecnici e FLDm; diciamo ciò perché ormai la progettazione edilizia è divenuta integrata e punta verso una concreta ecosostenibilità ambientale, di qualità abitativa e di risparmio energetico.

Effettuare verifiche più puntuali calcolando il FLDm, avvalendosi di appositi software in commercio o affidando l’incarico ai Tecnici abilitati specializzati in illuminotecnica, potrebbe tornare utile in caso di richieste di sanatorie per locali in cui il classico rapporto 1/8 non sia verificato, evitando magari soluzioni drastiche come l’“arredo fisso” o andando a sommarsi a tali soluzioni per ottenere una piena verifica dei parametri.

Per quanto riguarda invece le ristrutturazioni “conservative”, si potrebbe ritenere sufficiente la singola verifica del rapporto di 1/8, consigliando tuttavia di sovradimensionare comunque (adeguatamente) le aperture in caso di modifiche.

Se vogliamo però vederla in maniera asettica e letterale, l’articolo 5 del DM 5 luglio 1975 sembra chiedere la doppia verifica disgiunta del FLDmedio e del rapporto illuminante.

E forse un chiarimento normativo su questo punto non sarebbe male, considerato il rischio di possibile inagibilità di intere costruzioni soltanto per una “incomprensione” normativa.

Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved

carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
CONTATTI E CONSULENZE

Articoli recenti

Torna su