Convertire ad uso abitativo parti comuni esistenti qualifica aumento di carico urbanistico
Escluse costruzioni esterne ad uso accessorio dell’edificio principale dalla natura pertinenziale
Il Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01 elenca gli interventi di nuova costruzione, ovvero quelli comportanti trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, e gli interventi e opere pertinenziali.
La distinzione delle nuove costruzioni avviene all’articolo 3 c.1 T.U.E. dalla lettera E.1 alla E.7 compresa, e tra queste la lettera E.6 riguarda gli interventi pertinenziali:
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale;
Una nozione generale integrativa di pertinenza è contenuta nell’Allegato A voce n. 34 del Regolamento Edilizio Tipo:
Opera edilizia legata da un rapporto di strumentalità e complementarietà rispetto alla costruzione principale, non utilizzabile autonomamente e di dimensioni modeste o comunque rapportate al carattere di accessorietà.
La soprastante definizione potrebbe essere integrata e perfezionata da eventuali diverse normative regionali, dagli strumenti urbanistici e regolamenti comunali.
Per comprendere meglio questo complesso quadro delle definizioni e categorie di intervento, è anche opportuno chiarire meglio natura e caratteristiche delle pertinenze in regime urbanistico edilizio, da tenere separato da quello già più conosciuto ai fini civilistico con l’articolo 817 del Codice Civile.
Molti sostengono che la realizzazione dei manufatti e opere pertinenziali siano inquadrabili in edilizia “minore” o perfino libera, relativamente a tettoie, porticati o pergole bioclimatiche. Si deve sfatare anche questa credenza perchè in verità la regolamentazione dei manufatti pertinenziali è soggetta al rispetto di condizioni specifiche.
Vediamo allora come il Consiglio di Stato sia tornato nuovamente ad esprimersi, anche su certi manufatti realizzati esternamente ad un edificio esistente.
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Pertinenza urbanistica discende dal rapporto con altro edificio principale.
Partiamo prima dicendo quando non ha natura pertinenziale, sulla base della sentenza del Consiglio di Stato n. 10730/2023:
La natura pertinenziale va negata in relazione agli interventi edilizi che, pur legati da un vincolo di servizio a un fabbricato principale, non siano tuttavia coessenziali ma ulteriori rispetto a esso, in quanto suscettibili di un utilizzo autonomo e separato e in quanto occupanti aree e volumi diversi dal bene principale.
La giurisprudenza amministrativa si è consolidata stabilmente nella qualifica delle opere soggette a permesso di costruire per manufatto edilizio e pertinenza edilizia, ricordando le eventuali diverse disposizioni regionali (ammesse espressamente dall’articolo 10 commi 2 e 3 DPR 380/01:
nell’ordinamento statale vige il principio generale per il quale occorre il rilascio del permesso di costruire quando si tratti di un manufatto edilizio e, fatta salva una diversa normativa regionale o comunale, ai fini edilizi manca la natura pertinenziale quando sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata una qualsiasi opera come, ad esempio, una tettoia, che ne alteri la sagoma (Cons. di Stato 8477/2023, n. 904/2019, n. 51280/2017).
Pertanto per escludere la natura pertinenziale del manufatto è necessario verificare subito se esso configuri volumetria aggiuntiva, e/o se sia autonomamente fruibile rispetto all’edificio principale (Cons. di Stato n. 180/2019): queste condizioni, anche disgiunte, sono utili per scremare da subito una larga fetta di ipotesi.
Più recentemente il Consiglio di Stato si è espresso in senso negativo verso una fattispecie comprendente un manufatto di mt 5,17 x 2,45 ad uso deposito e un vano di circa mt 4,30 x 2,80 realizzato in ampliamento ad abitazione, respingendone la natura pertinenziale e convalidando l’ordinanza di demolizione in quanto nuove costruzioni abusive:
Il vincolo pertinenziale è riconoscibile soltanto a opere di modestissima entità e accessorie rispetto a quella principale, quali i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici “et similia”, ma non anche a opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto a quella considerata principale e non siano coessenziali alla stessa (Cons. di Stato n. 10730/2023, 27/2/2023, n.1994; 24/1/2022, n. 467; 25/3/2020, n. 2084; 13/1/2020, n. 309; 10/1/2020, n. 260; 2/1/2020, n. 12; 11/9/2013, n. 4493; Sez. IV, 13/7/2022, n. 5926; 24/8/2020, n. 5178; Sez. II, 3/11/2021, n. 7357; 6/10/2020, n. 5916; 14/1/2019, n. 323; 17/5/2017, n. 2348; 16/2/2017, n. 694; 16/6/2016, n. 2658).
Da quest’ultima emerge il diniego di inquadrare come pertinenza urbanistica sia il manufatto realizzato separatamente dall’edificio, sia anche piccoli ampliamenti in aderenza ad edifici.
Un esempio di opera intesa come pertinenza ad edificio principale è una scala in ferro per collegamento e accesso ad un terrazzo, in quanto funzionalmente inserita al servizio dello stesso, sfornita di valore autonomo e caratterizzata da un “volume minimo” (oppure escludibile dal computo dei volumi), o comunque non computabile come incremento del carico urbanistico (TAR Lazio n. 2261/2024, TAR Salerno n. 1680/2013). In effetti il perimetro delle pertinenze urbanistiche è assai risicato.
Il discorso trova anche analoga applicazione verso la realizzazione di piscine, soprattutto se interrate, sulle quali segnalo un deciso sorpasso dell’orientamento più restrittivo qualificante le piscine come nuove costruzioni.
Volendo concludere con parole semplici, il perimetro delle opere pertinenziali ammissibili è ridotto all’osso, e potrebbero astrattamente rientrarvi quei modestissimi manufatti irrilevanti, con funzione veramente accessoria e privi di qualsivoglia autonomia.
Mi vengono a mente quei piccoli armadietti per alloggiarvi i contatori delle utenze, o una piccola legnaia poco invasiva: a forza di esclusioni per criteri di autonomia funzionale e costruttiva, non rimane mica nulla.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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