Mancato o ritardato pagamento degli oneri concessori non impedisce il rilascio del titolo abilitativo
Il permesso di costruire convenzionato è stato introdotto nel 2014 col Decreto “Sblocca Italia”.
Si tratta di un titolo abilitativo edilizio collegato ad uno strumento attuativo del piano urbanistico generale.
Il presente articolo mi è stato ispirato dall’Avv. A. Di Leo, che ringrazio pubblicamente.
Alla base di questo Permesso di costruire vi è una convenzione (che diviene parte allegata), nella quale sono indicati e specificati gli obblighi che fanno carico al soggetto attuatore per soddisfare il preminente interesse pubblico.
Esso è disciplinato dall’art. 28-bis del Testo Unico dell’edilizia; il suo procedimento di formazione è quello previsto dal Capo II del Titolo II dello stesso TUE, mentre alla convenzione si applica altresì la disciplina ex art. 11 L. 241/90.
Il presupposto fondamentale e necessario è la possibilità di soddisfare l’esigenze di urbanizzazione attraverso questa modalità semplificata, cercando quindi di far combaciare le due fasi/procedure di emanazione dello strumento attuativo e rilascio del permesso di costruire.
Il Permesso di Costruire convenzionato non è stata una vera novità, di fatto i presupposti anticipatori c’erano già nel TUE all’art. 12; pur non prevedendo espressamente tale procedura, esso disciplinava tra i presupposti per rilasciare un PdC la possibilità di stipulare una convenzione tra privato e PA avente per oggetto l’adeguamento delle opere di urbanizzazione.
Inoltre nella previgente disciplina della “Super Dia” alternativa al Permesso era ammessa per le zone disciplinate da piani attuativi comunque denominati, e tra essi rientravano anche gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo (art. 22 comma 3 lettera B del TUE).
Scopo principale è un equilibrio tra interessi pubblici e privati contrapposti nell’attuazione urbanistica mediante compensazioni reciproche
Il permesso di costruire convenzionato consente alla PA di ottenere vantaggi per i quali in passato era necessario un vincolo espropriativo, con i relativi oneri economici.
Si tratta però di uno strumento che deve essere utilizzato nei rispetto del principio di proporzionalità, essendo evidente il rischio che attraverso questa leva la proprietà privata venga sottoposta a un trattamento deteriore rispetto a quello assicurato dalle ordinarie procedure espropriative.
Al riguardo, si possono evidenziare i seguenti punti che sottendono tale strumento innovativo (Tar Lombardia I n. 741/2017):
- in un’impostazione perequativa, è legittimo subordinare l’edificazione privata alla cessione gratuita di aree per servizi pubblici;
- un rapporto proporzionato tra i diritti edificatori attribuiti ai privati e la superficie oggetto di cessione, e un ragionevole equilibrio anche nell’utilità finale conseguita rispettivamente dai privati e dall’amministrazione;
- se sullo stesso terreno sono riservate edificazioni per servizi pubblici un indice fondiario più elevato, parallelamente, per evitare un effetto espropriativo, devono essere previste adeguate compensazioni per i privati (indennità o diritti edificatori commerciabili in altre aree del territorio). Quando tali compensazioni non siano possibili, o non risultino efficaci, deve essere incrementato l’indice edificatorio dei privati, o ridotto quello pubblico, restituendo alla proprietà la quota maggioritaria delle utilità economiche del terreno;
- con le stesse precisazioni, l’edificazione privata può essere subordinata alla realizzazione di opere di urbanizzazione;
- non è invece normalmente legittimo imporre ai privati di realizzare direttamente, con permesso di costruire convenzionato o mediante piano attuativo, gli edifici e le altre strutture di interesse pubblico. Un simile obbligo di fare è giustificabile nei confronti di privati particolarmente qualificati, e dunque qualora si tratti di imprenditori con adeguata capacità economica e interessi professionali coerenti con il tipo di edificazione previsto. Al contrario, per la generalità dei proprietari è necessario uno specifico accordo a monte della pianificazione urbanistica, per livellare attraverso il negoziato la posizione di vantaggio dell’amministrazione;
- se l’accordo non viene raggiunto (in sede di valutazione delle osservazioni o con altre forme di interlocuzione), la previsione urbanistica deve essere ripensata. In particolare, se non vi sono ragioni tecniche da cui derivi la necessità di eseguire i lavori in modo unitario, l’edificazione privata deve essere svincolata da quella pubblica, fermo restando l’obbligo di cessione delle aree. Incombe all’amministrazione l’onere di dare prova delle esigenze che richiedono una progettazione unitaria;
- l’amministrazione può anche decidere discrezionalmente di incentivare la progettazione unitaria con indici maggiorati a favore dei proprietari, purché a questi ultimi sia riservata comunque una quantità ragionevole di diritti edificatori da utilizzare in modo autonomo, qualora tale modalità di edificazione sia tecnicamente possibile (v. TAR Brescia Sez. I 9 gennaio 2015 n. 21).
Per tale procedura la convenzione è approvata dalla delibera del consiglio comunale, come normalmente avviene per l’adozione e approvazione degli strumenti attuativi del PRG; salvo diversa previsione regionale, la convenzione specifica obblighi funzionali al soddisfacimento dell’interesse pubblico (principale scopo del PdC convenzionato) di cui il soggetto attuatore si accolla integralmente.
L’interesse pubblico in questo caso è prevalente e diviene fonte di regolamento degli interessi in gioco (art. 28-bis comma 2 TUE).
La principale difficoltà è mantenere un’ottica di equilibrio tra gli interessi pubblici e privati contrapposti, in quanto l’eventuale sbilanciamento andrebbe a inficiare lo scopo prefigurato.
Il PdC convenzionato mira a mantenere un assetto urbanistico in conformità al vigente strumento generale (PRG) per le opere che incidono sul carico urbanistico, sul tessuto urbano consolidato, sullo stato presente e futuro dell’urbanizzazione e dotazioni territoriali, e di riequilibrio di tali elementi.
Occorre infatti evitare la condizione di squilibrio in cui la disciplina contenuta nello strumento urbanistico generale imponga un’utilizzazione del terreno privato più vantaggiosa per l’amministrazione (in termini di volumetria insediabile) senza un preventivo accordo con gli stessi, e senza lasciare un’alternativa edificatoria ragionevole per il caso in cui l’accordo non venga raggiunto (Tar Lombardia I n. 741/2017).
Diventano oggetto di stipula della convenzione i seguenti elementi:
- la cessione di aree anche al fine dell’utilizzo di diritti edificatori;
- la realizzazione di opere di urbanizzazione fermo restando quanto previsto dall’articolo 32, comma 1, lettera g), del D. Lgs. 12 aprile 2006, n.163;
- le caratteristiche morfologiche degli interventi;
- la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale
La convenzione può prevedere modalità di attuazione per stralci funzionali, cui si collegano gli oneri e le opere di urbanizzazione da eseguire e le relative garanzie (fidejussorie in primis).
La disciplina attuativa resta un compito affidato agli enti locali più vicini al territorio, in grado di definire in maniera particolareggiata l’assetto planivolumetrico, infrastrutturale e delle dotazioni territoriali del territorio, finalizzate al suo sviluppo equilibrato e ordinato.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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