La sanatoria edilizia si fonda su un accertamento che non è ricavabile dalla fiscalizzazione dell’abuso, ovvero dal suo mantenimento pagando una sanzione pecuniaria sostitutiva di quella ripristinatoria.

Gli atti di compravendita possono ritenere insussistenti gli abusi o difformità, ma non possono escludere il potere sanzionatorio verso essi.
Molto spesso mi confronto con persone che hanno acquistato immobili in buona fede, e soprattutto convinti di aver fatto un atto di trasferimento in piena regola.
Una buona parte di essi non è minimamente consapevole di cosa sta DAVVERO comprando, in termini di oggetto sotto il profilo della conformità.
Raramente capita che l’acquirente sia minimamente informato di qualche “marachella” combinata, ma che l’abbia accettata perché anche a lui tutto sommato fa comodo. In più si illude, o gli è stato fatto credere, che l’irregolarità abbia pure alzato il valore dell’immobile.
Quello che invece capita spesso, è che venditore e acquirente non abbiano entrambi la benché minima idea dello stato legittimo dell’immobile; oppure, che ne abbiano una vaga idea, ma che se ne strafottano di questo aspetto.
E su questi presupposti o convinzioni dirsi voglia, le parti contraenti vanno a braccetto a fare un bel rogito di trasferimento (Ne parlo anche nel mio libro “Ante ‘67”).
Magari, mi è capitato raramente che venditore e acquirente abbiano fatto valutare al notaio un parere circa l’inquadramento delle irregolarità edilizie e urbanistiche, da un punto di vista amministrativo comunale.

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Comunque sia nei casi in cui il notaio si sia espresso ritenendo insussistenti abusi o difformità edilizia, ciò non limita il potere di accertamento da parte dell’ente comunale.
Trovo utile riportare un consolidato principio da parte della giurisprudenza amministrativa, secondo la quale <<nel caso di immobile realizzato senza alcun titolo edilizio l’ordinanza di demolizione, quale provvedimento repressivo non assoggettato ad alcun termine decadenziale e, quindi, adottabile anche a notevole intervallo temporale dall’abuso edilizio, costituisce atto dovuto e vincolato alla ricognizione dei suoi presupposti, non potendo assumere alcuna rilevanza giuridica un preteso affidamento di mero fatto, ancorché eventualmente ingenerato dal dante causa e/o dal notaio che ha rogato gli atti di compravendita>> (TAR Liguria n. 775/2019, Cons. di Stato n. 2486/2014, n. 5011/2013, n. 3235/2013, n. 3182/2013).
Provo a spiegare con altri termini.
Quanto indicato negli atti di compravendita tra privati attiene ad aspetti civilistici, la sua sfera è appunto limitata al rapporto tra di essi, e non può incidere in alcun modo sugli aspetti amministrativi e abilitanti le trasformazioni edilizi.
E di conseguenza, il contenuto e le clausole dell’atto notarile non sono sufficienti a garantire la piena legittimità sotto il profilo urbanistico edilizio. Resta infatti impregiudicata ogni azione repressiva e sanzionatoria da parte degli enti preposti a vigilare, anche a notevole distanza di tempo dal compimento dell’illecito. E l’atto di compravendita, non comporta alcun tipo di affidamento nel privato.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE
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