L'entità degli abusi oggetto di condono potrebbe pregiudicare l'utilizzo dell'immobile
Occorre verificare in concreto la gravità dell’omessa Abitabilità per qualificare l’inadempimento del venditore
Nella normativa edilizia italiana, in passato esistevano due distinti procedimenti amministrativi per autorizzare l’utilizzo degli immobili al termine della loro costruzione o ristrutturazione:
- certificato di abitabilità, per gli immobili residenziali;
- certificato di agibilità, per immobili non residenziali.
Tuttavia, con l’entrata in vigore del DPR 380/01, questi due procedimenti sono stati unificati nel solo procedimento di Agibilità definito all’interno dell’articolo 24, e tuttavia ancora oggi si usano intercambiare le due nozioni; nel corso del tempo la procedura di rilascio certificato di Agibilità è stata modificata in attestazione mediante Segnalazione certificata di Agibilità, a seguito del D.Lgs. 222/2016 (sul punto si segnala che alcune regioni, come la Toscana, avevano anticipato prima la procedura asseverata).
La mancata menzione o consegna del certificato di Agibilità o Abitabilità all’interno dell’atto notarile di trasferimento immobiliare, come le compravendite, potrebbe essere imputabile a:
- semplice dimenticanza;
- errore formale;
- effettiva assenza del documento presso il Comune, a sua volta distinguibile per motivi:
- formali, in presenza dei requisiti oggettivi e sostanziali per attestare oggi l’Agibilità;
- sostanziali, in cui l’immobile risulti sprovvisto anche di un solo requisito come il collaudo statico della struttura, e pertanto inagibile.
Già nelle fasi precontrattuali è necessario chiarire la situazione relativa all’Agibilità o Abitabilità, anche per immobili realizzati o ristrutturati anteriormente al DPR 380/01, preferibilmente esibendo da subito copia del certificato (meglio ancora in originale), così da evitare dubbi sull’eventuale inagibilità dell’immobile dovuta alla mancanza dei requisiti tecnici o normativi, come il collaudo statico, la cessione delle aree urbanizzate o la conformità degli impianti. Può anche accadere che il Comune abbia rifiutato o revocato il rilascio del certificato a causa di irregolarità o abusi edilizi, motivo per cui l’assenza di menzione dell’Agibilità o Abitabilità nei contratti preliminari o negli atti di trasferimento può legittimamente sollevare dubbi sull’effettiva utilizzabilità dell’immobile. Questa casistica è riscontrabile spesso in caso di:
- immobili di vecchia costruzione, addirittura anteriori al Regio Decreto 1265/34 (testo unico sulle norme sanitarie) e mai sottoposti a modifiche edilizie successive;
- ritardi o carenze burocratiche, ad esempio per mancanza della dichiarazione di conformità degli impianti o del collaudo statico;
- assenza formale del certificato/segnalazione certificata presso il Comune, anche se l’immobile possiede tutti i requisiti per la presentazione della Segnalazione Certificata di Agibilità (SCA).
In ogni caso, la mancanza del certificato di agibilità/abitabilità o della segnalazione certificata nei contratti preliminari o nei rogiti non determina la nullità degli stessi, poiché non esiste alcuna norma vigente che vieti la circolazione degli immobili privi di tali documenti, o senza la loro menzione, come invece avviene nell’ambito urbanistico o catastale, ove sono previste specifiche ipotesi di nullità dell’atto.
Non essendo prevista una speciale ipotesi di nullità contrattuale, restano da valutare le ipotesi di risoluzione per inadempimento (per aliud pro alio) oppure per vizi comportanti risarcimento del danno: in entrambe le ipotesi occorre rammentare che sussistono diverse tempistiche e condizioni per contestarle, in particolar modo per la prescrizione alle relative azioni.
Sulla mancata prodizione dei certificati o attestazioni di Agibilità e abitabilità si devono richiamare i recenti principi espressi dalla Cassazione Civile, utili per determinare le casistiche rientranti nella risoluzione per inadempimento “grave”, come l’ipotesi aliud pro alio (ovvero una cosa per un’altra, oppure nel generale risarcimento del danno derivante dal vizio:
la mancata consegna di tale certificato al compratore non determina in via automatica la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene, per cui solo ove difettino i requisiti per ottenere l’agibilità la vendita può essere risolta per l’intervenuta consegna di aliud pro alio; allorché l’inosservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie e di sicurezza consista in una difformità non sanabile in alcun modo, è integrata la fattispecie della vendita di aliud pro alio e si ha invece vizio redibitorio o mancanza di qualità essenziali quando il mancato rispetto delle prescrizioni sia suscettibile di sanatoria; l’aliud pro alio è integrato sia nel caso della differenza strutturale, sia in caso di alterazione qualitativa che può determinare la degenerazione della cosa o il suo declassamento, a condizione che il difetto, in rapporto con quanto pattuito tra le parti, faccia della cosa una res irrimediabilmente diversa, inidonea a soddisfare quella certa destinazione (Cass. Civ. n. 32944/2024, vedi anche Cass. Civ. n. 23604/2023).
Ad esempio, configura compravendita in aliud pro alio l’abitazione realizzata senza rispettare i requisiti igienico sanitari, come l’altezza minima prevista dal D.M. 5 luglio 1975, in quanto non era suscettibile di regolarizzazione (deposito tardivo di Agibilità) a causa di vizio strutturale, e senza rinuncia al requisito dell’abitabilità espressa nell’atto di trasferimento.
È interessante evidenziare un passaggio già esaminato in precedenti articoli: nella sentenza di Cassazione Civile n. 32944/2024 è stato anche contestato che il certificato di agibilità è richiesto solo a decorrere dall’entrata in vigore del d.P.R. 380/2001, in quanto la disposizione introduttiva dell’istituto è rappresentato già dall’art. 221 r.d. 1265/1934, il quale prevedeva il rilascio dell’autorizzazione del sindaco in mancanza di cause di insalubrità, mentre la disciplina è stata nel tempo rivisitata, con particolare riguardo al procedimento di rilascio del certificato, rinviando alla ricostruzione normativa contenuta nella sentenza Cass. Civ. n. 23604/2023. Ebbene, tale sopravvenienza normativa non ha avuto rilevanza in questo contenzioso civilistico, probabilmente non ha colto nel segno l’abrogazione implicita operata dal DPR 380/01 dei previgenti obbligo di certificazione abitabilità e agibilità, con effetto di azzerare qualsiasi problematica per immobili realizzati o trasformati anteriormente all’entrata in vigore del testo unico edilizia (30 giugno 2003). Sul punto si segnala una sentenza favorevole del Consiglio di Stato n. 4774/2020 e sulla quale non mi trovo d’accordo, in quanto bisogna porsi il problema almeno a livello sostanziale: se l’immobile è rimasto sprovvisto di agibilità o abitabilità fino a oggi, sarà opportuno accertarne i motivi, perchè potrebbero risultare comunque mancanti dei requisiti essenziali per utilizzare gli immobili. E se dovesse emergere che l’immobile sia sprovvisto di collaudo strutturale o di urbanizzazione completata, vi assicuro che sono dolori.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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