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Cantiere

La natura di illecito permanente non permette di applicare sanzioni e procedure repressive in vigore all’epoca dell’abuso

Partiamo dall’ipotesi di irregolarità edilizie compiute molti anni fa, ad esempio prima dell’entrata in vigore del Testo Unico Edilizio DPR 380/01, cioè quando si doveva scegliere tra titoli abilitativi edilizi non più vigenti e applicabili (es. concessione edilizia, DIA, autorizzazione edilizia, ecc).

Dovendo oggi regolarizzare queste irregolarità, bisogna farsi una domanda: quale regime sanzionatorio amministrativo applicare?

  • Scenario n. 1: applicare le norme repressive vigenti all’epoca, pensando che fossero meno restrittive (non è proprio così)
  • Scenario n. 2: applicare le norme repressive vigente ad oggi, cioè al momento dell’applicazione delle sanzioni;

Se hai scelto il secondo scenario, hai risposto correttamente.

Quindi d’ora in avanti prendiamo in esame la casistica di abusi edilizi compiuti in passati e mai sanzionati fino ad oggi. Anche in questo caso è bene premettere che sull’argomento pure le Regioni potrebbero aver introdotto norme integrative, e non si analizzeranno le varie norme di settore o speciali, rimanendo soltanto nell’ambito delle procedure edilizie “tipicamente” comunali.

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Quale sanzioni demolitorie e repressive applicare oggi?

Per semplicità di comprensione, facciamo riferimento alla fine degli Anni ’80, cioè quando i titoli abilitativi previsti dalla normativa allora vigente erano la Concessione edilizia e Autorizzazione edilizia.

Ipotizziamo la realizzazione di una ristrutturazione edilizia compiuta in difformità al relativo titolo allora rilasciato, e che tale irregolarità venga segnalata o conosciuta soltanto oggi dalla Pubblica Amministrazione.

Cosa dovrebbe fare adesso la P.A, emanare un ordinanza di demolizione nei modi e procedura di fine Anni ’80?

No, si deve applicare quanto disposto dall’attuale ordinamento normativo, cioè applicare il Testo Unico Edilizia DPR 380/01 nella versione vigente al momento della contestazione formale ed emissioni sanzioni amministrative. Tutto ciò in ossequio al principio tempus regit actum.

La giurisprudenza conferma il regime vigente al momento dell’esercizio del potere repressivo

E’ fuori discussione che l’illecito edilizio abbia natura permanente, pertanto non si può applicare nessuna disciplina sanzionatoria del passato; di fatto sarebbe un vero rompicapo per tutti ricostruire per ogni casistica il quadro normativo allora vigente da applicare.

In particolare il Consiglio di Stato ha disposto che qualora il Comune eserciti il potere repressivo a distanza di tempo dalla commissione dell’abuso, la disciplina sanzionatoria applicabile è quella vigente al momento dell’esercizio del potere sanzionatorio.
Ciò in quanto l’abuso edilizio, rivestendo i caratteri dell’illecito permanente, si pone in perdurante contrasto con le norme tese al governo del territorio, sino al momento in cui non venga ripristinata la situazione preesistente (Cons. di Stato n. 2418/2022, n. 4154/2021).

In altre parole l’abuso edilizio non si prescrive mai a livello amministrativo.

Da ciò discende che, ai fini della repressione dell’illecito edilizio, è comunque applicabile il regime sanzionatorio vigente al momento in cui l’Amministrazione dispone la sanzione, in quanto, attesa la natura permanente dell’illecito stesso, colui che ha realizzato l’abuso svolgendo un’attività già illecita al momento della sua esecuzione mantiene inalterato nel tempo l’obbligo di eliminare l’opera illecita, onde il potere di repressione può essere esercitato retroattivamente, anche per fatti verificatisi prima dell’entrata in vigore della norma che disciplina tale potere.

In definitiva, il Consiglio di Stato ha già affermato da tempo che il regime sanzionatorio applicabile agli abusi edilizi è quello vigente al momento della sanzione (in conformità al principio del tempus regit actum), e non già quello in vigore all’epoca di consumazione dell’abuso. La natura della sanzione demolitoria, finalizzata a riportare in pristino la situazione esistente e ad eliminare opere abusive in contrasto con l’ordinato assetto del territorio, impedisce di ascrivere la stessa al genus delle pene afflittive, cui propriamente si attaglia il divieto di retroattività (Cons. di Stato n. 4943/2016).

Il principio del tempus regit actum comporta che deve essere applicata la normativa vigente al momento dell’adozione del provvedimento.

Sugli aspetti delle sanzioni penali e relativa prescrizione dovremmo fare altri ragionamenti, rinviando agli articoli già pubblicati sul blog.

Ma le categorie di intervento, procedure e regime repressivo del TUE è già cambiato molte volte

Qui dobbiamo fare un altro ragionamento e applicare rigidamente lo stesso principio tempus regit actum anche ai giorni nostri.

Ipotizziamo che gli illeciti edilizi siano stati compiuti su un immobile pochi anni fa, e comunque dopo l’entrata in vigore del Testo Unico Edilizia DPR 380/01.

Peccato il TUE abbia avuto diverse modifiche a partire dalla sua entrata in vigore, in particolare agli articoli 3 e 10 riguardanti le categorie di intervento e le opere soggette a Permesso di Costruire; a questo dovremmo anche aggiungere che sono cambiate più volte le procedure amministrative e i relativi perimetri.

Di conseguenza, cambiando categorie di intervento e procedure amministrative ordinarie, sono cambiate di pari passo quelle sanzionatorie e repressive. Pensiamo ad esempio alle sanzioni pecuniarie previste per inottemperanza all’ordine di demolizione, introdotte nel 2014.

Un piccolo esempio.

Modifiche interne non strutturali all’interno di un appartamento compiute nel 2008: a quel tempo avrebbero dovuto fare la DIA (Denuncia Inizio Attività), ma oggi tale procedura non esiste più perchè superato dalla SCIA ordinaria.
Tuttavia oggi per tale opera sarebbe sufficiente il deposito della CILA; pertanto se l’irregolarità fosse scoperta e contestata oggi, si dovrà applicare il regime repressivo sanzionatorio vigente ad oggi, cioè la CILA tardiva.

Non ritengo vi siano altre possibilità in quanto si deve applicare rigidamente il principio tempus regit actum, cioè la normativa vigente al momento del suo utilizzo.

Per cui, nei casi in cui gli illeciti edilizi riscontrati oggi per la prima volta, potrebbero (condizionale) trovare un trattamento più favorevole a livello amministrativo.

Orientamento opposto: illecito assoggettato a norme al suo verificarsi

Esiste anche un orientamento, da ritenere minoritario, che invece inquadrerebbe la natura dell’illecito al momento della realizzazione, di cui trovo isolata menzione nel Consiglio di Stato sentenza n. 1566/2017.

Con tale sentenza n. 1566/2017 si evince che l’introduzione di modifiche normative più favorevoli rispetto a quelle del passato non troverebbero applicazione per le opere e interventi commessi abusivamente in loro precedenza. Un esempio potrebbe essere il frazionamento di un appartamento in due mediante opere interne non strutturali effettuate nel 1995: oggi le possiamo assoggettare a CILA (e quindi regolarizzare con CILA tardiva), tuttavia all’epoca dell’abuso erano rientranti in ristrutturazione edilizia (e quindi soggette a SCIA in sanatoria).

Lo stesso orientamento ha affermato che non rileva il mutamento di regime delle opere ai sensi della normativa sopravvenuta, poiché la natura abusiva delle opere va valutata al momento della loro realizzazione. Infatti tale principio giurisprudenziale si basa sul fatto che “L’illecito amministrativo va assoggettato alla legge del tempo del suo verificarsi e rimane inapplicabile la disciplina posteriore più favorevole; ciò anche nel caso in cui tale più favorevole disciplina sia entrata in vigore anteriormente alla ordinanza con la quale è disposta la sanzione” (cfr. ex multis Cons. Stato Sez. VI Sent., 04/04/2017, n. 1566 TAR Veneto n. 46/2022, TAR Napoli n. 2662/2022). 

Conclusioni e consigli

Immagino sia difficile orientarsi in una disciplina urbanistico edilizia pluristratificata sia in senso verticale (cioè norme regolatrici ambiti e settori diversi), sia in senso orizzontale con le troppe modifiche temporale apportate al DPR 380/01.

Infatti anche ricostruire la corretta individuazione della categoria di intervento col regime di doppia conformità non è proprio facile. Si potrebbero avere qualificazioni di illecito edilizio diverse confrontando l’epoca dell’abuso col momento dell’istanza edilizia.

E via dicendo, si avrebbero diverse contraddizioni in vari ambiti che ometto per essere sintetico. Ed ecco perchè sarebbe forse più pratica inventare una specie di regime “favor rei” anche nel settore edilizio, quando si introducono semplificazioni edilizie.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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