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La mancata risposta all’istanza di Permesso di Costruire in sanatoria entro 60 gg non significa silenzio inadempimento

La sentenza di Corte Costituzionale n. 42/2023, depositata in data 16 marzo 2023, ha confermato il valore di tacito diniego all’accertamento di conformità, trascorsi sessanta giorni dall’istanza senza pronuncia con adeguata motivazione del Comune.

Non ha colto nel segno la serie di motivazioni che ha spinto il TAR del Lazio a sollevare l’eccezione di incostituzionalità verso il comma 3 articolo 36 DPR 380/01, che riporto:

3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Nemmeno a farla apposta, pochi giorni fa ero tornato sul tema del valore di Silenzio in caso di SCIA in sanatoria ex art. 37 DPR 380/01, sul quale il Consiglio di Stato si è espresso inquadrandolo come Silenzio-inadempimento; con tale sentenza è stato chiarito che il silenzio serbato sulle SCIA in sanatoria non possa configurare silenzio-assenso nè silenzio-rigetto.

Ma la questione sollevata nella predetta sentenza di Corte Costituzionale sul silenzio diniego verso istanze di Accertamento di conformità ex art. 36 TUE è complessa, provo a fornire una sintesi.

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Silenzio diniego verso Permesso in sanatoria: caratteristiche e procedura

Alla domanda di sanatoria possono seguire due possibilità:

  1. accettazione con atto espresso
  2. silenzio rifiuto

Nella fattispecie facciamo riferimento alla presentazione della domanda di accertamento di conformità in sanatoria secondo l’art. 36 del T.U.E, finalizzata ad ottenere il conseguente rilascio del permesso di costruire in sanatoria, cioè un atto espressamente emesso dal Comune.

Il comma 3 art. 36 DPR 380/01 dispone che sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si deve pronunciare con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.

Nota bene: il termine dei sessanta giorni non è quello previsto per il rilascio del Permesso di costruire in sanatoria edilizia, piuttosto vale per la pronuncia di diniego motivata da parte del Comune.

Ciò significa che il diniego della domanda di sanatoria edilizia può avvenire in due modi:

  • entro sessanta giorni: con pronuncia del dirigente/responsabile U.T. comunale con adeguata motivazione;
  • dopo sessanta giorni: con silenzio rifiuto, senza alcun provvedimento o comunicazione.

Sulla sanatoria il silenzio oltre sessanta giorni assume valore di rigetto

Il silenzio da parte del Comune diviene significativo di rigetto dell’istanza, e assume piena efficacia di provvedimento esplicito di rifiuto, concretizzando un vero e proprio provvedimento tacito di diniego (Cons. di Stato n. 2704/2023, n. 3396/2022, n. 3417/2018, n. 410/2017).

Diventano inutili quanto irrilevanti i successivi atti endoprocedimentali relativi all’istanza, come ad esempio la comunicazione di preavviso di diniego (Consiglio di Stato IV n. 4828/2007). La loro inutilità è conclamata dal fatto che intervengono successivamente al termine di sessanta giorni dalla formazione del silenzio rifiuto, e dopo tale termine l’interessato non può pretendere il riesercizio di un potere già esercitato dalla P.A, seppure in forma tacita.

La pretesa di un provvedimento esplicito da parte del dirigente o responsabile, decorsi i sessanta giorni, diviene inutile per i suddetti motivi. E su quest’ultimo punto che ha dibattuto la sentenza di Corte Costituzionale n. 42/2023. come vedremo a breve.

Decorsi i sessanta giorni la P.A. può comunque rilasciare la sanatoria edilizia.

Invece, il rilascio del Permesso in sanatoria può comunque avvenire con atto espresso del Comune entro i predetti sessanta giorni, ma anche dopo. La norma non preclude o fa decadere la possibilità di rilasciare il permesso di costruire in sanatoria anche decorsi i sessanta giorni.

Nulla vieta che comunque la P.A. possa portare avanti, anche se lentamente, il procedimento amministrativo: alzi la mano chi è riuscito a portare a casa un permesso di costruire in sanatoria entro sessanta giorni, anche dall’eventuale deposito delle integrazioni.

Pertanto la scadenza del termine di 60 gg consente comunque di proseguire il procedimento, ed esprimersi positivamente o negativamente sull’istanza, in ottica di buon andamento della P.A. e certezza delle posizioni del cittadino.

E’ chiaro che il Comune debba comunque esprimersi con provvedimento favorevole o sfavorevole sulla base di adeguata motivazione.

Tuttavia, è legittimo che la P.A. possa scegliere di restare in silenzio e lasciare il cittadino nell’incertezza, cioè senza neppure le motivazioni ostative al rilascio, perchè non è obbligato a farlo. La questione diventa gravosa quando la domanda di sanatoria sia stata presentata a seguito di ricezione dell’ordinanza di rimessa in pristino e demolizione.

Il silenzio della p.a. sulla richiesta di concessione in sanatoria e sulla istanza di accertamento di conformità, di cui all’art. 36 t.u. edilizia, ha un valore legale tipico di rigetto, costituisce cioè una ipotesi di silenzio significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego; in effetti la natura provvedimentale è anche confermata dall’articolo stesso, secondo cui sulla richiesta di sanatoria si pronuncia il dirigente o il responsabile entro sessanta giorni, decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata; è anche evidente che l’inutile decorso del predetto termine comporta la reiezione della domanda de qua e quindi si invera un vero e proprio provvedimento tacito di diniego (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI , 6 giugno 2018, n. 3417). Il silenzio serbato dal Comune sull’istanza di accertamento di conformità urbanistica quindi non ha valore di silenzio-inadempimento, ma di silenzio-rigetto, con la conseguenza che, una volta decorso il relativo termine, non sussiste un obbligo di provvedere; ciò comporta altresì il permanere della facoltà di provvedere espressamente, nella specie esercitata ragionevolmente, anche a fronte del supplemento istruttorio svolto dall’amministrazione” (Cons. di Stato n. 2704/2023).

Quali rimedi utilizzare, sono indicati nei ragionamenti della sentenza di Corte Costituzionale.

La Consulta conferma il silenzio diniego

Le argomentazioni avanzate dal TAR Lazio non sono state ritenute sufficienti per modificare il destino di migliaia di procedure di sanatoria edilizia incagliate in silenzio nei meandri comunali.

Effettivamente la procedura dell’articolo 36 TUE, e sopratutto il comma 3, meriterebbe una profonda rivisitazione, infatti seguendo anche le argomentazioni del TAR che ha promosso i profili di incostituzionalità sollevano problematiche da risolvere:

  • la posizione del richiedente risulterebbe aggravata perchè è costretto a fare un ricorso amministrativo “al buio” senza conoscere le motivazioni sfavorevoli, avendo perfino l’ulteriore onere di ri-dimostrare la doppia conformità urbanistico edilizia dell’intervento. Tuttavia il Giudice amministrativo non ha competenza sostitutiva della P.A. e accertare la doppia conformità prevista;
  • irragionevole il silenzio diniego nelle domande di permesso di costruire in sanatoria, se comparato al silenzio assenso nelle domande di condono edilizio straordinario (L. 47/85, L. 724/94 e DL 269/03).

Al netto di tutto il quadro delle motivazioni pro e contro, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 42/2023 ha respinto l’eccezione di incostituzionalità.

Intanto stiamo parlando di Permesso in sanatoria ex art. 36 TUE, e non di SCIA in sanatoria ex art. 37 TUE: l’articolo 36 t.u. disciplina l’«accertamento di conformità», vale a dire il permesso in sanatoria ottenibile per interventi realizzati in difetto del, o in difformità dal permesso di costruire, alla condizione che le opere siano rispondenti alla disciplina urbanistico-edilizia vigente tanto al momento di realizzazione dell’opera, quanto al momento dell’istanza.

Valutazione sanatoria edilizia, natura vincolata o discrezionale della P.A. ?

Il legislatore, dunque, consente in via generale di effettuare la sanatoria formale, e non sostanziale degli illeciti edilizi; la valutazione che deve effettuare la P.A. è di tipo vincolata e non compie apprezzamenti discrezionali tecnici (Consiglio di Stato n. 7993/2022), come appunto il riscontro della doppia conformità urbanistico edilizia all’epoca dell’abuso e al momento dell’istanza.

Occorre anche dire che esiste un secondo orientamento minoritario, secondo cui il potere sanante ha natura «solo tendenzialmente vincolata» o natura tecnico-discrezionale, in ragione delle valutazioni richieste nell’accertamento dei presupposti di fatto e di diritto previsti dalla legge e dagli atti di pianificazione urbanistica (in relazione al permesso di costruire, di recente, Consiglio di Stato n. 9664/2022).

Tuttavia in passato la Corte Costituzionale si era già espressa sulla previsione di silenzio con valore legale di diniego verso l’istanza, cioè silenzio-diniego, e non come inerzia a provvedere di silenzio-inadempimento (Sentenza Corte Costituzionale n. 232/2017).

Le motivazioni di conferma del Silenzio Diniego della Consulta

Primo aspetto, priorità alla tutela del territorio.

La previsione del silenzio diniego è ritenuta rispondente alla necessità e a favore della difesa del corretto assetto del territorio dagli abusi edilizi, la cui repressione costituisce attività doverosa per l’amministrazione (artt. 27 e 31 del d.P.R. n. 380 del 2001).

L’autorità comunale ha dovere di ordinare la demolizione delle opere abusive, e non è tenuta a verificare preventivamente la loro sanabilità (da ultimo, Consiglio di Stato n. 10897/2022); al contrario è compito del soggetto privato di proporre istanza di sanatoria e quello di impugnare il suo eventuale diniego, anche tacito.

Secondo aspetto: sanatoria edilizia estingue reato edilizio

La definizione del procedimento di sanatoria con i tempi certi del silenzio-rigetto si coordina con la disposizione dell’art. 45 DPR 380/01 relativa alla persecuzione penale degli abusi edilizi.

Questa prevede la sospensione del procedimento penale sino alla decisione amministrativa sull’istanza di titolo in sanatoria, in ragione dell’effetto estintivo dei reati contravvenzionali derivante dal suo accoglimento; ma, al contempo, tale sospensione richiede un contenimento temporale non potendo il processo penale arrestarsi sine die (Corte di cassazione, sezione terza penale, sentenze 21 novembre 2019-16 marzo 2020, n. 10083, 16 gennaio 2020-25 maggio 2020, n. 15752 e 18 gennaio 2006-23 marzo 2006, n. 10205).

Le soluzioni e strumenti alternativi al silenzio diniego

Non sappiamo se quel silenzio-diniego formatosi a sessanta giorni sia frutto di:

  • convincimento della P.A. a bocciare la sanatoria, dopo averla esaminata e riscontrato l’assenza dei presupposti (basterebbe fare richiesta di integrazioni e soccorso istruttorio, dico io)
  • inerzia per difficoltà gestionali o carenza di organico;
  • Comuni commissariati
  • eccetera.

Diciamo che in caso di formazione del silenzio-rigetto (sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza), il soggetto interessato ha la possibilità di fare ricorso in sede giurisdizionale entro 60 giorni dalla formazione del silenzio stesso.

E’ ovvio che si tratta davvero di un ricorso “al buio”, in quanto si parte senza sapere le motivazioni che avrebbero convinto la P.A. a non agire, ovvero la mancanza dei presupposti per il rilascio favorevole (es. doppia conformità urbanistico edilizia).

Qualche dato di partenza utile si potrebbe trarre da quanto contenuto e contestato nell’Ordinanza di rimessa in pristino e demolizione; ma nei casi in cui la sanatoria è stata presentata spontaneamente, mancano ulteriori riferimenti.

Diciamo quindi che la strada è davvero in salita, e ove possibile converrà piuttosto interloquire col competente ufficio tecnico comunale per avere le motivazioni di diniego.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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