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L’estinzione del profilo penale prodotto col reato edilizio può avvenire soltanto con la sanatoria edilizia prevista dagli articoli 36 e 37 T.U.E. con doppia conformità.

Esclusa ancora la possibilità di ottenere un permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici. Ad esempio potrebbe verificarsi l’assenza della doppia conformità prevista, nei confronti dello strumento urbanistico vigente, e recuperabile con modeste opere di adeguamento.

Ma si sa, la sanatoria edilizia deve avvenire a mattoni fermi, a prescindere con SCIA in sanatoria o con Permesso in sanatoria: il presupposto della doppia conformità non perdona nessuno. Sulla questione è tornata ad esprimersi la Cassazione Penale con sentenza n. 5486/2024, rinnovando costantemente l’impossibilità di regolarizzare con opere postume o aggiuntive alla istanza. Nella fattispecie il problema ostativo riguarda la sopraelevazione di un piano in zona vincolata la quale non risultava sanabile, pertanto il richiedente ha proposto un’istanza di sanatoria edilizia condizionata alla demolizione di parte dell’edificio.

E’ illegittimo, e non determina l’estinzione del reato edilizio di cui all’art. 44, lettera b), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all’esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell’alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica.

Dalla predetta sentenza di Cassazione emerge che sia soprattutto il profilo penale ad impedire la possibilità di sanare l’abuso edilizio, in quanto l’unica ipotesi di estinzione del reato edilizio è la doppia conformità, come previsto dall’articolo 45 D.P.R. 380/01.

Secondo la pacifica giurisprudenza di Cassazione la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all’art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a precludere l’irrogazione dell’ordine di demolizione dell’opera abusiva previsto dall’art. 31, comma 9, del medesimo d.P.R. e a determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall’art. 36 del decreto stesso citato, che richiede la doppia conformità
delle opere alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria, dovendo escludersi la possibilità che tali effetti possano essere attribuiti alla cd. “sanatoria giurisprudenziale” o “impropria”
, che consiste nel riconoscimento della legittimità di opere originariamente abusive che, solo dopo la loro realizzazione, siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica (Cass. Pen. n. 43823/2023, n. 45845/2019, n. 7405/2015, n. 47402/2014, n. 39895/2013).

Dello stesso tenore sono anche le sentenze di Cass. Penale n. Cassazione Penale n. 41872/2023, n. 2357/2023, che hanno precisato l’esclusione del requisito di doppia conformità nel caso di edificazioni eseguite in assenza del preventivo ottenimento dell’autorizzazione sismica.

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Divieto di adeguare e conformare l’opera abusiva ai requisiti di doppia conformità urbanistico edilizia.

Lo stesso orientamento è confermato anche dalla giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato. La cosiddetta “sanatoria condizionata”, caratterizzata dal fatto che i suoi effetti vengono subordinati all’esecuzione di specifici interventi aventi lo scopo di far acquisire alle opere il requisito della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia che non posseggono, non è prevista dall’assetto normativo di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, in quanto l’articolo 36 si riferisce esplicitamente ad interventi già ultimati.

La disciplina stabilisce che la “doppia conformità” debba sussistere sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda di sanatoria. Un eventuale permesso di costruire in sanatoria contenente prescrizioni sarebbe in contrasto con tale disciplina normativa in quanto postulerebbe non la “doppia conformità” delle opere abusive pretesa dalla disposizione in parola, ma una sorta di conformità ex post, condizionata all’esecuzione delle prescrizioni e quindi non esistente al tempo della presentazione della domanda di sanatoria, ma, eventualmente, solo alla data futura ed incerta in cui la richiedente avrebbe ottemperato alle prescrizioni (in termini Cons. Stato, sez. VI, n. 8713/2022 e n. 10317/2022; id., sez. VII, n. 8985/2023).

Al contrario, “la sanatoria di cui all’art. 36, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, si fonda sul rilascio di un provvedimento abilitativo sanante da parte della competente Amministrazione, sempre possibile previo accertamento di conformità o di non contrasto delle opere abusive non assentite agli strumenti urbanistici vigenti nel momento della realizzazione e in quello della richiesta, previo accertamento di compatibilità paesaggistica nelle ipotesi in cui l’area sia assoggettata a vincolo paesaggistico e che è tassativamente limitato alle sole fattispecie contemplate dall’art. 167 comma 4 del d.lgs. 42/ 2004” (Cons. Stato, Sez. IV, n. 1874/2019).

Un vero peccato che non sia ammissibile, perchè in verità molte casistiche si potrebbe regolarizzare con interventi di adeguamento anche di poco conto, e non sarebbe sbagliato operare con buon senso. L’ipotesi di introdurre la sanatoria con opere postume o sanatoria condizionata è prevista nella bozza di Riforma del Testo Unico Edilizia DPR 380/01.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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