Essenziale sussistenza requisiti oggettivi, soggettivi e specifiche disposizioni di settore
Consiglio di Stato ritiene possibile formarsi un titolo abilitativo anche non corrispondente alla disciplina sostanziale
Come già anticipato più volte sul blog: mai fidarsi del silenzio assenso, perchè dietro la sua silenziosità si potrebbero annidare diversi profili di annullamento in autotutela tardivo da parte dell’ente competente, e ciò sia detto sia per i permessi di costruire rilasciati in via ordinaria che in sanatoria, ma anche verso i condoni.
Normalmente l’istituto del silenzio assenso è basato sulla presenza di tutti i presupposti formali e sostanziali, in particolare, in presenza di una documentazione completa degli elementi richiesti dall’articolo riportato (Cons. di Stato n. 3676/2023); lo scopo del silenzio assenso è rendere astrattamente “inutile” l’azione della Pubblica Amministrazione per rilasciare un titolo. L’istituto giuridico denominato ‘silenzio-assenso’ risponde ad una valutazione legale tipica in forza della quale l’inerzia equivale a provvedimento di accoglimento (tutti gli articoli sul Silenzio-Assenso).
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In questo momento convivono due orientamenti sulla possibile formazione del silenzio-assenso verso le istanze edilizie, in funzione della loro sostanza e conformità alla disciplina urbanistico-edilizia:
- contrario: il silenzio-assenso presuppone la completezza documentale e la conformità alla disciplina urbanistico-edilizia, ai vari strumenti urbanistici e regolamenti edilizi comunali nonché alle varie norme di settore. Il silenzio-assenso non può ritenersi formato e non può riscontrarsi alcun effetto abilitativo, ove l’istanza non prospetti una condizione di piena conformità al paradigma legale e non ricorrano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie (Consiglio di Stato n. 6966/2023, n. 1634/2023).
- favorevole: un diverso e più recente orientamento (Consiglio di Stato n. 3813/2024, 2661/2023, n. 5746/2022) la conformità dell’intervento alla normativa urbanistica non è invece necessaria ai fini della formazione del silenzio-assenso. Questa giurisprudenza di favore ritiene che la conformità dell’intervento alla normativa urbanistico edilizia costituisce requisito di validità del titolo tacito formatosi con il silenzio-assenso e non requisito di perfezionamento della fattispecie: il titolo edilizio si forma quindi per il solo decorso del tempo, salva la possibilità per l’amministrazione, qualora accerti che l’intervento non sia conforme, di intervenire esercitando il potere di annullamento in autotutela (di cui all’articolo 21-nonies comma 1 L. 241/90).
Più recentemente, con mio stupore, si sta consolidando il orientamento che ammette la formazione tacita e silenziosa sull’istanza edilizia, da ultimo affermato dalla sentenza di Consiglio di Stato n. 3051/2025, affermante che in presenza dei requisiti di formazione del silenzio-assenso, il titolo abilitativo può perfezionarsi anche con riguardo ad una domanda non conforme a legge. In particolare tale principio è stato giustificato così:
8.3 Reputare, invece, che la fattispecie sia produttiva di effetti soltanto ove corrispondente alla disciplina sostanziale significherebbe sottrarre i titoli così formatisi alla disciplina della annullabilità: tale trattamento differenziato, per altro, neppure discenderebbe da una scelta legislativa oggettiva, aprioristicamente legata al tipo di materia o di procedimento, bensì opererebbe (in modo del tutto eventuale) in dipendenza del comportamento attivo o inerte della p.a.
8.4. Inoltre, come pure questo Consiglio di Stato ha rilevato, l’impostazione di “convertire” i requisiti di validità della fattispecie ‘silenziosa’ in altrettanti elementi costitutivi necessari al suo perfezionamento vanificherebbe in radice le finalità di semplificazione dell’istituto: nessun vantaggio, infatti, avrebbe l’operatore se l’amministrazione potesse, senza oneri e vincoli procedimentali, in qualunque tempo disconoscere gli effetti della domanda.
8.5. L’obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore – rendere più spediti i rapporti tra amministrazione e cittadini, senza sottrarre l’attività al controllo dell’amministrazione – viene realizzato stabilendo che il potere (primario) di provvedere viene meno con il decorso del termine procedimentale, residuando successivamente la sola possibilità di intervenire in autotutela sull’assetto di interessi formatosi ‘silenziosamente’ (Cons. St., sez. VI, 8 luglio 2022, n. 5746).
La sentenza conclude affermando l’avvenuta formazione del silenzio-assenso sulle domande di condono L. 326/2003 presentate nel dicembre 2004, asseritamente ritenute carenti nel momento della loro presentazione, considerato che le domande di condono dovevano ritenersi completamente integrate al più tardi con la nota del gennaio 2009, di trasmissione degli importi per oblazione ed oneri concessori ancora mancanti, in risposta alle richieste integrative documentale richieste dal comune nel 2008. Il Consiglio di Stato ha ritenuto consolidato il silenzio assenso essendo decorso il termine di ventiquattro mesi prescritto dall’articolo 32 L. 326/03 senza l’emanazione di alcun provvedimento espresso, favorevole o diniego.
Inoltre nella stessa sentenza è stabilito che alla data del maggio 2017 il Comune non poteva legittimamente intervenire in autotutela per annullare l’avvenuta formazione del silenzio-assenso formatosi sulle istanze del terzo condono. Questo è un punto importante perchè va a rendere inefficaci i possibili poteri di intervento della pubblica amministrazione ad anni di distanza, anche di fronte a carenze dei requisiti sostanziali; resta da capire se tale principio possa scontrarsi con la disposizione generale contenuta nelle norme di condono edilizio, cioè sull’annullabilità della concessione in sanatoria ottenuta in maniera dolosamente infedele.
Nell’anzidetta fattispecie trattata in sentenza risultavano i presupposti per l’applicazione del silenzio-assenso (già formato in via definitiva) nonché il decorso di oltre otto anni dall’ultima produzione documentale senza più possibilità di annullamento in autotutela da parte dello stesso Comune, che aveva anche chiesto il pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori, senza nulla peraltro eccepire per molti anni in ordine alla condonabilità delle opere. Anzi, col proprio silenzio ha fatto intendere al privato che la documentazione era ormai completa mancando solo il suddetto pagamento, per poi agire a distanza di anni in violazione di tale affidamento e dei generali principi di collaborazione e buona fede, cui devono essere improntati i rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione (codificati con l’introduzione del comma 2-bis dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 ad opera del d.l. n. 76 del 2020, ma costituenti espressione di un preesistente principio generale).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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