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Cassazione conferma l’essenziale rapporto di causalità adeguata con l’attività intermediatrice per esigere la provvigione
Si consolida ancora l’orientamento giurisprudenziale che restringe i margini del diritto alla provvigione degli agenti immobiliari, peraltro commentato neanche sei mesi fa su questo blog, relativo all’ordinanza di Cassazione Civile n. 31187/2024.
Stavolta l’ennesima conferma viene dall’ordinanza di Cassazione Civile n. 9431/2025, relativa a una contestata pretesa di provvigione da parte di un’agenzia immobiliare, asseritamente maturata per una attività di mediazione per una fattispecie in cui le parti non erano addivenute alla stipula del preliminare, a seguito della revoca della proposta di acquisto effettuata dal promittente acquirente. Per quanto riguarda il diritto alla provvigione, nella fattispecie le due parti contestavano rispettivamente:
- la società di mediazione immobiliare ha sostenuto che il diritto alla provvigione fosse sorto nel momento della comunicazione al proponente dell’avvenuta accettazione della proposta del venditore;
- il promissario acquirente ha contestato l’assenza della garanzia fidejussoria del costruttive prevista dalla L. 122/2005, portandolo a revocare la proposta perchè non poteva avere seguito l’atto definitivo di compravendita, per nullità;
La seconda sezione di Cassazione civile, con la predetta ordinanza, ha ritenuto legittimo il rifiuto di pagare la provvigione all’agente immobiliare, alla luce del consolidato principio per cui il diritto del mediatore alla provvigione può rimanere escluso, ai sensi dell’art. 1757, terzo comma, cod. civ., in presenza di vizi tali da impedire la definitiva attuazione dell’”affare”, come ad esempio in caso di mancato rilascio di garanzia fideiussoria ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 122/2005 qualora il relativo oggetto ricada su un bene in costruzione non ancora ultimato e tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità, senza che rilevi la mancata proposizione di apposita eccezione da parte dell’acquirente legittimato a far valere la relativa nullità di protezione, dovendo la questione essere sollevata d’ufficio. Nell’anzidetta fattispecie, la Cassazione ha richiamato tra le motivazioni i seguenti consolidati principi:
- Per “conclusione dell’affare”, deve intendersi, in particolare, ciò che è l’equivalente del contratto (Cass., Sez. 3, 12/4/2005, n. 7519) e, dunque, il compimento di un’operazione di natura economica generatrice di un rapporto obbligatorio tra le parti, anche se articolatasi in una concatenazione di più atti strumentali, purché diretti, nel loro complesso, a realizzare un unico interesse economico, quand’anche con pluralità di soggetti (Cass. civ. n. 24397/2015, Cass. civ. n. 7519/2005, Cass. civ. n. 4111/2001);
- La condizione perché il diritto alla provvigione sorga è, dunque, l’identità dell’affare proposto con quello concluso, che non è esclusa:
- quando le parti sostituiscano altri a sé nella stipulazione finale (Cass., 06/04/2022, n. 11127), purché vi sia continuità tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipulazione negoziale e la conclusione dell’affare sia collegabile al contatto determinato dal mediatore tra le parti originarie, tenute al pagamento della provvigione (Cass. civ. n. 11127/2022)
- né quando non vi sia una coincidenza totale tra oggetto iniziale delle trattative ed oggetto conclusivo dell’affare (Cass. civ. n. 25851/2014) per essere stati bene e prezzo modificati in esito alle trattative intavolate per effetto dell’opera del mediatore (Cass. civ. n. 25851/2014);
- Occorre il compimento di un atto in virtù del quale sia costituito un vincolo che dia diritto di agire per l’adempimento dei patti stipulati o, in difetto, per il risarcimento del danno, purché sufficiente a far sorgere tale diritto (come, ad esempio, un preliminare di vendita di un immobile; vedi tra le tante Cass. civ. n. 2359/2024, Cass. n. 24397/2015, Cass. n. 7519/2005; Cass. n. 4111/2001; Cass. n. 9676/1997).
- L’insorgenza del diritto alla provvigione non può, tuttavia, prescindere dalla validità del contratto concluso e dal rispetto dei requisiti prescritti dalla legge, come quello della forma scritta richiesta ad substantiam ex artt. 1350 e 1351 cod. civ. (Cass. civ. n. 22000/2007; Cass. civ. n. 18779/2005), derivando altrimenti dalla presenza di vizi tali da impedire la definitiva attuazione dell’affare la perdita ex art. 1757, terzo comma, cod. civ., del diritto al compenso (Cass. civ. n. 6731/2002; Cass. civ. n. 7519/2005, Cass. civ. n. 28456/2013);
Detto ciò, spetta al giudice valutare caso per caso se le parti coinvolte nell’ambito della trattativa abbiano concluso un preliminare valido e rispetto dei vari requisiti in grado di far maturare il diritto alla provvigione o meno.

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Quando l’agenzia immobiliare non ha diritto alla provvigione
Sempre secondo quanto già trattato in precedente approfondimento sul blog, in base all’orientamento ormai consolidato della Cassazione Civile il diritto del mediatore alla provvigione sorge allorché la conclusione dell’affare abbia avuto luogo per effetto del suo intervento, come si ricava dal chiaro letterale dell’art. 1755, comma 1, Codice Civile. Al fine di poter ritenere concluso l’affare è necessario che fra le parti poste in relazione dal mediatore si sia costituito – in relazione ad un’eventuale futura stipula di un contratto preliminare – un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di loro ad agire per l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 Codice Civile, ovvero per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato.
Non basta, invece, accertare la sottoscrizione di una proposta irrevocabile da parte dell’aspirante compratore, il quale offra un certo corrispettivo per l’acquisto del bene, né riscontrare che vi sia stata la conforme accettazione del proprietario, che pur abbia dato
luogo a una puntuazione vincolante sui profili in ordine ai quali l’accordo è irrevocabilmente raggiunto e valga, perciò, a configurare un ”preliminare di preliminare“, secondo quanto chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 4628/2015 (cfr. Cass. n. 22012/2023, Cass. n. 17919/2023, Cass. n. 28879/2022, Cass. n. 30083/2019).
Garanzia fidejussoria per vizi sulla costruzione D.Lgs. 122/2005
L’anzidetta garanzia per vizi sulla costruzione prevista dall’articolo 2 D.Lgs. 122/2005 si applica agli ai contratti aventi per oggetto immobili da costruire per i quali il titolo abilitativo edilizio sia stato richiesto o presentato successivamente alla data di entrata in vigore del decreto stesso (cioè il16/3/2019, in base a quanto disposto dall’art. 5, comma 1 ter, D.Lgs. n. 122/2005. Tale disposizione prevede la nullità dell’atto traslativo, derivante dall’inadempimento a tale obbligo, che, ai sensi
dell’art. 1, lett. d), del citato d.lgs., si estende anche agli «immobili per i quali sia stato richiesto il permesso di costruire e che siano ancora da edificare o la cui costruzione non risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il rilascio del certificato di agibilità», ed è stata considerata dalla Corte di Cassazione in termini di nullità relativa, la cui declaratoria è rimessa all’esclusiva iniziativa dell’acquirente, ed evidentemente di protezione, in quanto finalizzata a preservare l’interesse dell’acquirente a recuperare, tramite apposta garanzia, le eventuali somme versate in favore del venditore, e ciò in vista del pericolo di insolvenza di
quest’ultimo (Cass. Civ. n. 30555/2019). Si tratta di una misura legislativa a favore della nullità è orientata dall’esigenza non solo di predisporre una forma “forte” di controllo sulla regolarità dell’operazione nel suo complesso, in chiave di funzionalizzazione dell’esercizio dell’atto di autonomia alla tutela di specifici interessi (considerati “deboli” sul piano negoziale e pertanto suscettibili di protezione attraverso meccanismi in qualche misura correttivi dello squilibrio di potere contrattuale), ma anche di assicurare l’interesse generale tipico (pubblico) della società di massa.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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