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I termini di inizio e fine lavori del Permesso sono essenziali verso previsioni urbanistiche contrastanti.

Il Permesso di Costruire può avere condizioni di decadenza verso nuovi strumenti urbanistici.

In termini urbanistici non esiste un principio edificatorio del diritto acquisito, se non entro certi termini e condizioni.

Nell’attuale ordinamento l‘art. 15 del Testo Unico dell’Edilizia dispone espressamente che il Permesso di Costruire debba avere l’inizio dei lavori entro un anno dal suo rilascio e non oltre tre anni decorrenti dalla data di inizio.

Quindi, dal rilascio del PdC il termine massimo può essere esteso ad 1 + 3 anni.

Il comma 4 del suddetto articolo dispone tuttavia ulteriori condizioni che potrebbero limitare l’attività edificatoria del privato, quando si viene a creare una situazione di “contrasto” tra l’interesse privato ad edificare, già riconosciuto col permesso rilasciato, e l’interesse pubblico rappresentato dalle previsioni espresse negli strumenti urbanistici quali PRG, Piano operativo, PGT, ecc:

4. Il permesso decade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano già iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio.

La disposizione è assai chiara e vuol prevedere una sorta di periodo transitorio a favore dei titolari dei permessi di costruire già rilasciati prima dell’entrata in vigore di nuovi strumenti urbanistici.

Si tratta di un periodo coincidente con quello della validità del permesso stesso, ponendo due condizioni essenziali e ineludibili:

  • che i lavori siano iniziati prima dell’entrata in vigore di previsioni contrastanti;
  • che siano completati entro i tre anni decorrenti dalla data di inizio;

Chiaramente si ritiene che l‘entrata in vigore di previsioni contrastanti debba essere inquadrata nel termine di adozione dello strumento urbanistico, la cui decorrenza coincide con la data di delibera consiliare, a prescindere dalla esecutività della stessa (consiglio questo approfondimento).

Il nuovo strumento urbanistico adottato potrebbe rendere il Permesso rilasciato in contrasto con esso.

Con l’adozione del nuovo strumento urbanistico si entra nel periodo in cui si applicano le misure di salvaguardia, concepite appositamente per superare le nuove previsioni, alcune delle quali possono risultare in contrasto con quelle dei permessi di costruire già rilasciati.

Proprio perchè l’adozione di strumenti sopravvenuti potrebbe rendere alcuni interventi edilizi avviati in contrasto con essi, il legislatore ha previsto una specifica esclusione per evitare situazioni di contenzioso da una parte, e per tutelare i diritti edificatori acquisiti col rilascio del PdC, tuttavia condizionandola al permesso di costruire rilasciato.

Il problema potrebbe sicuramente emergere quando a fronte di una domanda presentata e di un istruttoria in stato di avanzamento, il permesso non risulti ancora formalmente rilasciato: in tal caso il diritto a compiere quella trasformazione proposta non si è ancora consolidato, esponendolo al concreto rischio che debba essere doppiamente confutato coi due strumenti urbanistici in essere, ovvero vigente e adottato.

La suddetta disposizione di cui al quarto comma dell’art. 15 DPR 380/01 riguarda la sola ipotesi in cui uno strumento urbanistico comunale, adottato ed approvato “secundum legem” venga sostituita da altro della medesima natura, allo scopo di contemperare le esigenze previsionali del territorio (assai mutevoli nel tempo) e il legittimo affidamento degli interessati su un agire coerente da parte della P.A.

L’art. 15 non trova invece applicazione quando il permesso di costruire risulti “ex tunc” illegittimo, sotto qualsivoglia profilo (formale e sostanziale), in modo tale da rendere non consentito sin dall’origine l’intervento urbanistico, senza alcun possibile effetto sanante “a posteriori” (Cass. Pen. III n. 30823/2017).

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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