Skip to content

Non esiste una sorta di prescrizione per misure repressive e tutela del territorio

Il lungo decorso del tempo tra il compimento dell’abuso e l’adozione del provvedimento repressivo non è sufficiente per bloccare l’interesse pubblico di legalità.

Facendo riferimento a due importanti spartiacque normativi urbanistici italiani, ovvero la Legge Ponte n. 765/67 e la legge sul primo condono edilizio n. 47/85, emergono gli aspetti relativi alle misure sanzionatorie e repressive degli abusi edilizi, precisati e sempre più raffinati nel Testo Unico DPR 380/01.

Certamente ci troviamo l’enorme problema che una larga parte del patrimonio immobiliare edificato si presenta in condizioni tali da necessitare opportune verifiche, sotto ogni profilo.

Certamente la normativa si è raffinata molto nel definire le categorie di intervento, i regimi edilizi rilevanti da quelli minori diventando sempre più specifica, direi a livello insostenibile per chi opera nel settore.

Ma prendiamo un esame il periodo posteriore all’emanazione della Legge Ponte, la quale impose l’estensione dell’obbligo di licenza edilizia a tutto il territorio comunale, a prescindere da strumenti urbanistici, regolamenti e qualsiasi altro argomento.

Dal 1 settembre 1967 ebbe quindi inizio un nuovo corso in materia di legalità e legittimità amministrativa del costruito.

Un altro significativo spartiacque normativo è rappresentato dalla L. 10/1977 detta “Bucalossi”, la quale sostituì la vecchia licenza edilizia con la concessione edilizia onerosa, praticamente un cambio di filosofia integrale.

Detto questo possono presentarsi ai giorni nostri casi in cui gli immobili presentino abusi, difformità o illeciti edilizi compiuti praticamente “in epoca immemorabile”, magari risalenti a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta per i quali non emergono sufficienti risultanze.

Ciò crea le condizioni perchè, rispetto ad un immobile dotato di titolo abilitativo rilasciato all’epoca (licenza o concessione), possono presentarsi casi in cui spunti fuori una verandina mai sanata o condonata, ancorché costruita decenni fa.

Per costante giurisprudenza l’attività repressiva degli abusi edilizi non costituisce attività discrezionale, ma del tutto vincolata non necessitante di particolare motivazione, essendo sufficiente fare riferimento all’accertata abusività delle opere che si ingiunge di demolire (Consiglio di Stato Sez. VI n. 4243 del 6 settembre 2017).

Il lungo lasso di tempo intercorso tra l’esecuzione dell’abuso e l’adozione del provvedimento repressivo retrocede l’obbligo motivazionale circa la sussistenza di un interesse pubblico odierno alla ingiunzione di demolizione.

Non è ammesso il consolidamento dell’affidamento in capo al privato solo in virtù del tempo trascorso per una situazione abusiva e che pertanto non può ritenersi legittimata solo grazie ad essa.

L’ordinanza di demolizione, essendo provvedimento repressivo, non è soggetto ad alcun termine decadenziale e, quindi, è adottabile anche a notevole distanza temporale dall’abuso edilizio, costituendo atto dovuto e vincolato alla ricognizione dei suoi presupposti (Consiglio di Stato Sez. VI n. 4243 del 6 settembre 2017).

Il giudizio di difformità dell’intervento edilizio rispetto al titolo abilitativo rilasciato costituisce il presupposto dell’irrogazione delle sanzioni, e non è connotato da discrezionalità tecnica, ma integra un mero accertamento di fatto e, pertanto, l’ordine di demolizione di opere abusive non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può mai legittimare (Consiglio di Stato Sez. VI n. 4243 del 6 settembre 2017, Cons. Stato, V, 11 giugno 2013, n. 3235).

Non ci sarà da stupirsi quindi se un comune emette una ordinanza di demolizione per una verandina realizzata oltre trenta o più anni addietro.

Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved

carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
CONTATTI E CONSULENZE

Articoli recenti

Torna su