Se la foto aerea non è sufficientemente decifrabile per provare l’esistenza del manufatto risalente, occorrono altri elementi
Onere probatorio impone al privato di dimostrare l’epoca di esecuzione, il Comune può confutarla mediante contro-prova
La definizione di Stato Legittimo contenuta nel Testo Unico Edilizia (DPR 380/01) stabilisce doveri di verifica probatoria e dimostrazione della provenienza urbanistica e temporale di qualsiasi porzione del manufatto edilizio. Il vigente testo dell’articolo 9-bis, comma 1-bis, del TUE prevede espressamente di dimostrare in via documentale l’avvenuta esecuzione delle opere in epoca e zona allora non soggetta all’obbligo di titolo abilitativo, cui le casistiche soprannominate “Ante ’67” e “Ante ’42“.
Le foto aeree si possono ricomprendere tra le “riprese fotografiche”, ossia tra quei documenti utili a comprovare la preesistenza degli immobili, o relative porzioni, indicati nella penultima parte della nozione di Stato Legittimo:
Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
La scansione temporale delle foto aeree acquisite dalle varie banche dati non sempre risulta esaustiva nel comprovare la consistenza dell’immobile e la relativa epoca di esistenza, perchè in passato la loro esecuzione non era pianificata e tanto meno svolta coi livelli qualitativi a cui siamo abituati oggi con le tecnologie satellitare. Tuttavia, è diventato un passaggio obbligato l’acquisizione di foto aeree per desumere lo Stato Legittimo dell’immobile in epoca in cui non c’era obbligo di titoli abilitativi e licenze. Il caso più frequente è la presenza di due foto aeree scattate a discreta distanza temporale tra loro, nella quale si interpone una data dimostrativa “notevole” quale il 1° settembre 1967, in cui l’immobile appare con consistenze non congruenti tra loro. E tale fattispecie è ripresa in esame anche dalla sentenza di Consiglio di Stato n. 1924/2025.

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Stato comparativo tra due foto aeree e incongruenza reciproca
La fattispecie esaminata dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1924/2025 riguarda l’asserita insufficiente dimostrazione della datazione urbanistica di un compendio immobiliare esistente, per la quale il Comune riteneva che la parte privata non avesse fornito prova inconfutabile, nonostante l’esibizione di:
- atto costitutivo di enfiteusi su casa colonica datato 1895;
- stralcio di aerofotogrammetria del 1954 (suppongo volo G.A.I);
- atto di compravendita del 1957;
- atto di compravendita del 1966;
- stralcio aerofotogrammetrico del 1988;
Evidentemente il comune non ha ritenuto sufficientemente comprovata la datazione e dimostrazione probatoria dei vari corpi di fabbrica, e per il quale a seguito di vari accertamenti, ha ingiunto la demolizione delle opere ritenute abusive.
Se da una parte il quadro probatorio fornito dalla parte del privato non era in grado di comprovare con certezza la consistenza e temporalità delle varie porzioni dell’immobile, il Consiglio di Stato, con l’anzidetta sentenza, ha affermato che tali elementi documentali forniti non consentivano neppure di escludere, nitidamente la fondatezza delle considerazioni esposte dalla stessa parte privata in punto di preesistenza dell’immobile: in tal senso le impugnate ordinanze sono il risultato di una istruttoria ritenuta difettosa, considerato che i plurimi elementi documentali versati in atti erano idonei all’avvio di un’attività volta ad approfondire la effettiva collocazione temporale dell’edificazione.
Ciò detto, nel riaffermare in linea di diritto che l’onere della prova dell’ultimazione entro una certa data di un’opera edilizia abusiva, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe sul privato a ciò interessato. Ciò non significa che la pubblica amministrazione non abbia alcun ruolo in tale fase, o che ne abbia uno totalmente passivo: come spiegato meglio nel prossimo paragrafo, la P.A. ha l’onere di contro prova verso tali elementi forniti dal privato. In assenza di adeguate contro prove, agendo con ragionevolezza e buon senso, prevale il principio di presunzione verso il quadro fornito dal soggetto privato. Anche perchè se valesse soltanto il principio di prova a carico del privato, sarebbe impossibile dimostrare lo Stato Legittimo documentale per buona parte degli immobili risalenti e opere effettuate anteriormente all’entrata in vigore della legge ponte n. 765/1967.
Onere di prova grava sul privato, quello di controprova sul Comune
Il Consiglio di Stato è tornato nuovamente a confermare i principi consolidati in materia di onere probatorio sulla legittimità degli immobili, con sentenza n. 1924/2025, in cui brevemente si riafferma che:
- grava sul privato l’onere di provare la data di realizzazione e la consistenza originaria dell’immobile abusivo, in quanto solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che possano radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto (cfr., per tutte, Cons. di Stato n. 6300/2024, n. 3696/2019, n. 1391/2018, n. 2115/2015). Tale orientamento è basato sul principio di vicinanza della prova, essendo nella sfera del privato la prova circa l’epoca di realizzazione delle opere edilizie e la relativa consistenza, in quanto, relativamente ad un immobile realizzato in assenza di titoli edilizi, solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza del carattere di sanabilità di un’opera edilizia, in ragione dell’eventuale preesistenza rispetto all’epoca dell’introduzione di un determinato regime normativo dello ius aedificandi, dovendosi, dunque fare applicazione del generale principio processuale per cui la ripartizione dell’onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova (Cons. di Stato n. 3304/2020).
- proprio il criterio della vicinanza della prova conduce ad un temperamento del rigoroso onere probatorio «secondo ragionevolezza» nei casi in cui il privato, da un lato, porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell’intervento prima di una certa data elementi rilevanti (ad esempio, aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti o circostanze rilevanti) e, dall’altro, la pubblica amministrazione, non analizzi debitamente tali elementi o vi siano elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio (Cons. di Stato n. 1924/2025, n. 7107/2024, n. 11300/2023, 4568/2021).
La stessa giurisprudenza amministrativa ha già affrontato il margine di incertezza di certi fonti documentali, come appunto l’aerofotogrammetria, in quanto le riprese fotografiche possono essere interpretabili e presentare alcuni lati incerti imputabili a:
- risoluzione (qualità della fotocamera, velocità di scatto, vibrazioni, nitidezza della restituzione stampa, eccetera);
- condizioni ambientali di scatto (ombre portate, umidità dell’aria, rifrazione atmosferica, eccetera);
- elementi al contorno (vegetazione e costruzioni adiacenti).
Queste problematiche si possono presentare ancora più accentuate per le strisciate aeree compiute in passato, in quanto gli strumenti e modalità esecutive dell’aerofotogrammetria erano meno avanzate rispetto a quelle di oggi, soprattutto se paragonate alle foto satellitari.
Detto ciò, la consolidata giurisprudenza amministrativa non ha escluso il ricorso alla prova per presunzioni, sulla scorta di valutazioni prognostiche basate su fatti notori o massime di comune esperienza, inferendo, così e secondo criteri di normalità, la probabile data di tale ultimazione da un complesso di dati, documentali, fotografici e certificativi, necessari in contesti o troppo complessi o laddove i rilievi cartografici e fotografici erano scarsi (Cons. di Stato n. 1924/2025, n. 1490/2025, 4149/2024, n. 4568/2021, n. 5988/2019, C.G.A.R.S. n. 219/2023). In definitiva, la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all’epoca dell’abuso trasferisce – solo quella – l’onere della prova contraria in capo all’amministrazione pubblica (tra le tante, Cons. di Stato n. 3047/2024, n. 24/2024, n. 80/2021).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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