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Lo strumento urbanistico comunale in certe regioni è scisso in due discipline subordinate tra loro

Una sentenza del TAR Toscana esemplifica al massimo il concetto di prevalenza tra le discipline di pianificazione territoriale e regolamentazione urbanistica di un Comune.

Nell’immaginario collettivo è arcinoto che ogni Comune è dotato di uno strumento urbanistico con cui disciplinare lo sviluppo del suo territorio, assai noto come Piano Regolatore Generale.

Il fondamento giuridico è perfettamente estendibile a tutte le regioni in cui la legislazione prevede che gli strumenti di governo del territorio comunale siano suddivisi in due distinti strumenti consequenziali, che racchiudono in sè due distinti scopi.

Il primo è quello disciplinante la pianificazione d’indirizzo del territorio; il secondo invece disciplina con maggior dettaglio la regolamentazione urbanistica e insediativa, in piena conformità e coerenza col primo.

La Toscana, ad esempio, come anche l’Emilia Romagna, prevede che un Comune debba prima dotarsi di un Piano Strutturale, e poi di un Piano Operativo; in altre regioni, a parte le relative sfumature sostanziali e nominali, vige in sostanza lo stesso livello di ripartizione orizzontale ma gerarchica.

Sempre rimanendo in Toscana, il piano strutturale concerne il primo livello disciplinante la pianificazione del territorio, di indirizzo e di strategia; consente anche di dimensionare i carichi massimi insediativi e la loro sostenibilità sulle aree organiche del territorio.
Detta le linee generali e programmatiche, nonchè i principi ispiratori della pianificazione comunale, ai quali la successiva fase di regolamentazione specifica si deve conformare.
Il suo scopo finale è quello di individuare le invarianti strutturali del territorio, elementi fondativi di esso, e lo Statuto del territorio, cioè la sua “Costituzione”, ovvero un quadro complessivo delle regole di sviluppo insite nel territorio stesso.
Essendo uno strumento di indirizzo di sviluppo e di pianificazione territoriale, non ha termini di scadenza, al contrario delle specifiche previsioni attuative disposte nella parte di strumentazione urbanistica, generalmente valevoli al massimo per cinque anni, pena decadenza.
La stessa regione classifica con art. 10 L.R. 65/2014 il Piano strutturale come atto di governo del territorio.

Il Piano Operativo, col suddetto articolo, è classificato come strumento di pianificazione urbanistica.
Questo strumento è gerarchicamente consecutivo allo strumento di pianificazione territoriale o di governo del territorio (Piano strutturale).
Il piano operativo in sostanza deve integrare e dettagliare gli indirizzi progettuali stabiliti dallo strumento di pianificazione territoriale comunale dirsi voglia.
Esso assume posizione gerarchicamente inferiore e conseguente alla pianificazione territoriale comunale, e soprattutto deve:

  • rispettare principi di conformità, congruenza e coerenza alla pianificazione territoriale comunale;
  • non presentare profili di difformità o incongruenze ad esso;
  • disciplinare le previsioni attuative e particolareggiate in specifiche aree, la cui validità non può superare cinque anni;

Nei casi in cui il Comune, in sede di varianti o riesame, constati che lo strumento di pianificazione/regolamentazione urbanistica risulti non conforme a quanto dettato da quello di pianificazione d’indirizzo territoriale (es. Piano Strutturale), risulta doveroso l’intervento in autotutela volto ad annullare eventuali assensi a piani attuativi redatti nell’erroneo presupposto di tale conformità (Tar Toscana, sez. I, 16 gennaio 2017, n. 38).

In presenza di un provvedimento di adozione dello strumento urbanistico attuativo, non sussiste un obbligo per l’amministrazione di disporne l’approvazione, pure nell’ipotesi di conformità agli atti pianificatori generali essendo la sua approvazione espressione di potere discrezionale dell’organo deputato a valutare l’opportunità.
 
Non è neppure ravvisabile un obbligo di specifica motivazione sulle scelte pianificatorie assunte in ordine alle destinazioni delle singole aree, atteso che nella formazione dello strumento urbanistico e nelle scelte che presiedono all’approvazione di varianti generali del regolamento urbanistico l’amministrazione ha di regola un’ampia potestà discrezionale, non assumendo rilievo a tal fine l’esistenza di un piano di lottizzazione o di altro strumento attuativo, se questo non è stato già approvato.

Pertanto, in assenza di un piano attuativo approvato e convenzionato, nessun affidamento deriva dalla diversa destinazione urbanistica pregressa di un’area, rispetto alla quale l’amministrazione conserva ampia discrezionalità, ben potendo apportare modificazioni peggiorative rispetto agli interessi del proprietario, in capo al quale è configurabile nulla più che una generica aspettativa al mantenimento della destinazione urbanistica gradita, ovvero a una reformatio in melius, analoga a quella di ogni altro proprietario di aree, che aspiri ad una utilizzazione comunque proficua dell’immobile. 

Tuttavia sussiste l’obbligo di ripubblicare lo strumento urbanistico a seguito delle modifiche che possono essere introdotte in sede di approvazione solo nel caso di modifiche facoltative (consistenti in innovazioni non sostanziali) concordate, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato.

Diversamente, per le modifiche obbligatorie (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici, l’adozione di standard urbanistici minimi ed in genere l’osservanza della normativa urbanistico-edilizia) non sorge tale obbligo, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento provinciale o regionale rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede di adozione ed approvazione del piano regolatore generale. (Tar Toscana, sez. I, 16 gennaio 2017, n. 38).

Bonjour – Acrilico su tela 120×80 – p.g.c. di S. Filannino

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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