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  • Carlo Pagliai
  • SCIA

Esistono tempi e procedure per conformare l’intervento alle norme, quando esistono i presupposti

La disciplina amministrativa prevista dal D.P.R. 380/01 e L. 241/90 dispone una serie di ipotesi, condizioni e requisiti affinché la Segnalazione Certificata Inizio Attività sia efficace.

La condizione “principe” per la SCIA è la conformità dell’intervento edilizio a tutte le norme incidenti, ovvero:

  • Norme nazionali
  • Norme regionali
  • Strumenti urbanistici e di governo del territorio comunque denominati (PRG, piani regionali, ecc)
  • Vincoli di ogni tipo
  • Norme di settore
  • Norme speciali
  • Regolamentazioni locali di ogni ordine e grado (Regolamenti Edilizi, ecc)
  • Ecc.

L’articolo 19 L. 241/90 prevede una sorta di meccanismo di “riparazione”, o di correzione errore della SCIA da applicarsi entro i primi trenta giorni (in ambito edilizio, vedi comma 6-bis), ed è previsto dal comma 3:

3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l’attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l’amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l’adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure da parte del privato, decorso il suddetto termine, l’attività si intende vietata. Con lo stesso atto motivato, in presenza di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, l’amministrazione dispone la sospensione dell’attività intrapresa. L’atto motivato interrompe il termine di cui al primo periodo, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle suddette misure. In assenza di ulteriori provvedimenti, decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata.

Possibili “incidenti di percorso” che possono emergere in sede di prima istruttoria.

Parliamo cioè nel caso in cui la P.A. accerti la carenza dei requisiti e presupposti per considerare la SCIA pienamente efficace e conforme all’intera disciplina con valenza urbanistico edilizia. Per prima cosa l’Amministrazione competente adotta provvedimenti motivati di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa.

Dopodiché si pongono due scenari possibili:

  • Conformativo (Art. 19 commi L. 241/90): l’Amministrazione pubblica competente verifica la possibilità di rendere conforme l’intervento e “riparare” alla carenza dei requisiti accertata, e con apposito atto invita il soggetto interessato a provvedere entro termine non inferiore a trenta giorni (tralasciamo qui cosa succede in caso di inadempimento) (Art. 19 commi L. 241/90).
  • Non conformabilità: in caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell’attività e dei suoi effetti alla legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi (art. 21 L. 241/90).
    Bisogna aggiungere che in questi casi il dichiarante è punito con la sanzione prevista dall’articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato (Cass. Pen. n. 3896/2021).

Le dichiarazioni mendaci o false attestazioni attivano altre conseguenze, ad esempio le responsabilità penali e relative sanzioni previste dall’art. 483 del Codice Penale.

Non esiste la possibilità di sanare la falsa attestazione o dichiarazione mendace nella SCIA.

La “peggiore” conseguenza, se così posso definirla, è appunto l’impossibilità di regolarizzare o sanare la palese insussistenza dei requisiti e presupposto, in quanto in contrasto alle norme.
Il primo esempio che mi potrebbe venire a mente è il frazionamento di un appartamento di 80 mq in due appartamenti da 40 mq ciascuno, quando tuttavia lo strumento urbanistico comunale prescrive la superficie minima di almeno 50 mq per qualsiasi unità immobiliare derivante da frazionamento.
In questi casi non è ravvisabile alcuna ipotesi di adeguamento e “conformabilità” alle norme, pertanto non resta che revocare gli effetti della SCIA contente una falsa attestazione.

Un esempio di possibile conformabilità è un frazionamento di un appartamento di 100 mq in due, cioè uno da 40 mq e l’altro da 60 mq, quando tuttavia lo strumento urbanistico comunale prescrive una superficie minima di 50 mq. In questo caso la P.A. ha gli strumenti e le nozioni per ravvisare una possibilità, concedendo al privato una sorta di “ravvedimento”.

Fin dove possiamo individuare l’obbligo per la P.A. di esplorare un possibile adeguamento dell’intervento?

La Pubblica Amministrazione dispone di un potere di verifica che non è finalizzato all’emanazione di un atto amministrativo ampliativo della sfera giuridica dell’interessato, bensì al controllo, privo di discrezionalità, tra la corrispondenza di quanto dichiarato dall’interessato e i canoni normativi stabiliti per l’attività in questione (TAR Lazio n. 2785/2018).

Per cui è sempre consigliato al Tecnico di verificare la piena conformità a qualsiasi norma o disciplina avente valenza urbanistico edilizia: perché in caso di intervento compiuto con falsa attestazione, sarà difficile regolarizzare la situazione con una semplice correzione della documentazione.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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