L'importo dovuto per sanatoria ha funzione riparatoria per mancata corresponsione degli oneri e sanzionatoria del comportamento

La valutazione del contributo di costruzione va riferita al momento di istruttoria della pratica edilizia
Con la sentenza del Consiglio di Stato n. 9525/2023 è stato confermato l’obbligo di debenza del contributo di costruzione (oneri urbanizzazione + contributo sul costo di costruzione) in caso di sanatoria riguardante illeciti edilizi effettuati in epoca risalente.
La fattispecie riguarda abusi edilizi effettuati addirittura anteriormente al 1° settembre 1967, cioè prima dell’entrata in vigore della legge ponte n. 765/1967: il ricorrente ha impugnato l’illegittimità dei provvedimenti emessi dal Comune in cui si applicano il doppio del contributo di costruzione, ai sensi dell’articolo 36, secondo comma, del DPR 380/01. In particolare il soggetto richiedente la sanatoria, nel ricorso ha evidenziato che l’art. 36, comma 2, prevede che «il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia”, la norma, tuttavia, così prosegue: “ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16».
Il ricorrente, nel sostenere questa tesi, ha ritenuto che le opere oggetto di sanatoria sono state realizzate contestualmente alla costruzione dell’edificio, e precisamente nell’anno 1962, quindi anteriormente al 1967, epoca in cui i titoli edilizi erano gratuiti, essendo stati introdotti gli oneri di urbanizzazione solo con la legge n. 765 del 1967 (occorre precisare che l’obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione è stato istituito con L. 10/1977, e non con L. 765/67: caso mai la L. 765/67 aveva introdotto il presupposto della presenza di urbanizzazione per ottenere la licenza edilizia).
Il cittadino ha richiesto la rideterminazione degli importi dovuti a titolo di oblazione (doppio del contributo concessorio) applicando il dimezzamento: la tesi sostenuta, infatti, prevedeva di applicare il pagamento del contributo dovuto una sola volta, in quanto all’epoca dell’abuso l’opera poteva essere effettuata a titolo gratuito, cioè senza oneri concessori.
Questa censura è stata respinta in quanto gli oneri concessori devono essere determinati secondo le regole e i parametri vigenti al momento del rilascio del titolo in sanatoria, come affermato da un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il Consiglio di Stato ha infatti rilevato che tale principio trae fondamento, in primo luogo, nell’applicazione del canone tempus regit actum, in quanto è soltanto con l’adozione del provvedimento di sanatoria che il manufatto diviene legittimo e, quindi, concorre alla formazione del carico urbanistico che costituisce il presupposto sostanziale del pagamento del contributo; e, in secondo luogo, su considerazioni di ordine teleologico, in quanto consente di meglio tutelare l’interesse pubblico all’adeguatezza della contribuzione rispetto ai costi reali da sostenere (Cons. di Stato n. 2667/2020). Tale principio, peraltro, è stato applicato anche nel regime e nelle procedure del condono edilizio, già esaminato nel seguente approfondimento sul blog.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare CONTATTI E CONSULENZE
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