Consiglio di Stato ricomprende la normativa tecnica antisismica nella disciplina edilizia per Accertamento di conformità
Lo Stato si è dimostrato repressivo contro una singola 95enne e assente verso lottizzazioni abusive ed ecomostri
L’emendamento al Decreto Fiscale 2017 libera le costruzioni provvisorie realizzate da soggetti colpiti dal sisma.
Bisogna ammettere che la Repubblica Italiana quando vuole essere efficiente, lo fa senza problemi.
E’ balzata alle cronache nazionali la notizia che la signora Peppina, ultranovantenne, era stata colpita da un’ordinanza di demolizione e sequestro preventivo per aver fatto collocare una casetta prefabbricata in legno vicino alla sua abitazione danneggiata dal sisma del 24 giugno 2016 nella provincia di Macerata.
La Peppina a quanto pare è stata dichiarata “rea” di aver commesso un abuso edilizio grave, di quelli che comportano le misure repressive altrettanto gravi e immediate come appunto sequestro preventivo.
Ennesima storia causata dall’ipertrofia normativa da una parte, e inefficienza da un’altra.
Infatti il Testo Unico per l’Edilizia del 2001 e nonostante le svariate modifiche di aggiustaggio e riforme apportate, non ha mai affrontato uno dei tanti corto circuiti provocati dal testo stesso.
Mancava una norma di buon senso che tutelasse i proprietari degli immobili danneggiati, distrutti o inagibili a causa degli eventi sismici.
Quindi, se il terremoto distrugge il tuo alloggio e puta caso che hai disponibilità economica per farti consegnare una casetta in legno da collocare a pochi passi dalla tua proprietà ridotta in macerie, commetti reato edilizio grave al pari di un ecomostro o poco ci manca.
Ebbene, il Legislatore ha deciso di porre fine alla stortura con la presentazione di un emendamento nel percorso di approvazione del c.d. Decreto Fiscale 2017, in dirittura di arrivo visto i tempi.
Ovviamente è già stata definita come “norma salva Peppina”, titolo appropriato.
Essa provvede a qualificare come interventi in edilizia libera la realizzazione di immobili in assenza di titolo abilitativo
La bozza di articolo, individuata con l’art. 8-bis, statuisce che: (in rosso o tra parentesi i miei commenti)
«per gli interventi di realizzazione di immobili in assenza dì titolo abilitativo eseguiti nel periodo compreso tra il 24 agosto 2016 e il 24 agosto 2017 per impellenti esigenze abitative dai proprietari, usufruttuari o titolari di diritti reali di godimento su immobili distrutti o gravemente danneggiati dagli eventi sismici di cui all’articolo 1 del presente decreto, gli interessati possono provvedere alla comunicazione di cui all’articolo 6, comma 1, lettera e-bis), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. previa acquisizione, anche in deroga all’articolo 167 del Codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 del parere di compatibilità paesaggistica, nonchè del nulla osta dell’Ente parco di cui all’articolo 13 della legge 6 dicembre 1991, n 394, ed alle leggi regionali, purché sussistano le seguenti condizioni:»
Quindi se ho ben capito è possibile procedere con la famosa Comunicazione di Avvio Lavori per opere urgenti del TUE, che in questi casi diventa differita o postuma all’intervento stesso. Fin qui tutto bene e ben venga. Ciò che sicuramente comporterà problemi è la condizione di aver acquisito prima di ogni altra cosa il parere di compatibilità paesaggistica, praticamente l’unica procedura di “sanatoria” paesaggistica in grado di legittimare sotto il profilo paesaggistico l’abuso/illecito edilizio. Ebbene sappia il Legislatore che, ammesso di ottenerla in tempi brevi, essa è condizionata alla valutazione di compatibilità nei confronti dei vincoli paesaggistici, un ambito prettamente discrezionale/soggettivo riposto nelle mani delle Soprintendenze.
Tanto è vero che nella bozza della Salva Peppina compare un preoccupante comma 5 che testualmente dice che << in caso di valutazione negativa della compatibilità urbanistica (nei confronti dello strumento urbanistico comunale) e di compatibilità paesaggistica, si applicano le sanzioni previste dalla legislazione.
Ebbene sappiate che le sanzioni per illecito paesaggistico oltre ad essere di tipo amministrativo (ordinanze, sequestri, demolizioni, ecc) sono anche di natura penale.
Invece qualora venga accertata la compatibilità paesaggistica, il trasgressore é tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione (vedi Codice dei Beni culturali D.Lgs. 42/2004 articolo 167). E vi garantisco che non sono somme poi trascurabili. Forse forse il Legislatore doveva esentare direttamente questa procedura e relative sanzioni.
Capite bene che sembra esserci semplificazione verso i terremotati, ma dietro l’angolo c’è ancora BuroKrazia pronta in agguato. Per gli stessi motivi evito di ripetermi sul nulla osta dell’Ente Parco.
La suddetta procedura di Comunicazione in Edilizia Libera art. 6 comma 1 lettera E del TUE, recentemente riformata dal Decreto ‘Scia 2’ D.Lgs. 222/2016 (ne parlo nel video corso in questo catalogo) non è poi tanto libera, o quanto meno lo è sotto il solo profilo edilizio, ma lo stesso articolo fa una pesante clausola di premesse condizionate che riporto integralmente:
1. Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, i seguenti interventi sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo (omissis).
Capite bene che sussistono ben altre condizioni da rispettare, come tutte le altre norme vincolistiche e settoriali, e prescrizioni di ogni ordine e grado. Non invidio i miei colleghi professionisti che dovranno operare in zona.
La norma Salva Peppina è soggetta ad una lunga serie di condizioni.
Queste le condizioni per avere accesso alla norma “Salva Peppina”, in rosso e tra parentesi i miei commenti:
- il richiedente sia proprietario, o parente entro il terzo grado, usufruttuario o titolare di diritto reale di garanzia su un immobile dichiarato inagibile a seguito degli eventi sismici di cui sopra;
- il richiedente sia proprietario, o parente entro il terzo grado, usufruttuario o titolare di diritto reale di garanzia sull’area su cui è stato realizzato l’immobile in assenza di titolo abilitativo;
- l’area su cui è stato realizzato l’immobile privo di titolo ricada in uno del Comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016 compresi nell’allegato del DL 189/2016 e risulti edificabile secondo le previsioni dello strumento urbanistico comunale, del piano paesaggistico e del Piano di assetto del parco, se ricompresa all’interno del perimetro di un parco nazionale o regionale, vigenti alla data dell’evento sismico; (“risulti edificabile”, quindi si condiziona alla vigenza di indici e parametri urbanistici. E se il terreno del danneggiato non ha cubaggio o indici sufficienti che facciamo? Inoltre, c’è l’ulteriore condizioni di “edificabilità” secondo il piano paesaggistico regionale, ma i piani paesaggistici non concernono edificabilità in senso lato ma piuttosto la compatibilità degli interventi coi valori tutelati dai vincoli paesaggistici. Infatti il permesso di costruire viene rilasciato dal Comune, e non anche dalla Regione (o enti delegati) per aspetti paesaggistici. Si dimentica inoltre che le zone vincolate paesaggisticamente sono soggette al preventivo ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica nelle quali si deve esprimere l’assenso delle Soprintendenze apposite. Infatti la materia paesaggistica è appannaggio concorrente tra Regione e Ministero (mediante le Soprintendenze).
- la volumetria dell’immobile realizzato in assenza di titolo abilitativo non sia superiore a quella dell’immobile dichiarato inagibile; (ottimo, direi perfino geniale. La cosa funziona per chi ha la villetta unifamiliare, ma quando l’immobile danneggiato è in ambito condominiale succede il patatrack, soprattutto se il fabbricato sia lesionato parzialmente: cosa si dovrà fare, estrapolare le porzioni volumetriche danneggiate da quelle rimaste intatte? Inoltre mi devono spiegare come faranno dieci famiglie di un palazzo: dovranno ricostruire assieme un fabbricato dello stesso volume, e soprattutto su quale area di sedime visto che siamo in regime condominiale ?)
- il richiedente non disponga a qualsiasi titolo di altra unità a uso abitativo libera e agibile nel medesimo Comune;
- il nuovo edificio risulti adibito ad abitazione del richiedente e del suo nucleo familiare convivente sulla base delle risultanze anagrafiche o dl un parente entro li terzo grado. (Qui il legislatore, come sospettavo, limita l’aspetto alle sole abitazioni, escludendo quindi tutte le altre destinazioni d’uso. Una mossa davvero intelligente visto che i numerosi casi di stalle e annessi agricoli collassati, oltre che le attività produttive, eccetera).
Quindi in questi casi, se sussistono tutte queste condizioni, tali interventi saranno qualificati come Edilizia libera “pura”, cioè non soggetti (ad oggi 17/11/2017) ad alcun permesso di costruire, SCIA o CILA, ma semplicemente comunicati con la comunicazione di avvio lavori all’amministrazione comunale di cui all’art. 6 comma 1 lettera e-bis del DPR 380/01.
La norma oggetto di emendamento prevede una particolare deroga per i suddetti casi come la nonna Peppina, cioè che non si applica il termine massimo di novanta giorni oltre il quale è fatto obbligo rimuovere le opere realizzate una volta ultimati i lavori di ricostruzione dell’edificio distrutto o danneggiato dal sisma. In caso di futura mancata rimozione comporta l’applicazione del normale regime sanzionatori per illeciti e abusi edilizi.
Praticamente equiparato l’intervento urgente ad edilizia libera soggetta a condizioni.
In ogni caso sarà necessaria per tutto ciò allegare:
– una perizia asseverata a firma di un tecnico abilitato che attesti che l’area sui cui sorge la costruzione sia edificabile, che la volumetria dell’immobile non superi quella dell’edificio dichiarato inagibile e il rispetto delle norme vigenti, ivi comprese quelle in materia igienico-sanitaria e antisismica;
– copia della scheda AeDES o della scheda FAST attestante i danni arrecati all’edificio dal sisma, e la conseguente ordinanza di inagibilità;
La norma Salva Peppina sembra diventare più mite nell’ipotesi in cui l’opera sia precaria e abbia caratteristiche di facile amovibilità; in tali casi è esentata dalla richiesta di conformità alle previsioni dello strumento urbanistico comunale e del Piano assetto di parco. (mi lascia perplesso perchè in tutti gli altri casi quindi è previsto una richiesta di conformità alle previsioni dello strumento urbanistico et Piano parco: a meno che mi sia sfuggito da una prima lettura, non riesco a trovare nelle disposizioni di cui sopra questo passaggio di conformità, a meno che non si riferisca all’anzidetta clausola condizionale prevista al comma 1 dell’art. 6 del DPR 380/01. In tal caso…. sono gatte da pelare perchè la costruzione temporanea di pari volume danneggiato ai fini transitori difficilmente potrà essere rispettosa di un PRG comunale).
Consiglio a tutte le “Peppine” d’Italia di approntare una tenda piuttosto che avventurarsi in questa procedure capziose.
Francamente consiglio vivamente al Legislatore una via più semplice in questi casi, come facevano i bravi legislatori di una volta: sospendere in toto il regime normativo ordinario e prevedere poche semplici norme di natura straordinaria.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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