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La natura amministrativa dell’ordine di demolizione implica che non possa applicarsi l’estinzione del reato

Il Testo Unico per l’edilizia dispone che per i reati ex art. 44 la sentenza di condanna ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non altrimenti eseguita.

L’ordine di demolizione costituisce un atto dovuto in quanto obbligatoriamente previsto dal vigente DPR 380/01, in relazione alle opere abusivamente realizzate (Cass. Pen. III n. 26945/2017).

Tale sanzione demolitoria, pur essendo formalmente giurisdizionale, ha natura sostanzialmente amministrativa di tipo ablatorio che il giudice deve disporre, non trattandosi di pena accessoria né di misura di sicurezza; perfino nella sentenza applicativa di pena concordata tra le parti ex art. 444 codice procedura penale non rileva che l’ordine medesimo non forma oggetto dell’accordo (Cass. Pen. III n. 26945/2017).

Per tipologia di sanzione ablatoria, o meglio, per potere ablatorio si intende quello attribuito in capo alla pubblica amministrazione di poter sacrificare un interesse privato per motivi di interesse pubblico mediante un apposito provvedimento.

Il sacrificio dell’interesse privato è recessivo ed è imposto mediante limitazione di una facoltà, imposizione di un obbligo o nell’estinzione di un suo diritto soggetto.

La natura sostanzialmente amministrativa dell’ordine di demolizione implica quindi che ad esso non si possano applicare, neppure in via analogica, le norme in tema di estinzione del reato.

La decorrenza del tempo non incide sulla decadenza dell’ordine di demolizione

La Cassazione Penale ha confermato ancora una volta l’irrilevanza della estinzione del reato conseguente al decorso del termine di cui all’art. 445 comma 2 c.p.p. (Cass. Pen. III n. 2674/2000; Cass. Pen. III n. 65/2000).

Non trovano applicazione le norme di cui gli articoli 172 e 173 del Codice Penale in tema di estinzione delle pene, non essendo l’ordine di demolizione suscettibile di estinzione per decorso del tempo.

Esso ha natura di sanzione amministrativa a carattere ripristinatorio, priva di finalità punitiva (di Cass. Penale III n. 49331 del 10/11/2015; di Cass. Penale III n. 43006 del 10/11/2010; di Cass. Penale III n. 39705 del 30/04/2003; di Cass. Penale III n. 19742 del 14/04/2011).

In relazione all’ordine di demolizione prevalgono le esigenze di ripristino dell’assetto urbanistico violato e tali esigenze escludono la riconducibilità dello stesso alla nozione convenzionale di “pena” elaborata dalla giurisprudenza CEDU (di Cass. Penale III n. 49331 del 10/11/2015).

La tutela dell’assetto del territorio prevale su molti ambiti privatistici

Il ripristino della legalità, la vigilanza e la tutela di un ordinato sviluppo dell’assetto del territorio sono valori imprescindibili e prevalenti sugli interessi del privato a mantenere abusi edilizi in sito, divenendo quest’ultimi ovviamente recessivi rispetto al valore primario di legalità.

Infine, va richiamata la sentenza di Cass. Penale III n. 41475/2016 , che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 117 della Costituzione, in merito all’art. 31 comma 9 DPR 380/2001, per mancata previsione di un termine di prescrizione dell’ordine di demolizione.

Pertanto la natura e il carattere ripristinatorio dell’ordine di demolizione, non è suscettibile di “prescrizione” o decadenza; ma non solo, non perdono mai efficacia e possono essere semplicemente reiterate e notificate all’interessato, fintanto l’abuso rimane in essere quale reato a carattere permanente e continuato.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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