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Il passaggio tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico richiede Permesso di Costruire, con o senza opere.

Alle regioni spettano comunque poteri di regolamentare meglio la disciplina e relative procedure.

Il cambio di destinazione d’uso consiste nel mutare la funzione dell’immobile o del fabbricato in un’altra. Ciò può avvenire in due possibili modalità:

  • con opere edilizie;
  • in assenza di opere edilizie;

Al netto delle procedure, della qualifica dell’intervento e dell’incidenza sui carichi urbanistici, la differenza tra queste due modalità va a influire sul risultato finale.

Infatti il solo cambio funzionale dell’unità immobiliare ha una certa valenza nel cambiamento della sua configurazione, ma non totale; al contrario, se si aggiungono anche opere edilizie l’organismo può diventare in tutto o in parte diverso dal precedente.

Ecco perchè la presenza o meno di opere è sufficiente per far qualificare diversamente la trasformazione sul patrimonio esistente.

La disciplina sul cambio di destinazione d’uso è cambiata molto con la L. 164/2014.

Più volte ho sottolineato che i cambi di destinazione d’uso possono incidere sugli standard urbanistici, anche senza opere

Occorre fare riferimento all’art. 23-ter comma 1 D.P.R. 380/01 (aggiunto con D.L. 133/2014 conv. in L. 164/2014), leggendolo congiuntamente all’art. 32 comma 1 lettera a del D.P.R. 380/01 (TUE).
Cioè, leggiamo la disciplina del mutamento di destinazione assieme a quella delle variazioni essenziali al Permesso di Costruire.

art. 23-ter c.1 del TUE:

“Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.”

art. 32 c.1 lettera a del TUE:

a) mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968; 

Da una lettura combinata si capisce come il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è quello che avviene tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico.

Ma c’è di più: questa lettura combinata rende automatiche due considerazioni:

  1. occorre Permesso di Costruire col passaggio tra categorie funzionalmente autonome, con o senza opere;
  2. tale cambio d’uso incide sul carico urbanistico senza ulteriori accertamenti da compiere.

Quest’ultimo punto è importante: infatti il legislatore non ha voluto spingere la semplificazione rendendo parificate tutte le categorie funzionali.

Infatti oggettivamente, il rapporto delle categorie funzionali influisce la dotazione degli standard urbanistici di zona; livellando le categorie funzionali di fatto si sarebbe vanificato quanto disposto dal D.M. 1444/1968 (TAR Campania n. 5964/2018).

Liberalizzare completamente i cambi di destinazione livellando le categorie limiterebbe la portata del D.M. 1444/68.

Il problema diverrebbe sostanziale in quanto sui tessuti insediati esistenti certe trasformazioni funzionali potrebbero creare squilibri sulle dotazioni territoriali, infrastrutture e standard urbanistici.

Al contrario, l’attuale ordinamento normativo intende salvaguardare il corretto e ordinato assetto territoriale, lasciando prevedere agli strumenti urbanistici comunali il potere di valutare se certi cambi d’uso possano incidere sull’equilibro del tessuto o zona insediativa (Cass. Pen. 5770/2017).

In definitiva il mutamento rilevante della destinazione d’uso si ottiene col solo passaggio di categoria funzionalmente autonoma, rendendo inutile ogni verifica sul maggior carico urbanistico determinato dalla stessa trasformazione edilizia.

L’art. 23-ter del D.P.R. 380/01 si aggiunge all’art. 10 c.2 dello stesso DPR 380/01 (da ritenersi oggi implicitamente abrogato per incompatibilità dal sopravvenuto art. 23-ter dello stesso d.P.R. ? ).

Lo stesso articolo 23-ter sembra dare un principio base, sul quale le Regioni possono intervenire con specifica disciplina. Se posso aggiungere una critica, è stato fatto sotto forma di “pasticcio” perchè più volte è dichiarata salva una diversa previsione regionale.

Condivido il consiglio per cui sia assai importante studiare la disciplina del mutamento di destinazione anche sul versante regionale e comunale.

Infine, occorre rammentare che il cambio d’uso nelle zone omogenee A (Centri storici e zone similari) è soggetta all’ottenimento del Permesso di Costruire.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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