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La costante giurisprudenza ha affermato che le distanze tra fabbricate stabilite da PRG e Regolamenti edilizi hanno duplice valenza amministrativa e civilistica

Si ritorna brevemente sul tema delle distanze legali per sottolineare che l’articolo 873 del Codice Civile, noto per la distanza minima di tre metri tra costruzioni.

L’articolo nell’ultimo periodo mantiene ancora oggi un rinvio dinamico alle possibili maggiori distanze tra costruzioni, eventualmente previste dai regolamenti locali:

873. (Distanze nelle costruzioni). Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali puo’ essere stabilita una distanza maggiore.

Intanto bisogna dire che per “regolamenti locali” bisogna intendere tutta la disciplina normativa diversa da quella statale, pertanto si dovrà considerare:

  • norme regionali;
  • strumenti urbanistici e di pianificazione provinciale;
  • strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale del Comune (es. Piano Regolatore);
  • strumenti urbanistici attuativi comunali (es. Piano di Lottizzazione);
  • Regolamenti edilizi;
  • Regolamento locali o comunali di igiene
  • Altri ed eventuali;

Quest’ultima frase di rinvio alle distanze previste dalle norme regolamentari poteva avere un certo senso nel 1942; si tratta di una riserva “dinamica” che attribuisce a questi regolamenti locali una duplice valenza nell’imporre distanze minime tra edifici.

Infatti la loro adozione di una distanza maggiore rispetto ai canonici tre metri previsti dall’articolo 873 avviene in due versanti contemporaneamente:

  1. Amministrativo, urbanistico edilizio: significa che le distanze sono imposte e pianificate per tutelare l’ordinato assetto del territorio e gli obbiettivi di pianificazione urbanistica;
  2. Civilistico: serve per regolare i rapporti tra soggetti privati;

Analizziamo nei dettagli questo meccanismo capace di estendere l’applicazione delle distanze minime.

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Maggiori distanze dei Regolamenti edilizi e DM 1444/68, applicate anche con art. 873 C.C.

Il principio è invariato e costante da decenni: le norme degli strumenti urbanistici che prescrivono le distanze tra le costruzioni, in forza del rinvio contenuto nell’art. 873 del codice civile, hanno carattere integrativo delle norme dello stesso codice, in quanto concorrono alla stessa configurazione del diritto di proprietà, disciplinando i rapporti di vicinato, assicurando un’equità nell’utilizzazione edilizia dei suoli privati ed attribuendo il diritto reciproco al loro rispetto (Corte Costituzionale n. 232/2005).

Le norme dei regolamenti edilizi o Piani Regolatori Generali che fissano distanze tra costruzioni o dai confini, anche in misura diversa e maggiore da quelle stabilite dal Codice Civile, hanno portata integrativa delle disposizioni civilistiche, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 873 C.C. (Cass. Civ. n. 3241/2022, n. 22417/2019; Cass. SS.UU. 10318/2016, n. 25401/2007, n. 4199/2007).

In sostanza, esiste il consolidato orientamento con cui l’articolo 873 C.C. attribuisce valenza integrativa al regolamento edilizio (o anche PRG) , o meglio dire duplice valenza.

Ciò significa che un aumento delle distanze minime tra costruzioni attuato dal Piano Regolatore/Regolamento edilizio comunale si applica istantaneamente anche ai fini privatistici, andando a “sovrascrivere” maggiorando quella canonica dei 3 metri ex art. 873 C.C.

Quella che conosciamo più di tutti è la distanza minima di dieci metri tra costruzioni imposta dall’articolo 9 DM 1444/68, che si applica nei regolamenti edilizi e strumenti urbanistici comunali per automatica inserzione anche qualora assenti o difformi in misura inferiore ad esso.

Mancato rispetto distanze dei regolamenti locali, effetti civilistici

Esiste una duplice natura integrativa dei regolamenti locali (es. Regolamenti edilizi e PRG comunali), che vorrei definirla come un rinvio dinamico.

Se dagli articoli 871-872 e 873 del Codice Civile emerge questo rapporto integrativo, allora nasce un duplice problema in campo civilistico, o meglio una “doppia tutela” nei confronti del vicino.

Art. 872 C.C:
“1. Le conseguenze di carattere amministrativo della violazione delle norme indicate dall’articolo precedente sono stabilite da leggi speciali. 2.Colui che per effetto della violazione ha subito danno deve esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione in pristino quando si tratta della violazione delle norme contenute nella sezione seguente o da questa richiamate”.

L’articolo 872 C.C. prevede risarcimento danni, oltre al diritto di far ripristinare la distanza legittima, quando il soggetto privato subisce gli effetti delle violazioni delle distanze minime tra costruzioni previste ai fini civilistici nell’apposita Sezione V del Codice stesso, sia previste dalle norme richiamate in tale sezione.

Se da una parte il danno e relativa entità vanno provate in sede di giudizio, è anche vero che il soggetto danneggiato diviene legittimato ad avviare l’azione per far ripristinare la legalità violata sotto il profilo amministrativo urbanistico, con arretramento e demolizione. Se ci pensiamo bene questa possibilità è forse quella più temibile per il soggetto dell’immobile irregolare.

Si rammenta anche il principio secondo cui:

“I regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti diritti quesiti (per cui la disciplina più restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell’entrata in vigore della normativa, possano considerarsi già sorte), e, nel caso di norme più favorevoli, dell’eventuale giudicato formatosi sulla legittimità o meno della costruzione. Ne consegue la inammissibilità dell’ordine di demolizione di costruzioni che, illegittime secondo le norme vigenti al momento della loro realizzazione, tali non siano più alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il diritto al risarcimento dei danni prodottisi medio tempore, ossia di quelli conseguenti alla illegittimità della costruzione nel periodo compreso tra la sua costruzione e l’avvento della nuova disciplina” (Cass. Civ. Ord. n. 28041/2023, n. 26713/2020, n. 14446/2010).

Ma non abbiamo appena detto che le predette norme civilistiche fanno richiamo espresso anche a quelle di tipo amministrativo in ambito urbanistico edilizio?

Pertanto con una costruzione a distanza irregolare si pongono contemporaneamente due problemi di natura privatistica e amministrativa. In tal senso esiste ormai giurisprudenza pacifica, ed estrapolo un passaggio da Consiglio di Stato n. 10715/2022:

 Al riguardo, occorre rammentare, sotto un primo profilo, che ai fini dell’osservanza delle norme sulle distanze legali la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera (cfr. Cons. St., Sez. IV 1 febbraio 2017, n. 412) e, sotto un secondo profilo, che per le controversie concernenti le distanze fra costruzioni o di queste dai confini, vige il regime della c.d. “doppia tutela”, per cui il soggetto, che assume di essere stato danneggiato dalla violazione delle norme in materia, è titolare, da un lato, del diritto soggettivo al risarcimento del danno o alla riduzione in pristino nei confronti dell’autore dell’attività edilizia illecita (con giurisdizione del g.o.) e, dall’altro, dell’interesse legittimo alla rimozione del provvedimento invalido dell’Amministrazione, con cui tale attività sia stata autorizzata, consentita e permessa, da far valere di fronte al g.a. (cfr. Cons. St., Sez. IV, 14 gennaio 2016, n. 81)

Per quanto riguarda invece il Principio di prevenzione relativo alle distanze delle costruzioni dai confini, è necessario rinviare ad apposito approfondimento.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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