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Le regioni stabiliscono con legge quali mutamenti d’uso, connessi o con connessi a trasformazioni fisiche, sono soggetti a SCIA o Permesso di Costruire.

Sulla materia il primo riferimento proviene dal T.U. edilizia, oltre al quale demanda alle regioni il compito di regolamentare tramite apposite leggi

Per la normativa nazionale gli interventi di ristrutturazione edilizia comportanti un mutamento di destinazione d’uso di immobili situati in zone omogenee A (centri storici) sono subordinati a permesso di costruire (art. 10 c.1 DPR 380/01).

La destinazione d’uso, intesa come effettivo utilizzo dell’immobile o dell’unità immobiliare, va individuata nella funzionalità prevalente in termini di superficie utile, come disposto dall’art. 23/ter del T.U.Edilizia DPR 380/01.

Il cambio di destinazione d’uso è da intendersi una modifica prettamente funzionale, e sul piano edilizio può articolarsi:

  • cambio di destinazione d’uso senza opere;
  • cambio di destinazione d’uso con opere edilizie;

In base al successivo c.2 del medesimo articolo 10, alle regioni (a statuto ordinario) è demandato il compito di regolamentare le procedure edilizie dei cambi di destinazione d’uso.

Una prima devolution regionale in questa materia fu emanata con l’art. 25 del Condono edilizio L. 47/85, con cui alle regioni (sempre a statuto ordinario) fu demandato il compito di regolamentare le destinazioni d’uso degli immobili specificando i casi in cui le variazioni fossero assoggettate a preventiva autorizzazione del sindaco (quindi non onerosa).

Nel momento in cui la regione si sia dotata di una apposita disciplina richiamante il T.U.E. Dpr 380/01, la normativa regionale prevale in ogni caso su quella nazionale.

Le diverse regioni a statuto ordinario hanno legiferato secondo le proprie politiche.

La Regione Lazio per esempio ha normato la materia con l’art. 7 della L.R. 36/1987 che nella sua vigente formulazione ha stabilito che:

« Gli strumenti urbanistici generali debbono, per ciascuna delle zone omogenee previste dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, stabilire le categorie di destinazione d’ uso ammesse con riferimento a quelle previste dagli articoli 14 e 15 della legge regionale 12 settembre 1977, n. 35.
I piani particolareggiati e gli altri strumenti attuativi potranno, nell’ambito di ciascuna delle categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, procedere all’indicazione di più specifiche destinazioni d’ uso.
Le modifiche di destinazione d’ uso con o senza opere a ciò preordinate, quando hanno per oggetto le categorie stabilite dallo strumento urbanistico generale, sono subordinate al rilascio di apposito permesso di costruire mentre quando riguardano gli ambiti di una stessa categoria sono soggette a denuncia di attività da parte del sindaco.
Nei centri storici, come definiti dall’articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e’ di norma vietato il mutamento delle destinazioni d’uso residenziali. »

In questo senso la legislazione regionale del Lazio ha assunto una posizione decisa sull’ampia casistica del cambio d’uso, assoggettando a PdC il passaggio di destinazione d’uso dall’una all’altra categoria urbanistica, senza fare riferimento all’appartenenza o meno di immobili in particolari zone omogenee dello strumento urbanistico.

A livello nazionale, pochi anni fa il legislatore ha stabilito le destinazioni d’uso urbanisticamente rilevanti, ovvero quelle che 

Lo stesso articolo disponeva un’importante distinzione sull’ammissibilità di mutamento d’uso in relazione alle categorie funzionali, allo scopo di incidere una prima linea di principio tra le diverse legislazioni regionali su questo tema.

Alle regioni ordinarie stesse è demandata facoltà di conformarsi e integrare le proprie discipline a quella nazionale.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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