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Tempistiche per impugnare la concessione in sanatoria rilasciata da parte del vicino o soggetto leso

Esistono due distinti regimi per impugnare i titoli abilitativi edilizi, coi rispettivi termini e condizioni, in particolar modo suddivisi per quelli rilasciati in via:

  1. ordinaria, come Permesso di Costruire (ad esempio per mancato rispetto delle distanze, violazioni di edificabilità);
  2. in sanatoria, o condono edilizio.

Sul primo regime di impugnazione del permesso di costruire “ordinario” si rinvia a precedente articolo, è opportuno rammentare che il termine di impugnazione decorre dal completamento dei lavori, cioè dal momento in cui sia materialmente apprezzabile la reale portata dell’intervento autorizzato (vedi anche C.d.S. n. 3889/2021, Ad. Plen. 15/2011, Cons. di Stato n. 8705/2010).

Più dettagliatamente la giurisprudenza si è consolidata nello stabilire che «Per i titoli edilizi “ordinari”, vale a dire non chiesti in sanatoria in senso stretto o avvalendosi di norme condonistiche, si applica, invece, la tradizionale giurisprudenza secondo cui, se si contesta l’an dell’edificazione, il termine decorre dall’inizio dei lavori (cfr. Cons Stato, VI, 20 febbraio 2024, n. 1696), mentre se il titolo viene contestato per il quomodo dell’edificazione, ovvero per le modalità di realizzazione dell’opera, il termine per l’impugnazione decorre da quando il ricorrente acquisisce la “piena conoscenza” del provvedimento, e quindi, generalmente, dalla data di completamento dei lavori, o comunque da quando si rende palese l’esatta dimensione, consistenza e finalità del manufatto in costruzione.» (Cons. di Stato n. 10103/2024).

In questa sede interessa individuare le condizioni e requisiti per impugnare una concessione edilizia rilasciata in sanatoria, nell’ambito del condono edilizio; occorre premettere, infatti, che l’istituto del condono edilizio consiste nella sanatoria edilizia speciale e straordinaria, soggetta a varie condizioni e termini temporali disposti da ciascuna norma L. 47/85, L. 724/94 e L. 326/03.

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Condono edilizio, condizioni per impugnarlo da parte di terzi

Il titolo abilitativo in sanatoria, o legittimante a posteriori l’opera abusiva, segue altre logiche per essere impugnato, proprio perchè trattasi di un titolo rilasciato dopo la sua realizzazione, anche ad anni di distanza. Ed è proprio il caso dei condoni edilizi, visto che in vari casi sono stati rilasciati anche ai giorni nostri per illeciti edilizi compiuti decenni fa, anche in epoca risalente anteriormente alle leggi n. 47/85, L. 10/77 e L. 765/67. Partiamo dal principio generale ben definito dal Consiglio di Stato, sentenza n. 1241/2024:

Nel caso di titolo edilizio assentito in sanatoria, il termine dell’impugnazione decorre dalla data in cui si abbia conoscenza che, per una determinata opera abusiva già esistente, sia stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria, circostanza che deve essere dimostrata in giudizio al fine di far valere la tardività dell’impugnazione. Infatti, in conformità alla natura ed alla modalità d’esecuzione delle opere, in materia occorre tenere separato il regime d’impugnazione del titolo edilizio “ordinario” da quello applicabile al titolo edilizio “in sanatoria”. Nel primo caso, il termine di decadenza decorre dal completamento dei lavori, cioè dal momento in cui sia materialmente apprezzabile la reale portata dell’intervento in precedenza assentito (Cons. di Stato n. 6181/2024, Ad. Plen. n. 15/2011). Nel secondo caso, il termine decorre dalla data in cui si abbia conoscenza che, per una determinata opera abusiva già esistente, è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria (Cons. di Stato n. 9520/2023, n. 6674/2007).

Si tratta allora di individuare il concetto di “conoscenza piena” del contenuto dei provvedimenti osteggiati alle peculiarità della materia e segnatamente alla eccezionalità dell’istituto del condono o alla specialità di quello della sanatoria  ordinaria.

Per questi motivi la giurisprudenza si è evoluta fino a consolidare ragionamenti di natura logica, prima ancora che giuridica: mentre un’edificazione di una nuova costruzione cade da subito sotto la percezione dei sensi del soggetto coinvolto (il confinante) e può essere rilevata empiricamente nella sua consistenza – oltre che ricondotta ad un titolo sulla base della cartellonistica di cantiere – lo stesso non è a dirsi per quella che già c’è, magari da tempo immemorabile. In caso di sanatoria  “ordinaria”, peraltro, che per regola consegue all’avvenuta accertamento di un abuso edilizio e alla pendenza dei termini del procedimento sanzionatorio, si è affermato che la differenza di regime giuridico va ravvisata anche nella circostanza che non può pretendersi dal terzo, quand’anche denunciante il potenziale illecito, un’interlocuzione continuativa con gli uffici comunali per avere contezza dell’avvenuto rilascio del titolo postumo.

Termini per impugnare titolo rilasciato col condono edilizio

Ripartiamo rammentando ancora il principio generale relativo al termine per impugnare i permessi di costruire ordinari, che viene fatto decorrere dal momento in cui le opere realizzate rivelano, in modo certo ed univoco, le loro caratteristiche e, quindi, l’entità delle violazioni urbanistiche e della lesione eventualmente derivante dal provvedimento al ricorrente medesimo qualora si controverta dell’esatta dimensione, consistenza o finalità, dell’erigendo manufatto, mettendone in dubbio, appunto, le modalità di realizzazione non in quanto tali, ma in quanto erroneamente assentite dal titolo di legittimazione di cui dunque si intende dolersi (v. ex multis Cons. di Stato n. 6267/2023, n. 5462/2019).

Lo stesso criterio non può applicarsi in relazione a un edificio esistente da tempo, con riferimento al quale solo in occasione di interventi successivi, potrebbe sorgere l’interesse alla relativa impugnativa da parte del soggetto terzo. In linea generale, in questi casi diviene necessaria l’effettiva conoscenza della sanatoria e dei presupposti progettuali sulla base dei quali essa è stata rilasciata è indispensabile per valutarne la legittimità e conseguentemente opporvisi, avendone interesse (vedi, tra le tante, Cons. di Stato n. 8198/2024, n. 9520/2023, n. 314/2020, n. 5307/2018). Questa impostazione non comporta uno sbilanciamento delle tutele ammesse verso i soggetti terzi che:

  • di fronte al mero “fatto compiuto” della costruzione abusiva, non possano ancora dolersi dinanzi al giudice amministrativo e, a seguito della sua sanatoria, non possano giovarsi dell’ampio dies a quo coincidente con la cognizione dell’‘adeguatezza’ (cfr. art. 36, comma 3, del d.P.R. n. 380/2001) dell’impianto motivazionale sotteso all’accertamento di conformità,
  • ai fini dell’impugnazione di un permesso di costruire previamente rilasciato, possono, invece, assumere quale dies a quo il momento di piena ed effettiva conoscenza della portata lesiva degli interventi edilizi con esso assentiti.

Al contrario, la distinzione operata nel regime dei titoli rilasciati in sanatoria risponde a evidenti canoni di proporzionalità, nonché all’esigenza di trovare un giusto punto di equilibrio tra:

  1. le esigenze di tutela del terzo che ritiene essere stato leso da un’attività edilizia, anche risalente nel tempo
  2. l’affidamento che controparte deve poter riporre nel corretto operato dell’Amministrazione pubblica che ne ha avallato l’attività e l’interesse pubblico a ripristinare lo stato dei luoghi, quale garanzia di effettività del buon governo del territorio.

Se questi sono i principi generali, occorre ricordare che ogniqualvolta emerga la chiara conoscenza dell’atto risulti avvenuta in epoca antecedente, esigenze di certezza del diritto e di stabilità delle situazioni giuridiche, a valere a maggior ragione in un ambito, come l’edilizia, di innegabile complessità giusta la formazione multilivello delle relative fonti regolatorie, trovino applicazione i principi generali sull’impugnativa degli atti.

Per computare il termine decadenziale per impugnare in sede giudiziaria il titolo rilasciato in sanatoria, anche per condono, il requisito di “piena conoscenza” si ha quando la parte interessata “percepisce” l’esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sua sfera giuridica, in modo da rendere distinguibile l’attualità e la concretezza dell’interesse ad agire contro di esso. Può, dunque, parlarsi di piena conoscenza quando la parte interessata individua l’atto e il suo contenuto essenziale, non essendo necessaria la conoscenza di tutti i suoi elementi.

In sintesi, ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione di una concessione edilizia da parte di un proprietario di immobile limitrofo, la piena conoscenza della stessa si verifica con:

  1. la consapevolezza del suo contenuto specifico o del progetto edilizio;
  2. ovvero quando la costruzione o opera realizzata rivela in modo certo e univoco le essenziali caratteristiche dell’opera;

Tale principio va applicato tenendo conto della singola fattispecie, e ciò a valere sia per le impugnative dei titoli “ordinari”, che delle sanatorie, quale che ne sia la relativa tipologia. Chiaramente, per titoli rilasciati in sanatoria a distanza di tempo, il soggetto interessato a impugnarli farà molta fatica a comprovare questi requisiti.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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