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Fin quando non sono sanate le opere abusive non è consentito alcun intervento sul fabbricato

Anticipo il contenuto della sentenza TAR Lazio n. 18386/2023, in attesa di sua pubblicazione sul sito di Giustizia Amministrativa, che ha confermato la dichiarazione di inefficacia per una CILAS Superbonus su immobile risultato affetto da irregolarità edilizie. Vedremo intanto se, come e quando verrà impugnata anche al Consiglio di Stato.

Testo integrale sentenza TAR Lazio n. 18386/2023 lo trovi qui.

Come già preannunciato più volte in video e articolo, ho sempre sollevato riserve sulla possibilità di effettuare interventi su immobili abusivi o con difformità rispetto ai vari titoli abilitativi edilizi. E soprattutto ho sempre consigliato di non credere allo slogan “La CILAS non richiede attestazione di Stato Legittimo“, perchè lo dice l’articolo 119 comma 13-ter D.L. 34/2020.

Caso mai ho sempre sollevato il vero rischio in casi simili, cioè la riserva totale del Comune nel verificare la legittimità dell’immobile su cui si interviene, ai sensi del successivo comma 13-quater articolo 119 Decreto Rilancio.

E adesso ci siamo, cominciano a fioccare le prime sentenze sulla CILAS e possibile inefficacia, e questa sarà una di quelle che farà scuola e giurisprudenza a medio termine, perchè argomentata bene e nella quale sono stati motivati gli stessi argomenti alla base delle mie perplessità. Vediamolo di seguito, e segnalo che potete seguire anche il video commento.

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Fattispecie sentenza TAR in sintesi

Un complesso “supercondominio” articolato su quattro corpi di fabbrica ha presentato nel 2022 una SCIA in sanatoria per regolarizzare alcune discordanze tra stato di fatto e licenza edilizia del 1976, precisando che al momento del deposito esso sia sottoposto a vincolo paesaggistico e idrogeologico.

Nel giro di qualche giorno è stata presentata anche la CILAS per avviare le opere di Ecobonus e Sismabonus sul condominio, confidando che la SCIA in sanatoria si fosse già consolidata per silenzio del Comune in così poco tempo.

In verità il Comune si muove diversamente e provvede a chiedere integrazioni in un primo tempo, e ad emanare i relativi provvedimenti inibitori e di inefficacia per CILAS e la SCIA in sanatoria per i seguenti motivi.

Dalla sentenza del TAR si evincono le seguenti motivazioni a supporto del corretto comportamento del Comune:

  • irregolarità e carenze documentali: non è stato prodotto a corredo della CILA l’elaborato grafico-progettuale con l’individuazione degli interventi da realizzare, la cui presentazione deve invece ritenersi necessaria, ai sensi dell’art. 119, comma 13-quinquies, del d.l. n. 34 del 2020, per tutte le opere che, come quelle in questione, non rientrano nell’attività edilizia libera;
  • la dichiarazione dell’amministratrice del Condominio secondo cui l’immobile è stato legittimato con la licenza edilizia del 1976 è “falsa e/o mendace”, in quanto in contrasto con la dichiarazione resa in sede di presentazione della SCIA in sanatoria;
  • la dichiarazione del professionista incaricato secondo cui per le opere oggetto di intervento non è necessario acquisire il nulla osta dell’Autorità di Bacino è “falsa e/o mendace”, in quanto sono state realizzate opere di tombamento dello spazio aperto al piano terreno che costituiscono un significativo ostacolo per il deflusso delle acque;
  • la dichiarazione del professionista incaricato secondo cui le opere oggetto di intervento ricadono nella voce A.2. dell’Allegato A al d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 e sono quindi escluse dall’obbligo di autorizzazione paesaggistica èe “falsa e/o mendace”, in quanto per la sanatoria delle precedenti difformità è necessario procedere ad un accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167 del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42;
  • la CILAS non riporta gli estremi del deposito del progetto presso l’Area Genio Civile della Regione Lazio o della relativa autorizzazione sismica.

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La dichiarazione di inefficacia e improcedibilità emanata dal Comune è stata ritenuta corretta

Nonostante i motivi di impugnazione il TAR ha convalidato i procedimenti di inefficacia e l’attività di controllo effettuati dal Comune.

È vero, infatti, che l’art. 6-bis del d.P.R. n. 380/2001 sulla CILA non contiene una disciplina per uno specifico e sistematico procedimento di controllo successivo ancorato a schemi e tempistiche predeterminate, come accade invece in caso di SCIA sulla base del paradigma di cui all’art. 19 della legge n. 241/1990 che prevede l’adozione da parte dell’amministrazione di appositi
provvedimenti conformativi e inibitori. Nondimeno, va considerato che restano in ogni caso fermi in capo al Comune, e devono essere doverosamente esercitati, i generali poteri di vigilanza e repressione in materia urbanistico-edilizia di cui all’art. 27, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 380 del 2001. Su questo punto rammento anche che si è pronunciato favorevolmente il Consiglio di Stato recentemente.

Il Comune, avendo appreso della SCIA in sanatoria che c’erano irregolarità edilizie, ha provveduto di conseguenza e tempestivamente a dare “diniego” alla CILA, anche se non è un potere tipizzato: ha agito tempestivamente affinché non si consolidasse sul piano degli effetti materiali un’ulteriore situazione di abuso. E’ stato confermato e ritenuto corretto il divieto di prosecuzione lavori su opere abusive, sino alla definizione della SCIA in sanatoria: ciò è da ritenersi coerente con il PRINCIPIO secondo cui gli interventi edilizi per essere lecitamente realizzati devono afferire a immobili non abusivi, verificandosi altrimenti un effetto di propagazione dell’illecito per cui le opere aggiuntive partecipano alle caratteristiche di abusività dell’opera principale.

Il TAR Lazio n. 18368/2023 ha confermato quindi che il Comune mantiene poteri di controllo sull’attività edilizia, ritenendo corrette l’estensione alla CILAS delle conclusioni giurisprudenziali consolidate sulla SCIA (Cons. di Stato n. 4110/2023 e n. 1111/2019).

Insufficiente anche la semplificazione sullo Stato Legittimo “semplificato” nella CILAS ex art. 119 c.13-ter DL 34/2020, secondo cui “Nella CILA sono attestati gli estremi del titolo abilitativo che ha previsto la costruzione dell’immobile oggetto d’intervento o del
provvedimento che ne ha consentito la legittimazione ovvero è attestato che la costruzione è stata completata in data antecedente al 1° settembre 1967. La presentazione della CILA non richiede l’attestazione dello stato legittimo di cui all’ articolo 9-bis, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
”, vanno dunque interpretate nel senso che in sede di presentazione della pratica per fruire del “superbonus 110%” non deve essere asseverato lo stato legittimo dell’immobile, ma non certo nel senso che, ai fini dei lavori di efficientamento energetico o di adeguamento sismico di cui alla normativa in questione, non rilevino gli eventuali precedenti illeciti edilizi commessi sull’immobile.

Una cosa è lo Stato Legittimo “formale”, cioè attestato con asseverazione, e un’altra cosa è lo Stato Legittimo “sostanziale”: credo che stia emergendo un orientamento sostanzialista nella CILAS.

L’esigenza di semplificazione degli adempimenti a carico del privato perseguita dalla norma non può infatti risolversi, pena un’inammissibile incoerenza del sistema, in una limitazione o addirittura in un’esclusione del potere-dovere del Comune di reprimere gli abusi edilizi, il che, del resto, è confermato dalla clausola di salvezza di cui al successivo comma 13-quater dello stesso art. 119 DL 34/2020, ai sensi del quale “resta impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità dell’immobile oggetto di intervento” (in tal senso, T.A.R. Veneto, Sez. II, 13 marzo 2023, n. 128).

Inefficacia per SCIA in sanatoria.

Il Comune ha ritenuto di dichiarare l’inefficacia anche della SCIA in sanatoria, ritenendo insufficienti anche le integrazioni presentate in seguito, non essendo stati prodotti tutti i documenti ed elaborati richiesti con essa.

Inoltre ha rilevato ulteriori discordanze tra stato effettivo dei luoghi, planimetrie catastali e lo Stato Legittimo di cui alla licenza di originaria costruzione.

Tra i profili di contestazione alla SCIA in sanatoria mossa dal Comune si leggono:

  • difetto di legittimazione in capo all’amministratrice e al progettista, i quali non sono stati formalmente incaricati dal Condominio ai fini, rispettivamente, della presentazione della SCIA in sanatoria e della firma dei documenti e degli elaborati allegati all’istanza;
  • carenza di autorizzazione o Compatibilità paesaggistica postuma ex art. 167 del d. lgs. 2004, n. 42, da ritenersi necessaria consistendo le difformità edilizie in opere non riconducibili al punto A.2. dell’Allegato A al d.P.R. n. 31 del 2017, come invece preteso dal Condominio;
  • mancata produzione di tutte le verifiche grafo-analitiche necessarie al fine di accertare se le opere difformi costituiscono o meno variante essenziale, con particolare riferimento a quelle relative alla superficie, all’altezza, alla sagoma e alla localizzazione e destinazione d’uso;
  • incongruenza della dichiarazione relativa al vincolo idrogeologico, non risultando l’immobile assoggettato a tale vincolo;
  • mancanza di sottoscrizione digitale dell’elaborato grafico e della documentazione fotografica da parte del progettista.
  • sulle irregolarità urbanistico-edilizie rilevate e non dichiarate
  • interventi edilizi su alcune unità immobiliari in epoca successiva alla costruzione;
  • altezza interna di alcuni ambienti abitativi inferiore al minimo stabilito dall’art. 3 del d.m. 5 luglio 1975 nonché dal regolamento edilizio comunale;
  • mancata conformità dell’immobile in materia strutturale.

In via sintetica, sono stati confermati i vari profili e in particolare quello sulle difformità paesaggistiche, a nulla rilevando che siano state realizzate prima dell’apposizione del vincolo paesaggistico (vedi anche Consiglio di Stato n. 6671/2022). Infine, non stato di aiuto invocare le categorie di intervento esonerate dall’autorizzazione paesaggistica di cui al D.P.R. 31/2017, peraltro trattandosi di modifiche di sagoma dell’edificio in zona vincolata, e nulla è servito invocare le tolleranze edilizie e paesaggistiche.

Conclusioni e consigli

Per carità: è presto per mettere la parola fine, per due motivi: è una sentenza dal TAR, e potrebbe essere impugnata al Consiglio di Stato. Appena esce la pubblicazione sul sito istituzionale, mi riservo di aggiungere il link e di darne menzione anche nei miei video.

Ai più attenti non sarà sfuggito che la CILAS sia stata “travolta” dal diniego/inefficacia della SCIA in sanatoria, però attenzione: ci sono molti motivi e principi espressi dal TAR Lazio che troveranno piena applicazione anche verso le casistiche di CILAS presentata singolarmente. Ne riparleremo presto, potete contarci.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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